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giovedì, Maggio 15, 2025

Il viaggio come stile di vita, tra sogni, cambiamenti e libertà

Per Insoliti viaggiatori concludiamo “Traveling osteopath”, la vita in viaggio di Miriam Orlandi

Riprendiamo il filo della nostra conversazione con Miriam Orlandi, la “traveling osteopata” che ha fatto della strada uno stile di vita. Nella prima parte abbiamo parlato di viaggi in solitaria, dell’incontro con l’altro, della Dakar vissuta da dentro e del valore di affrontare la fatica con autenticità. Ora ci spostiamo in Nuova Zelanda, tra pascoli, tramonti e memorie forti, che diventano rifugio emotivo e simbolo di un modo di viaggiare lento, profondo, interiore. Ma da qui, Miriam ci porterà ancora più lontano: verso i suoi sogni futuri, le sfide personali, e quella domanda che tutti ci facciamo prima o poi…

Proseguiamo sul tema: “Qual è la vita che voglio davvero vivere?”

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“Nuova Zelanda, un altro ricordo bellissimo fu quando ero in un campeggio, al tramonto, ma non mi piaceva né il posto né l’atmosfera. Ero a 180 km da Tony e Jane, una coppia che mi aveva “adottata”. Li chiamai e chiesi “State andando a dormire? Se arrivo tra due ore disturbo?” E loro, gentilissimi: “No, no, ti lasciamo il garage aperto”. Mi feci quei 180 km con un tramonto talmente bello che dovevo filmarlo. E quando arrivai, Tony mi stava aspettando sulla porta del garage”.

Dove eri esattamente? Io sono stato nell’Isola Sud…

“Nella punta nord dell’Isola del Sud”.

Raccontami qualche sensazione. Io ho fatto Nuova Zelanda e Australia a poca distanza di tempo. Anche tu mi pare. La Nuova Zelanda mi ha lasciato un senso di pace, di conforto. A te?

“È l’unico posto, tra tutti quelli che ho visto, dove andrei a vivere”.

Davvero. Io ho visto solo l’Isola Sud, ma quella tranquillità, quella serenità… Il fatto che sia “l’isola degli uccelli”, che non ci siano animali pericolosi ti rilassa, anche psicologicamente.

“Vuol dire tantissimo. In Australia, dopo un po’, non ce la facevo più: i canguri lunghi due metri e mezzo, quando ti attraversano la strada, devi aspettarti anche la coda, che arriva due metri dopo di loro! E poi i serpenti: nove su dieci sono tra i più velenosi al mondo. Quando ne vedi uno, non ti chiedi se è velenoso: ti chiedi quanto lo è. Vedi, ad esempio, quel cavo lì per terra, nello studio?”

Sì, lo vedo…

“Per mesi, appena tornata, ogni volta che entravo, mi prendeva un colpo. Pensavo fosse un serpente! Ogni volta”.

Che flash!

“Se hai visto qualche serpente australiano, sai cosa intendo”.

Sicuro che li ho visti. Terrificanti. Sono partito da Melbourne e sono arrivato a Darwin, facendo tutto l’Outback. Era il mio sogno. Come la Nuova Zelanda, ho rinunciato al nord perché avevo solo un mese. Ho pensato: ci tornerò…

“Hai fatto solo un mese in Nuova Zelanda?”

Sì, solo l’Isola Sud.

“Era solo per capire i tempi. Anch’io ho fatto quattro settimane nell’Isola Sud. E ci stanno tutte, anche di più. Se vuoi fare trekking, devi prenderti il tempo”.

Ne ho fatti due o tre, e sono rimasto estasiato.

“Io sono rimasta due ore a Nuggets Point, nella punta sud, solo a guardare il vento e le onde”.

Ti confesso una cosa: sono rimasto affascinato dalla storia di Burt Munro. Sono andato a vedere dove viveva, e tutte le sue cose che oggi sono custodite in un ferramenta trasformata in piccolo museo. Ci sono tutti i pistoni che aveva progettato e distrutto per battere il record a Bonneville. E sono andato anche sulla spiaggia dove faceva le prove.

“Sì, ci sono stata anche io. Ero là per il festival, sono riuscita a entrare”.

Noi l’abbiamo mancato per pochi giorni. Ma sono andato sulla spiaggia, mi sono fatto quei 20 km con la moto. Ero felice come un bambino, avevo le lacrime agli occhi…

“Io ho avuto l’occasione di entrare al Festival grazie al mio lavoro. Ho trattato il piede del figlio di Burt Munro, John T. E mi hanno dato il pass VIP. Sono entrata gratis per tutta la settimana!”

Grande! Io l’unica cosa che mi sono portato via è stata la locandina…

“Io non ci ho pensato… Fosse per me, che non amo le gare, andrei a fare quella gara solo per lo spirito che si respira lì”.

Ero giù nel 2023.

“Io ci sono stata nel 2018”.

In Nuova Zelanda ho lasciato il cuore. Quali sono i tuoi posti del cuore? Ti dico prima i miei: la Nuova Zelanda, sicuramente, e poi la Patagonia, che adoro. Durante il periodo del COVID sono andato giù — non mi chiedere come ho fatto — e sono rimasto un mese e mezzo. Ho passato diversi giorni a Villa O’Higgins, l’ultimo paese in fondo alla Carretera Austral: un villaggio di piccole case di legno recenti, costruito intorno alla caserma dei carabineros. Lì ho vissuto un’esperienza strepitosa. Ma raccontami dei tuoi…

“La Nuova Zelanda: ci andrei a vivere anche subito. Ripeto, essendo dall’altra parte del mondo e con i miei genitori anziani, non ho questa libertà di scelta. L’altro luogo del cuore è il Canada. Per come l’ho vissuto io, il Canada è l’emblema di ciò che mi piace. Parlo in particolare di Vancouver, nella British Columbia: riesce ad essere molto verde, molto fiorita e anche calda d’estate. Mi è piaciuto molto anche per il modo in cui la gente si approccia, per lo stile di vita, per l’architettura delle case. Però, se ci penso, tra Canada e Nuova Zelanda in fondo c’è poca differenza”.

Bello il Canada. Lo conosco perché, partendo da Anchorage, sono sceso giù fino a Los Angeles. Per i soliti motivi di tempo ci sono passato abbastanza velocemente, ma mi sono ripromesso di tornarci. Una cosa mi stupì — ma poi a pensarci bene, anche in America era così — è che, in questi grandi boschi, lasciano che gli incendi si spengano da soli, praticamente senza intervenire.

“Non hanno modo. Io ero ospite a casa di un pompiere, e mi spiegava che non hanno proprio la possibilità do fermarli”.

Sì, lo capisci quando li attraversi: sono talmente grandi, in luoghi così remoti, che davvero non c’è modo di fermarli.

“L’unica cosa che possono fare è la prevenzione: quelle strade tagliafuoco, sterrate, che ho percorso con tanto piacere. È l’unico modo che hanno per contenere un poco”.

Sì, ma l’odore e il senso d’insicurezza che danno quelle aree bruciate… l’odore acre, i fiumi giallastri per i residui di combustione… è tutto terrificante.

“Sì, sì. Sono stata due settimane a casa della mia “famiglia canadese”, da Gerald, e l’argomento fuoco era molto presente, anche perché lui è un pompiere. Mi spiegava tutto con molta pazienza. Forse sarà stata quella bella esperienza, ma il Canada è sicuramente uno dei posti dove vivrei. Curioso che siano tutti e due — Canada e Nuova Zelanda — in stile British, con lo stesso tipo di clima. Ma sai, mi piacciono anche le Alpi, quindi probabilmente è sempre quello il paesaggio e il clima che mi affascina”.

Senti, visto che ho guardato il tuo profilo su Facebook e ho visto che abbiamo molti amici  comuni, com’è cambiato, se è cambiato, il tuo rapporto con gli amici? C’è un distacco e poi un ritrovarsi? Ho parlato con altri viaggiatori che stanno fuori mesi, e spesso mi hanno detto che anche coltivare le amicizie diventa complesso, quasi si sfilacciano. Quando si torna, non siamo più gli stessi…

“Vero. Cosa volevi sapere esattamente?”

Ti succede la stessa cosa? Di sentirti cambiata e di non ritrovarti più nelle stesse cose?

“Mi succede costantemente, perché lavoro molto su di me. Quando dico che sto per cambiare è perché sto lavorando su me stessa. E vedo che certe amicizie si sgretolano, così come certi rapporti di lavoro. Sono in costante cambiamento: è la mia natura. Tengo i contatti con tutti gli amici, cerco ancora di farlo. Ma mi rendo conto che le cose cambiano: loro sono cambiati, io sono cambiata. È anche una scelta: decidere se mantenere o meno un rapporto. Io non soffro la solitudine. Nonostante abiti da sola e sia single, non la soffro. Probabilmente dipende dall’età, non lo so. Vedo persone che, dopo tanti anni, sentono il peso della solitudine, piangono… e capisco. Io sono una che scava molto nel profondo, quindi nel momento in cui cambio io, inevitabilmente cambiano anche le persone attorno a me. I social aiutano a mantenere i contatti, sia con chi incontri in viaggio sia con chi è a casa. Da New York, ad esempio, ho fatto vedere il ponte di Brooklyn a mio padre: era contentissimo. Mia madre super emozionata. L’ho mostrato in diretta mentre ci camminavo sopra. Faccio invece fatica a postare per i social. New York, per esempio, non credo mi abbia portato nemmeno un follower in più. La Dakar invece molti di più, ma lì ero con Tiziano (Rally POV), e quindi era normale: solo per il fatto di apparire sul suo canale, è ovvio che molti venissero a cercare chi fossi”.

Chiaro.

“Però, ecco, non riesco a postare solo per aumentare i follower. Ieri, ad esempio, ho cambiato la lampadina posteriore della mia Cocca — la mia BMW. Mentre lo facevo ho ripreso con la mano sinistra… ti puoi immaginare il risultato. Ma mi è venuto spontaneo fare il video e postarlo su YouTube. E in un giorno ha fatto 8.000 visualizzazioni”.

Capperi, tante!

“Mi sono detta: il cambio della lampadina posteriore?! Ma stiamo scherzando? Com’è possibile?”

Comunque permettimi: io fino a riparare una gomma ci arrivo, ma ti ho vista con la testata della Cocca smontata in mano, mentre credo la riparavi. Per questo avrai la mia eterna ammirazione.

“Non ho video di quello. Ma guarda, ho cambiato anche l’albero a camme. Per me, aprire la testata è una normalità”.

Malissimo! Se facevi il video, facevi 200.000 visualizzazioni…

“Non ce l’ho proprio questa cosa. Non faccio video per ottenere follower, ed è un errore, me lo dicono tutti quelli che lavorano in questo campo: “Guarda che è una grande potenzialità, guarda che poi viaggi gratis”. Io lo faccio solo se mi va in quel momento, non per ottenere qualcosa in cambio. E lo so, lo pago questo atteggiamento. Ho 5.000 follower, come il panettiere sotto casa, capisci? Quando invece, con tutto quello che ho fatto, potrei averne molti di più”.

Innegabilmente, hai fatto delle cose strepitose.

“Faccio una gran fatica a pensare di dover rendere conto a qualcuno. Però proprio grazie a questo spirito ho avuto lo sponsor della Ioniflex e ho potuto fare la Dakar. E poi, come forma di ringraziamento, ho comprato il loro macchinario. Ne avevo già uno, ma ne ho preso un altro”.

Li hai ringraziati bene.

“Poi le cose accadono. Se tu apri la porta alle possibilità accadono. Il mese scorso ho anche tenuto una conferenza per loro a Roma, a un convegno nazionale di medicina. Cioè, non riesco a fare le cose per ottenere. Se ti dico “ciao”, è perché lo voglio dire, non perché mi aspetto qualcosa in cambio. Non hai idea di quante interviste ho rilasciato a persone che mi dicevano: Ma io sono un signor nessuno, e tu accetti che ti faccia un’intervista?”

Come quello che stai facendo adesso con me!!

“Ma mi è capitato davvero. Gente che cerca di emergere e magari, poi, una volta diventata famosa, nemmeno ti saluta più. E questo mi fa sorridere. Comunque, Internet è una grande risorsa anche per chi resta a casa. I miei genitori, ad esempio: erano felicissimi di vedermi in diretta sul ponte di Brooklyn. Però faccio molta fatica a fare le cose su commissione, anche nel mio lavoro. Non lavoro fino alla fine dell’ora solo perché mi pagano, ma perché mi piace. E questo atteggiamento lo trasferisco anche ai social. Potrei sfruttarli meglio e risparmiare un sacco viaggiando, ma non ci riesco. È un lavoro a tutti gli effetti, parliamoci chiaro. Ho visto Tiziano di Rally POV e il suo team: lavorano sempre, sono sempre sul pezzo. “Postiamo questo, adesso facciamo quell’altro…” E lui, dopo una giornata intera di gara, doveva anche pensare a cosa pubblicare. Straordinario: ha tutta la mia stima!”

Eh sì.

“Io sarò una fancazzista, ma non ho voglia di sprecare una giornata per montare un video”.

No, no…

“E ora mi chiedo: ma com’è possibile che il video in cui cambio la lampadina abbia fatto 8.000 visualizzazioni? Dai, siamo seri…”

Capisco dove vuoi arrivare.

“Aspetta, guarda, lo controllo ora in diretta mentre parlo con te. Sì, perché sono ancora sconvolta. Ecco, sono 7200, non 8000. Vedi? Ho esagerato. Ma l’ho postato meno di 24 ore fa. Per una lampadina posteriore!”

Durante i viaggi capitano momenti di difficoltà. Come li gestisci? Io, per esempio, ho avuto problemi ai confini – in certi Paesi ci sono sempre incognite – e poi guai con la moto, aggravati dalla mia totale incapacità meccanica. Non porto nemmeno attrezzi particolari, tanto non saprei usarli. Solo il kit per le gomme. Come vivi tu queste difficoltà? Anche quelle psicologiche, magari?

“Nella vita ne ho passate così tante che ho una mia regola: cinque minuti di panico, ma non uno di più. Poi ti rimbocchi le maniche e cerchi una soluzione, meccanica o di altro tipo.
Con l’età impari. Ti abitui. Hai voglia di avventura, sì, ma ti rendi conto che i veri grattacapi sono altri. Tipo quando mio padre ha un dolore al cuore. Quello mi preoccupa più di una lampadina fulminata o della moto che si rompe”.

Ovviamente.

“Le priorità cambiano. Nel 2008 mio padre stava bene, non aveva problemi di cuore, e quindi la mia unica preoccupazione era se la moto funzionava o no. Oggi è diverso. Anche il giro in moto che ho fatto domenica non me lo sono goduto: volevo solo tornare a casa per vedere come stava. Il desiderio di viaggiare resta, ma cambia il modo. Non esclude che parta, ma il peso è diverso”.

Ti confesso una cosa: mio padre ha 105 anni.

“Wow!!”

E sta bene, fortunatamente. Allora ho deciso che non devo preoccuparmi troppo. Ha avuto una vita fortunata e bella, e nella vita ci vuole anche quella. Quando sono in viaggio mi dico: certo, potrebbe succedere qualcosa, ma forse è giusto così. Non è un momento critico, non ha una patologia in corso; quindi, non è che ogni giorno sia contato. Ma a 105 anni ogni giorno è qualcosa di rubato alla vita. E non si può mai sapere.

“Basta un raffreddore”.

Esatto. Quindi mi dico che la vita va vissuta, e speriamo bene.

“Hai ragione. E sai, i problemi li viviamo in modo diverso. Per te un guasto alla moto può essere un problema. Per me è solo: “Ditemi dove e quando arriva il pezzo, poi ci penso io”. Invece lasciare a casa i miei due vecchietti… quello sì, è un grattacapo”.

Ovviamente.

“È un tipo diverso di preoccupazione. La dimensione del viaggio è bellissima, ma ci sono scelte da fare. Ecco, forse voglio lasciare questo messaggio, visto che stiamo facendo questa cosa per Karma On the Road, che già nel nome ha tanto: Quando uno sceglie la strada come stile di vita, accetta un certo tipo di eventi. Accetta quello che può portare la strada. Sperando che non accada nulla, ma accettando che possa succedere. Ognuno sceglie il proprio karma, quindi sceglie la sua strada. C’è chi sceglie la famiglia, coi suoi legami, il lavoro, la routine, il mutuo. C’è chi ha un’azienda con tanti operai, e si sente addosso la responsabilità di 80 famiglie. E c’è chi sceglie la strada. E si prende anche le forature, i guasti e tutto il resto. Non so dirti cosa sia meglio, ma sono scelte. Nessuna è mai del tutto consapevole, ma sono scelte che, in qualche modo, ci fanno bene. Credo che l’essere umano, e lo vediamo oggi con le paure della crisi, della guerra, della precarietà, abbia bisogno di una certa dose di adrenalina, altrimenti diventa un pinguino. Sia nella forma del corpo che nel pensiero. Il pinguino non è stupido, ma se non abbiamo un minimo di conflitto, di stimolo, ci rallentiamo. Abbiamo tutto, e quindi iniziamo a desiderare il superfluo, invece di dare valore a ciò che è davvero importante. C’è un movimento che si chiama “decrescita felice”. Sarebbe bello se lo capissimo tutti. Ma invece pensiamo sempre: “Che lo facciano gli altri”. Che siano gli altri a vivere senza corrente elettrica. Che siano gli altri ad andare in bicicletta per salvare il pianeta. Io continuo ad andare in moto. L’ho spiegato!”

Guarda, io tengo una frase di Pepe Mujica sulla mia scrivania, il grande presidente uruguaiano. Aveva capito davvero tutto: viveva in una piccola fattoria e donava il suo stipendio a chi non aveva nulla. Ma soprattutto era un esempio. Diceva: Riappropriatevi del tempo, perché è quello il vero valore, non i soldi”. Dobbiamo imparare a ricostruirci attraverso quello che sappiamo fare – che sia per noi stessi o per gli altri – ma il tempo è il vero valore della vita. E per me è una verità grandissima.

“Il problema, te lo dico proprio così, è che vorrei davvero riappropriarmi del tempo. I miei colleghi trattano in mezz’ora. Io tengo un’ora intera. Cerco di non sforare per rispetto degli altri, ma vedo che, appena si avvicina la fine, le persone iniziano a voler andare via, hanno fretta anche se fa bene alla loro salute. Io, invece, vorrei quel tempo. E nel viaggio ritrovo quel tempo. Perché qui da noi in Occidente dovremmo darci una ridimensionata… e hai voglia a trattare e spiegare”.

Appunto. Dobbiamo imparare ad accontentarci di molto meno. Senti, sei stata davvero gentilissima.

“Faccio quello che posso”.

Mi ha fatto piacere conoscerti di persona. Ma dimmi un’ultima cosa: se i tuoi genitori stessero benissimo, qual è il tuo sogno? Il progetto futuro?

“Il mio grande sogno è prendermi almeno cinque anni e fare il giro del mondo. Ma proprio stare via cinque anni, non avanti e indietro. Perché credo che sia nella dimensione del tempo che si trova l’essenza del viaggio. Non vorrei mettermi limiti: mi lascerei portare dagli eventi. Di qua, di là, su, giù, a seconda di ciò che accade. Dove ti portano le ruote, direbbe qualcuno. O dove ti porta il cuore. Ma comunque, farmi guidare da ciò che succede.
Quello sarebbe il mio sogno. E forse… sarebbe davvero il mio stile di vita”.

Bellissimo. Veramente. Se vuoi, ti accompagno.

“Sarebbe proprio uno stile di vita. Vivere così. Ma anche qui, sto cercando di costruire qualcosa in quella direzione. Il problema è che le norme sanitarie non lo consentono: non posso esercitare ovunque. Devo lavorare in uno studio medico accreditato e riconosciuto.
E invece vorrei stare in giro, e dire: “Se hai bisogno, ci sono”. Oppure avere una piccola casetta e dire: “Se hai bisogno, vieni da me”. Ma questo non è possibile. Non è autorizzato, non è accreditato. Vedremo. Avendo 53 anni, ogni tanto mi viene il desiderio di chiudere baracca e burattini e ricominciare a vivere con questa filosofia. Ma tra il desiderio e la realizzazione… ci sono i “se”, ci sono i “ma”, e alla fine non si vive. Quindi, temo che la mia prossima realtà sarà fare tre mesi a est, lasciando la moto in Kirghizistan e tornando a riprenderla l’anno dopo. Devo valutare le altitudini, perché in quota non sto bene, e nemmeno i farmaci funzionano. Dovrei prenderla con molta calma e salire molto gradualmente. È tutto da valutare. Mi piacerebbe anche molto la Cina, anche se i costi sono alti. E poi vorrei esplorare la Mongolia. Ma con molta calma, magari con un mezzo locale e magari a cavallo”.

Sai con che moto ho fatto la Mongolia? Con la Shineray. Non so se la conosci. È una moto cinese usata dai pastori: 150 di cilindrata, 11 cavalli e mezzo.

“Ecco, secondo me è proprio da fare con quelle cose lì. E poi sicuramente il Giappone. Sono invece meno attratta dall’Africa. Tutti sono affascinati dall’Africa, io no”.

Per me è lo stesso. A parte il Marocco, dove sono stato più volte.

“Ecco, sì, forse il Marocco. Proprio per quello c’è un progetto. Ho un progetto per l’anno prossimo. Vediamo se va in porto. È qualcosa di interessante, sulle donne marocchine. Non posso ancora dire nulla… Ma se riesco a farlo, quello sì, mi piacerebbe davvero”.

Insomma, per sdrammatizzare: il tuo sogno è fare la sciamana guaritrice in giro per il mondo!

“Ma guarda che forse lo sono già. Non è che lo voglio fare. Credo di esserlo, davvero. In Nuova Zelanda mi chiamavano traveling osteopath“.

Bene. Non voglio approfittare oltre della tua disponibilità.

“Grazie a te, Luca”.

Sei stata gentilissima. Ti ringrazio.

“Ciao Luca… ciao, ciao, ciao”.

Il viaggio continua: nelle prossime settimane, nuovi motociclisti, nuove rotte e lo stesso desiderio di libertà. “Queste interviste, e quelle che seguiranno, sostengono i progetti solidali di  ‘Karma on the Road’ – un impegno a lungo termine – realizzato con il supporto di SienaPost e Moto Travel Summit, per diffondere storie di solidarietà e passione motociclistica.”

Contatti mail: luca@gentiliblog.it – Rubrica su Siena Post:  https://sienapost.it/sezione/rubriche/andataeritorno/ Blog personale: https://gentiliblog.it/ – Contatti MTS https://www.travellersummit.it/ – travellersummit@gmail.com – ONLUS: https://www.karmaontheroad.org/

(2 – fine)

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