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martedì, Aprile 30, 2024

Spunti di dibattito sul Palio che s’ha da fare

Si scrive Palio, con la “p” maiuscola, si scrive Festa con la “f” maiuscola. Non farlo, sulla stampa locale, equivarrebbe quasi a offendere il popolo dei “nati sulle lastre”. Il rispetto della tradizione, il si fa così e gli altri in c… è atteggiamento prevalente a Siena. Noi bastiamo a noi stessi e il Palio è nostro.

Già, ma ora che qualche giornata comincia a farsi tiepida se non decisamente calorosa, il pensiero scivola – dopo parecchio più di un anno di astinenza -, alla terra in piazza che a giugno non sarà così scontata (agosto forse, ma solo forse forse). Il Palazzo si è di recente impegnato per avviare la fase di addestramento del protocollo equino, ma sull’effettiva disputa della carriera si è ricorsi alla congiuntura: vediamo il Piano vaccini. Che ad oggi possiamo supporre che non sarà completato. Dai Madonna di Provenzano pensaci tu.

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Intanto intorno a noi si prendono delle decisioni. Olimpiadi di Tokyo sì, ma senza pubblico fuori dal Giappone. Europei di calcio sì, ma se si riuscirà a strappare almeno l’irrinunciabile 25% di pubblico. Ci sono ragioni economiche da equilibrare. E a ben vedere , anche da noi, i costi della Festa saranno elemento di giudizio. Ci saranno scelte dell’Amministrazione che in realtà saranno “mezze scelte” perché il più ce lo metteranno i governi di Roma e Firenze. Magari sarà un Palio solo per toscani, giacché ogni regione d’Italia ha dall’inizio agito soprattutto con proprie regole. Ve li immaginate i cancellati a dividere la conchiglia per tenere separati i gruppi di familiari e di intimi. E il torraiolo che c’ha il babbo dell’Oca, lo vedono insieme o invece picche?

Il dire di no, è affermazione che pesa in consenso. Le condizione oggettive di guerra in corso stante la nuova zona rossa pasquale, farebbero propendere per l’impossibilità a disputare un evento del genere che comporta assembramenti in tutta la città. Il Centro murato che ospita sedicimila persone nell’ordinario, vede compattarsi sulle lastre 60-70 mila persone nei giorni di Palio, facciamo cinquemila in meno perché non ci saranno turisti di fòri

Vediamo se alla fine la responsabilità verrà calata con logiche animaliste. Niente Palio perché c’è pericolo per i cavalli. Che tra l’altro è anche vero, anche se la notizia è andata piuttosto sottotraccia. Si chiama EHV-1, si tratta di rinopolmonite virale, ha già ucciso in Spagna, c’è un divieto agli eventi in dieci paesi d’Europa fino a domani (28 marzo), ci sono allevamenti attenzionati in Romagna e nel Varesotto.

Non vogliamo mangiare in capo a nessuno e quindi sarà come sarà, ma permetteteci di esser pessimisti e di pensare che, se lo avremmo, sarà forse un Palio di senesi solo per senesi. Magari con la Tv, spesso dileggiata, a far la parte egemone.

Intanto ci piacerebbe proporre a chi ci legge di approfittare del momento per farsi qualche domanda sul Palio, sul cosa ci rappresenta, su cosa in effetti è tradizione e cosa è ridondante. Finora Il Palio è stato tante cose diverse a seconda dei punti di vista da cui si parte: contrada-rione-popolo, cavalli-corse-corsa-fantini; palchi-turismo-ristorazione; comunicazione-spettacolo-tv. Per non parlare delle parti più in ombra del “palio” come affare…

Tante cose appunto, venute avanti nel tempo, a balzi e anche a strappi, ma sempre raccontate in maniera piana, lineare, una storia che affonda nella notte dei tempi e si sviluppa in continuum. Come tutte le storie che cominciano con “c’era una volta…”

Ma da un anno a questa parte no, c’è solo l’attesa per quando ci risarà. Epperò con la pandemia, quel mondo fatto e vissuto “in presenza” si è fermato: niente tufo, niente cavalli, niente fantini. Non poteva essere altrimenti. Impossibile solo provare a definire regole che consentano una Festa di queste dimensioni e con questa partecipazione, armonizzandola agli obblighi stringenti del distanziamento sociale, unica vera panacea, a quanto ci hanno detto per mesi, per non contrarre il virus.

Quando il mondo ripartirà, la pandemia finirà (occhio, questa pandemia mentre altre sono all’uscio), o comunque avremo imparato a conviverci grazie ai vaccini. A tempi migliori! All’immunità di gregge! Un gesto di realismo e concretezza. Ma non di fantasia. E il Palio da dove ripartirà?

Certo, dalle contrade. Che non saranno più le stesse probabilmente. Tanti contradaioli mancheranno all’appello e nel frattempo non saranno stati sostituiti, nel tradizionale avvicendamento della scuola di rione.

La pandemia ha però sospeso tutto. Nulla ripartirà da dove si è lasciato. E forse per le contrade sarà ancora più vero? Probabilmente, allora, i senesi dovranno tirare fuori qualche colpo di fantasia. Magari facendo qualche approfondimento qualche dibattito che non è avvenuto dentro al covid? Qualcosa di più del Palio si, Palio no. Ovvero un Palio cosa! Cosa è davvero tradizione dato che ci permettiamo di dubitare sul fatto che mai nulla sia cambiato. Non fosse per il fatto che prima si correva alla lunga o con le bufale e ora no. Ma ci piacerebbe anche rivangare su quei grandi costruttori cittadini che a cavallo tra XIX e XX secolo hanno mutato faccia alla città.

Palio cosa? Ci volete aiutare a fare un ragionamento aperto? Si tratterà solo di armonizzare a nuove leggi il trinomio “tufo-cavalli-fantini”. Ma sono davvero i tre pilastri unificanti del Palio? E tutto il resto è intimistico e ognuno lo racconta a modo proprio? O diversamente è innanzitutto fenomeno sociale, cioè fatto di persone e condivisione che finché non saranno garantite le une e l’altra non sarà davvero Palio.

Palio solo per senesi? Palio per i turisti? Palio per la Tv? Quante discussioni appassionate, la cui conclusione non può che essere: l’uno e l’altro. Sempre. A meno che, lo ripetiamo, non si voglia far primeggiare la tradizione del “solo ciò che si vede” e si parta dall’essenziale: un anello di tufo, dieci cavalli, dieci fantini. E allora non c’è pandemia che tenga. Il Palio si può fare sempre, comunque. Basta volerlo, ed essere conseguenti. Però, forse, se non si riesce ad andare all’essenziale, una ragione c’è: vuol dire che per ciascuno il resto vale più dell’essenziale. Se così fosse, alla fine neanche il Palio unificherà i senesi.

Dibattito aperto.

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