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lunedì, Novembre 25, 2024

Ucraina, vero macello umano e culturale

Stamani 5:51. Putin alla televisione russa annuncia che la demilitarizzazione e denazificazione in Ucraina è in atto. I primi telegiornali italiani danno notizie frammentarie. Viene configurata un’azione a tenaglia sull’Ucraina delle forze russe: dal Nord della Bielorussa, dal Donbas, il territorio recentemente riconosciuto dalla Russia come stato autonomo, dal mare a sud.

Non sono le 8:00 che il capo del governo italiano Mario Draghi definisce inaccettabile e ingiustificabile l’azione militare russa, il segretario generale Onu chiede a Putin di dare una chance alla pace. Le forze dell’Alleanza atlantica restano guardinghe in prossimità dei confini ucraini. L’Europa con nota congiunta dei suoi apicali anticipa che, a quattro ore dall’emissione delle precedenti sanzioni, altre ne seguiranno assicurando che le stesse saranno molto pesanti (bancarie, tecnologiche, sequestri di beni, limiti allo spostamento etc).

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Il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen

A Mosca apre e chiude la Borsa per eccesso di ribasso. Un primo aspetto da valutare per un Paese che è il più grande del mondo, cento e quarantatré milioni di abitanti e un Pil nazionale che è attualmente inferiore all’Italia. Certo, l’Europa dipende dai rifornimenti energetici dalla Russia, ma è anche vero che quell’Europa che Putin vorrebbe separata dagli Usa è anche l’unico mercato possibile per Mosca. Ci saranno ricadute anche per gli abitanti russi. Gli oppositori al Governo di Putin sono stati incarcerati alle prime manifestazioni di piazza, gli altri, il corpo molle, sono bombardati da un’informazione a senso unico sulla grande Russia da re-instaurare e le semplificazioni della comunicazione del capo dell’oligarchia economica militare che li guida.

L’escalation militare supera con i fatti, tutto quello che era avvenuto nelle scorse settimane. Finora la questione era stata costellata di mistificazioni e fake news. Un amico e studioso senese ci aveva proposto queste parole solo qualche giorno fa…

“Nella crisi Ucraina appaiono dei segni inequivocabili della pochezza intellettuale dell’Occidente: il ministro degli esteri inglese, il cui nome è degno della “damnatio memoriale”, non conosce né la storia, né la geografia. Alla domanda del collega russo sulla sovranità russa su alcuni territori da tempo immemorabile appartenenti alla Russia, la ministra ha risposto di non riconoscere alcuna sovranità su territori conquistati con la forza. Cosa accade nel nostro opulento occidente decadente? Semplicemente non si studia più la storia e la geografia nelle scuole e nelle università. Un ministro degli esteri non dovrebbe conoscere solo i dossier che gli vengono consegnati dai funzionari e ambasciatori del dicastero. Dovrebbero avere conoscenze approfondite della cultura e della storia di un paese con cui hanno a che fare, in special modo quando si deve fronteggiare situazioni critiche come quelle di questi giorni. In generale la gente sa che il primo nucleo di uno stato russo fu la Rus’ di Kiev nato intorno al IX secolo ? Proviamo a chiederlo a qualche studente universitario di storia…” (Paolo Cannavacciuolo)

Un altro senese, Marco Parlangeli, già direttore della Fondazione Mps, analizza in questi giorni sul suo blog a livello economico e non solo quanto sta avvenendo nell’Europa Orientale: https://www.marcoparlangeli.com/2022/02/22/fare-la-guerra-sul-suolo-degli-altri-2.

L’opera di Massimiliano Di Pasquale

Un vero esperto l’abbiamo sentito proprio ieri sera. Si chiama Massimiliano Di Pasquale, pesarese, bocconiano, giornalista e scrittore, ricercatore dell’Istituto Germani e collaboratore della Columbia University, coniugato con una cittadina ucraina. Di Pasquale è l’autore di un interessante volume chiamato “Abbecedario Ucraino. Rivoluzione, cultura e indipendenza di un popolo” (Ed. Gaspari), recentemente integrato dal Volume II “Abbecedario Ucraino: dal Medioevo alla tragedia di Chernobyl”; nell’ambito dell’Istituto Gino Germani ha collaborato a un “paper” che analizza come l’informazione filorussa sia presente nel mondo occidentale e in particolare in Italia: L’influenza-russa-sulla-cultura-sul-mondo-accademico-e-sui-think-tank-italiani (https://fondazionegermani.org/wp-content/uploads/2021/09/Linfluenza-russa-sulla-cultura-sul-mondo-accademico-e-sui-think-tank-italiani-DEFINITIVO.pdf).

“Mi hanno chiesto spesso in questi giorni – ci dice Di Pasquale – se Putin avrebbe fatto davvero la guerra. Ho sempre risposto che la guerra è in atto da otto anni. La chiamo guerra ibrida. Altrettanto seria e pericolosa. Quella convenzionale è fatta da aviazione e carri, quella ibrida è stata condotta sia sul campo in Donbas che con costanti cyberattacchi, disinformazione, terrorismo. È molto più efficace e presenta un rapporto costi benefici più elevato. Tutto questo, inclusa la demonizzazione e la minaccia di una popolazione che aspira a uno stato di diritto democratico ha già provocato in questo periodo 14 mila vittime”.

Mario Draghi

Il suo contributo alla causa ucraina, lei lo sta dando da tempo sulla linea culturale. Perché a suo modo di vedere è così importante?

“L’importanza è data dalla fedeltà e dalla coerenza con la storia. Qui con poche parole si vuole riscrivere tutto. La platea italiana è importante, perché l’Italia è un Paese importante in Europa e dall’arrivo di Draghi gode di una rinnovata considerazione a livello mondiale. Non si può ridurre tutto al non voler rischiare la vita per l’Ucraina e al fatto che si pretende di avere costi di energia più bassi. È in gioco il futuro e la stessa idea di Europa. Putin ha paura che i germi democratici che si sono diffusi in Ucraina possano estendersi anche in Russia”.

Lo sviluppo di Kiev e Mosca nella storia dei Rus’

A differenza di Putin che semplifica la sua comunicazione verbale, lei cita di continuo, nomi, testi, date. Quali sono le incongruenze maggiori che vengono diffuse sull’informazione occidentale?

“Intanto che l’identità territoriale russa non c’entra affatto con l’Ucraina. Anzi, la storia ci dice che la Rus’ di Kiev ebbe il suo apogeo nel X secolo sulle sponde del Dnepr, cioè a Kiev in Ucraina. Mentre questa città cresceva, a Mosca c’erano solo boschi e null’altro. Solo sette secoli dopo, Pietro il Grande cambiò il nome del suo impero da Moscovia in Russia dopo aver sconfitto a Poltava l’etmano Ivan Stepanovič Mazepa che era alleato agli svedesi nella Guerra del Nord. Lo zar sapeva di dover dare ai suoi domini una connotazione europea e meno mongola”.

L’atamano Mazepa – Wikipedia

“Ed ancora, la Russia sta sostenendo la causa delle popolazioni di regioni che erano già autonome e che sarebbero popolate da russi. La presunta “russicità” di Donbas e Crimea è una delle narrazioni che accompagna questo conflitto ibrido sin dall’inizio. Sono russi nel senso che parlano il russo? In realtà, a parte gli esiti delle deportazioni di Stalin, la maggioranza della popolazione della Crimea era di etnia tatara che è tutta un’altra cultura e tradizione. Nel suo complesso passato il Donbas non ha mai avuto una popolazione in maggioranza di russi etnici e il fatto che nel Donbas post-sovietico la lingua prevalentemente parlata sia il russo è un fenomeno che richiede una spiegazione politico- culturale, non di carattere etnico. Nel ’91, quando l’Ucraina proclamò la propria indipendenza, un’autonomia sofferta dopo anni di dominio russo, tutte le regioni, comprese Crimea e Donbas, ribadirono con un referendum popolare tenutosi in dicembre di quello stesso anno la loro volontà di rendersi autonome da Mosca”.

Vladimir Vladimirovič Putin, ex militare ed ex funzionario del KGB, è presidente della Federazione Russa dal 7 maggio 2012

Da tempo il presidente russo sostiene la demilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina. Sono concetti che toccano la sensibilità della popolazione e lo rendono paladino dei più emozionabili…

“È solo propaganda condita da una mole enorme di fake news. Putin se vuole fare qualcosa per il suo popolo aumenti le libertà civili, faccia riforme sanitarie e affronti la piaga dell’alcolismo. Per risalire al nazismo in Ucraina la propaganda russa oggi, e quella sovietica un tempo, cita a mo’ di mantra Bandera. Ma chi era Bandera? Stepan Andrijovič Bandera era un nazionalista che ebbe l’intuizione che uno stretto collegamento con Hitler avrebbe potuto portare l’Ucraina all’indipendenza da Polonia e Unione Sovietica. Bandera era a conoscenza del genocidio perpetrato da Stalin con il Holodomor e credeva che i tedeschi potessero appoggiare il suo disegno indipendentista. Ebbe ragione nel senso che quest’indipendenza fu dichiarata il 30 giugno 1941, ma il Reichskommissariat ne ordinò l’arresto cinque giorni dopo, fino alla sua definitiva deportazione nel campo di concentramento di Sachsenhausen. Bandera fu poi assassinato per mano del KGB nel 1959. Quindi il famigerato Bandera subì sulla propria pelle e su quella della sua famiglia la ferocia nazista e sovietica. Negli anni di oltre cortina, l’irredentismo e l’indipendentismo ucraino hanno covato a lungo ma quando iniziano le rivoluzioni arancioni in piazza a Kiev, in particolare Euromaidan nel novembre 2013, a manifestare sono studenti e imprenditori che richiedevano un rapporto più stretto con l’Europa. La componente di destra che si può attribuire a partiti come Pravyj Sektor e Svoboda è sempre stata limitata a non più del 2% dell’elettorato attivo”.

“La questione sicurezza è poi fuorviante. Va infatti ricordato che dopo l’indipendenza del ’91 l’Ucraina era una potenza nucleare e tuttavia decise nel ’94, sottoscrivendo assieme a Russia, Gran Bretagna e Usa il memorandum di Budapest, di avviare il disarmo delle testate in cambio dell’impegno degli altri firmatari a tutelare l’integrità territoriale dell’Ucraina stessa. Si fa riferimento poi a impegni dell’Occidente con l’ex presidente russo Gorbaciov, di recente dal medesimo smentiti, nei quali si sosteneva che la Nato non si sarebbe mai estesa a Est. A parte il fatto che la Nato non si espande, ma accetta l’adesione di nuovi Paesi su richiesta dei medesimi e previo il rispetto di numerosi parametri, va anche detto che finora l’Ucraina non aveva mai richiesto questa adesione. Viene paventata solo ora che Kiev ha giustificati motivi di incertezza e sicurezza”.

Ieri solidarietà a Berlino per le vittime dell’Ucraina (post Fb della politica Franziska Giffey)

Attribuisce nei suoi scritti la responsabilità di un’escalation militare alla debolezza dell’Europa nei confronti della Russia. Ce lo conferma?

“La definirei arrendevolezza dell’Occidente. Non ci sono state mai serie sanzioni alla Russia dopo l’apertura, otto anni fa, delle ostilità in Donbas. Furono limitate ai patrimoni di qualche oligarca, ma non generalizzate. Solo nel luglio 2014 quando i russi abbatterono un aereo civile olandese provocando 298 vittime si incrementarono un po’, ma la storia recente fa testo: Putin si sente libero di poter continuare il suo progetto di restaurazione imperialista, diffondendo menzogne per le quali figure anche autorevolissime occidentali si prestano alla diffusione pubblica. La realtà è che un vero e proprio macello umano e culturale”.

(nella foto di copertina, Massimiliano Di Pasquale nel 2016 all’Ukraine Crisis Media Center)

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