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giovedì, Novembre 21, 2024

Nuovo libro sui viaggi di Luca Gentili

Luca Gentili, 64 anni, con lo “I726” nel codice fiscale. Appassionato, ma anche intellettuale; sicuramente sportivo. Curriculum di 18 pagine, è amministratore delegato di Ldp Progetti, con la socia Stefania Rizzotti, laureatasi al prestigioso IUAV di Venezia e allieva di Bernardo Secchi. Gentili ha progettato o contribuito a progettare, gli strumenti urbanistici generali per moltissime Amministrazioni, tra cui Pesaro, Prato, Siena, Arezzo, Grosseto, Lucca, ha avuto esperienze di lavoro all’estero tra cui il progetto per l’Unesco di recupero dell’area di Betlemme, in Palestina.

Luca Gentili con Marghe e Guccio, un punto da cui partire e cui sempre tornare

Nel 2001 fonda Ldp Progetti per lo sviluppo di sistemi legati alle città e al loro territorio; con il suo gruppo realizza software per gestione di infrastrutture, raccolta dati per analisi intelligente (business intelligence e big data) che vengono utilizzati da molteplici settori della Pubblica Amministrazione, dalla pianificazione, ai tributi e alla protezione civile.

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Capofila del Consorzio fra imprenditori Basket & Sport a Siena ha vissuto – e rimesso risorse -nella procellosa e breve avventura della Mens Sana Basket 1891, conclusasi con il secondo default, oggi materia di approfondimento da parte della Procura a cui è assolutamente estraneo: https://www.radiosienatv.it/crac-mens-sana-1871-chiusa-lindagine-su-massimo-e-filippo-macchi/. Lo troviamo mentre sta organizzando un viaggio nel Maghreb.

Il quarto libro di Luca Gentili, in precedenza “Islanda Ring Road” (2021), “India Moto Challenge-Rajasthan Edition” (2020) e “Big Asia Race” (Vietnam e Cambogia, 2019)

Ciao Luca. E’ sterminata la serie di cose interessanti che potremmo chiederti. Qualche giorno fa abbiamo intervistato un giramondo – https://sienapost.it/rubriche/tratti-particolari-giramondo-e-presidente/ – ma tu li batti tutti. Cominciamo dalle cose importanti: il mese scorso è stato pubblicato “Carretera Austral-La Ruta 7”, il tuo libro. Un percorso scelto perché ti mancava o eri irresistibilmente attratto da provare le stesse sensazioni di Ernesto “Che” Guevara?

“Non so se posso essere definito giramondo: è vero, ho visitato molti Paesi ma, avendo vissuto la mia giovinezza a pane e Kerouac, nella mia testa c’è sempre e solo una sua frase per definire una persona giramondo – “Si può sempre andare oltre, oltre non si finisce mai”-; ecco questo per me è essere giramondo. lo vorrei essere così ma non ho il coraggio di mollare tutto e partire per poi continuare giorno dopo giorno cercando sempre di vedere cosa c’è là in fondo dopo la prossima curva. Poco tempo fa durante una scorribanda furiosa in Patagonia, seimila cinquecento chilometri in moto in sedici giorni, in una mattina di nebbia, aspettavo il mio compagno che stava caricando i bagagli: il luogo era un punto qualsiasi sulla mappa del nostro percorso. La capanna dove alloggiavamo, piazzata di fronte alle anse del fiume Palena, l’avevamo trovata quasi per caso, la bellezza del luogo era commovente. In quel momento mi sono chiesto perché ripartire, perché non sostare un giorno ancora e cambiare completamente la nostra direzione. Questa sensazione mi accompagna sempre durante i miei viaggi, le cose più belle le ho vissute “mischiandomi” alla gente, magari viaggiando su una vecchia moto noleggiata sul luogo che stava insieme con il filo di ferro, una borsa legata sulla sella con dentro tre magliette e le mutande, con ai piedi un paio di scarpe robuste…”

Luca Gentili in Patagonia
Il faro di Les Eclaireurs, sul canale di Beagle nella Terra del Fuoco dove per la prima volta “ho visto la lucida schiena di una balena. Sono rimasto lì con la bocca lente dalla sorpresa, sul ponte gelido della nave per quattro ore senza riuscire a staccare gli occhi dall’orizzonte”.

“Il libro che citi nella domanda – riprende Luca – è autoprodotto. Scrivo, impagino e ne faccio una piccola tiratura per gli amici che mi chiedono notizie, soprattutto per quelli che vorrebbero viaggiare e non hanno il coraggio, del resto almeno per me la prima parte di un viaggio è sempre documentale. Stimolato dalla curiosità instillata da un altro viaggiatore. Ho sempre scritto per me stesso per rivivere il viaggio, per non dimenticare: a chi mi chiede il perché di tanto sforzo rispondo che solo quello che ricordi è per sempre. Per quanto riguarda il “Che” è troppo al di là del mito ed è bene lasciarlo dove è: fare paragoni non sarebbe né giusto né possibile, ognuno vive la propria epoca con il proprio bagaglio di esperienze. Comunque, spero di tornare presto in Sud America magari con la “poderosa” e un amico caro come “Alberto Granado”, con cui condividere l’avventura. Ho un sogno nel cassetto che per qualche ragione rimando ogni anno, traversare il deserto di Atacama, salire poi dal Cile alla Bolivia verso il Salar Uyuni per poi ridiscendere in Argentina lungo le Ande”.

“Che dire, della rugginosa prua della nave ancorata sulla grigia ghiaia a La Estancia di San Gregorio. Era lì abbandonata, inchiodata ai gelidi sassi di una fredda spiaggia del Cile. Per raggiungerla con il mio compagno avevamo costeggiato infiniti campi di una gialla lunga erba, spazzati dal vento, la piccola strada di cemento era recintata di filo spinato, sinistri cartelli bianchi e rossi con il teschio e la scritta “attenzione mine” avvertivano i viandanti di non cambiare direzione”. (Luca Gentili)
“Guardando il fiume che forma una stella marina ho sperato di ritrovare presto la rotta per ora mi sento un po’ come la rugginosa spiaggiata nave”. (Luca Gentili a Porto Pollo-Sardegna)

Scrivi tanto, ci hai detto. Lo fai per documentare, trasmettere o non dimenticare? Cos’altro hai scritto e cosa progetti di scrivere? E ci interesserebbe sapere, ai profani del viaggio, quelli di Sharm, Eurodisney o Palma di Majorca per intendersi, come si fa a suscitare le nostre stesse emozioni, terminata la parte delle banalità? Ci regalerai qualche tuo scritto per cominciare una rubrica sul “Viaggio vero” su SienaPost?

“Ti ho risposto sopra: sicuramente per non dimenticare! Ah, a proposito di dimenticare, sto preparando un romanzo, per ora come solito è in un cassetto praticamente finito, chissà se mai avrò il coraggio di pubblicarlo: scrivere è un po’ mettersi a nudo, accettare critiche, commenti, successi e sconfitte. Comunque è una grande piacevole fatica. Quando viaggio scrivo sempre, ogni sera; che la giornata sia stata emozionante o sia scorsa tranquilla, ho la necessità di fissare su “carta” quello che ho provato, allo stesso tempo documento la giornata filmando; uso più di una telecamera o il drone per riprendere i paesaggi o la gente di strada, riprendere e fotografare è la mia seconda passione. Canale 3 Toscana ha mandato in onda diciotto puntate dei miei viaggi in due serie – https://canale3.tv/promo-uomo-avventura-diario-in-moto/ – hanno avuto molto coraggio sono per lo più traballanti riprese in soggettiva”.

Luca Gentili su un ponte tibetano
“una precaria taverna nel Laos, con il pavimento di consunte traballanti tavole di legno: l’avevamo trovata dopo una giornata passata tra risaie e boschi, in un quadrivio sperduto, circondato da povere baracche, un precario rifugio alla tremolate luce di due lampadine che ciondolavano dal soffitto, eppure mi sentivo bene ero parte di una storia che ancora dovevo, volevo scrivere e raccontare”. (Luca Gentili)

“Per tornare ai viaggi – continua Gentili-, io non sono il tipo da grande albergo, cocktail o sdraia sotto l’ombrellone: sono un irrequieto. Il 4 marzo 2020, quando in Italia scoppiò l’epidemia di covid – https://www.youtube.com/watch?v=Z6wqW-P5sK8 (l’annuncio dell’allora premier Giuseppe Conte) -, ero a Nuova Delhi dopo aver traversato il Rajasthan. Dovetti interrompere il viaggio, faticai non poco a rientrare, conquistando a fatica un biglietto aereo per Francoforte e in volo scrissi questa nota…”

“Sto scrivendo queste note dall’aereo, doveva essere quello per il Sikkim; invece, uno stupido virus ci ha fatto capire quanto è fragile il mondo e costretto a cambiare i nostri piani. I miei amici non sono potuti partire per raggiungerci a Bagdogra nel nord dell’India. Nessuno poteva, voleva, affrontare una possibile quarantena, dove il corona virus non c’è semplicemente perché nessuno si dà la pena di cercarlo: sono altri i problemi del quotidiano da affrontare. Mettere insieme un pasto, sopravvivere ad una giornata nei campi, magari a pascolare un bufalo, seguirlo passo passo per raccogliere i suoi escrementi da riporre poi in una cesta appoggiata sulla testa, portata con dignità, indossando un sari giallo simbolo di purezza, sopra un vestito rosso per un buon auspicio. Mentre tornavo, lungo la strada, una donna con le mani nude impastava merda di bufalo e paglia, ne faceva rotonde pagnotte che lasciava essiccare al sole. Nei campi raccoglievano patate, non a macchina, ma con una lunga fila di uomini e donne con la schiena piegata, la faccia a pochi centimetri da terra. Tutti a riempire sacchi di tela, trascinati poi con gran fatica al bordo del campo. In un comparto alle porte di Delhi, decine di ciminiere, delle fabbriche di mattoni, sparavano in cielo il fumo nero combusto del carbone: nulla era fatto a macchina, intere famiglie dal nonno al bambino lavoravano a/l’interno di queste infernali catene dove le braccia dell’uomo sostituiscono qualsiasi motore. Venendo dalla campagna l’orizzonte della città era grigio, sembrava l’annuncio d’un temporale, avvicinandomi in una splendida giornata di sole mi sono accorto che era “solo” una densa nuvola di smog. Ho cercato di capire questo Paese, mi sono sforzato di non vederlo con gli occhi del mio Occidente, allora ho trovato l’essenza di gesti bellissimi, da noi inconcepibili, due ragazzi per strada che si tengono per mano, non sorridete, non sono gay, semplicemente qui non si rifiuta il contatto, è un gesto di amicizia, di complicità, di grande affetto. I lasciti d’arte, sedimenti di storia sono grandiosi, la cultura, la spiritualità affascina per complessità e bellezza. Quante volte, guardando qualcuno che pratica yoga vi siete detti, che serenità, che equilibrio in quei gesti, magari abbiamo anche preso qualche lezione, per poi arrendersi alla disciplina che riporta al centro la cura del nostro corpo. Ci siamo rituffati nel nostro mondo, non abbiamo trovato immediati benefici, tutto troppo lento, troppo tempo per raccogliere i frutti di questo sforzo. Allora mi sono chiesto, se fossimo noi il mondo decadente e povero, non scriviamo più, non leggiamo più, solo messaggini, tweet, forse anche questi sono divenuti troppo lunghi, cosa scrivo in 256 caratteri? Meglio una foto che esprime il mio stato, tu ci metti un like e sono contento, oppure, guarda, facciamola ancor più breve, una faccina e si condensa tutto, si sublima il rapporto facendolo evaporare come l’ormai temuto contatto umano. Non credo di aver capito molto di questa grande nazione, nulla ad oggi mi è chiaro, ora avrei solo un desiderio, tornare all’ombra del grande banyan, con un chai caldo in mano ad assorbire la grande dignità e il pizzico di follia di questo grande popolo, per conservarla viva dentro di me nella speranza di poter tornare a calpestare queste strade. Dimenticavo per rientrare in Italia ho comprato un biglietto della Qatar Airways: al check mi hanno annullato il biglietto, perché io, in quanto italiano, sono infetto a prescindere, non posso transitare dal loro civile paese, anche se vengo da un lungo soggiorno in India. Ora sono in volo con Air India verso Francoforte… Mentre Roma scivola sotto le ali del mio aereo ed io ho difficoltà ad accettare il ritorno alla routine mi è tornata in mente una frase del Da/ai Lama: “Ci sono due giorni all’anno in cui non puoi fare niente: uno si chiama ieri, l’altro si chiama domani; perciò, oggi è il giorno giusto per amare, credere, fare e principalmente…vivere”. Buona strada a tutti”.

“Il pastore con la borsa di tela ci ha accolto sulla strada di terra battuta ai quattromila metri dell’abitato di Muktinath in Nepal. Quattro case di sassi circondate di neve, sull’ Himalaya. L’uomo camminava a piedi nudi, la faccia grinzosa cotta dal sole, quella notte ha fatto meno diciassette gradi, ci ha seguito con lo sguardo mentre lentamente passavamo sulle nostre scoppiettanti moto invadendo il suo regno, mi sono vergognato dei comodi caldi abiti che indossavo”. (Luca Gentili)
“Quella che sembra è un vecchio ponte di legno in disuso. La foto l’ho scattata in Mongolia dopo chilometri di prati, non c’era una strada né prima né dopo ma prati punteggiati di yak, mucche e pecore. Il ponte sembrava disperso, conduceva ad un altro prato in una terra dove gli animali bradi non hanno né stalla né rifugio, da un apparente nulla al nulla di una traccia segnata sul gps”. (Luca Gentili)

“Non so se descrivere i luoghi così come sono – conclude Luca-, qualche volta anche evidenziando la cruda realtà può piacere ai tuoi lettori se vorrai sarò ben felice di scrivere qualcosa per voi”.

Luca hai traversato anche la transiberiana, quindi Ucraina e altri paesi CSI. Che suggestioni ci dai su queste aree del mondo balzate drammaticamente agli allori della cronaca? E’ davvero un problema viverle con la consapevolezza di essere un Occidentale? Quanto, toccare di persona il dolore e la miseria, stimola la tua empatia?

Luca Gentili in Armenia

“Non conosco direttamente la situazione, quei Paesi non erano la mia priorità. Mosca la conosco solo come scalo per le mie scorribande, ma posso trovare analogie con l’Armenia, un paese che invece conosco, che ho amato profondamente e che fa parte della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI). Girando per quelle poverissime campagne, mi sono spinto fino al confine con il Nagorno Karabakh – https://it.wikipedia.org/wiki/Nagorno_Karabakh -. In una gelida mattina mi sono arrampicato sulla montagna del Pellegrino (Ukhtasar), e ti garantisco che senza una buona dose di fortuna è un luogo praticamente impossibile da raggiungere senza una guida. La mia intenzione era vedere le antichissime incisioni rupestri, con me avevo solo un punto GPS, per trovare la posizione e un tassellato Suzuki DR, una vecchia sfiatata moto che aveva almeno venti anni, che comunque mi permetteva di arrampicarmi su per le mulattiere. Ho trascorso una giornata tra i monti accompagnato da un amico, sul tratto iniziale chiedendo informazione ai contadini, poi in un solitario viaggio abbiamo seguitole tracce che si perdevano nell’erba alta e in alto, nella parte terminale, tra i cumuli di neve di una fredda estate. Raggiunta la valle a 3300 metri di altezza ho trovato un luogo bellissimo, laghetti che specchiavano il cielo e i neri petroglifi a corona, un’esperienza che non dimenticherò mai. Poi, pochi mesi dopo è iniziata la guerra mai sopita con l’Azerbaijan: oggi quei luoghi aspri e duri sono inaccessibili a tutti e lo rimarranno chissà per quanti anni. Se qualcuno vorrà leggere quello che ho scritto sulle campagne, sulla miseria e sulla dignità di queste persone, forse si renderà conto di come le guerre siano sempre ingiuste qualunque sia la “giusta” causa. La voragine di miserie che generano non sono solo per la gente dei luoghi ma per l’intera l’umanità”.

Luca Gentili a Paros nel Mare Egeo
Luca Gentili in Islanda

Parliamo di attività ludico -sportive e quindi ti immagini dove voglio arrivare: la Mens Sana. Il 10 febbraio 2017 scrivevi il tuo ultimo post dalla pagina FB “lo Tifo Mens Sana” (2300 followers e record di 500 mila contatti in un mese). Fu uno dei tuoi molti arretramenti di fronte a un passaggio di consegne alla Società che è stato quanto mai traumatico. In precedenza, eri stato uno degli animatori di quel progetto che sostanziava la possibilità di gestire con le risorse senesi un progetto di basket professionistico. Oggi la Mens Sana – vediamo di non portare male – ha iniziato di nuovo il suo conteggio alla rovescia verso il basket che conta. Presto avrà bisogno che la nuova sezione della Polisportiva si renda autonoma, con proprie risorse. E, immaginando che quella fede propulsiva non ti abbia mai abbandonato, ti chiediamo… Ti ricandideresti a un ruolo di gruppo verso questo traguardo e/o sapresti dare buoni consigli per rendere effettivo questo obbiettivo?

La Pagina Fb ferma dal febbraio 2017 con cui venne fatto il crowd funding per la ripartenza.

“Non ho abbandonato mai la Mens Sana: tutt’ora contribuisco con una piccola sponsorizzazione e sono iscritto all’Associazione dei tifosi. Quello che ho fatto, l’ho sempre fatto perché sono essenzialmente un tifoso e non rinnego né gli slanci né gli arretramenti. Questa città ha vissuto un sogno, e insieme ad alcuni amici volevamo continuare con dignità questa avventura ma non è stato possibile, si sono combinati troppi interessi non sportivi e il risveglio è stato brusco e doloroso. Certamente dare consigli in una città che ha visto il “Grande Basket” è difficile, quasi impossibile, ogni paragone sarebbe impietoso. Occorre umiltà, tanto realismo e imparare a godere anche dei piccoli successi. Magari, lo dico a tutti gli ex tifosi, andate al Palasport: so che lo spettacolo non è quello della serie A ma sicuramente vedrete una squadra che mette il cuore sul parquet”.

Come vedi il ritorno delle strutture tecnico-sportive all’Autorità comunale – https://www.menssana1871.org/comune-e-polisportiva-mens-sana-al-lavoro-per-il-futuro-del-palasport/ -? Un espediente o linfa per ricominciare?

“Non ho vissuto bene la vicenda, soprattutto per i contrasti che si crearono durante la nostra avventura con la Mens Sana Basket, ma permettimi di non giudicare, vedremo con il tempo cosa succederà. L’unica cosa che mi prendo la libertà di dire è che l’accordo è molto vantaggioso per la Polisportiva”.

Luca Gentili nei panni dell’imprenditore di Ldp Progetti

Parlaci di LDP Progetti Gis – https://www.ldpgis.it/ -, uno studio di architettura che non fa solo architettura ma si candida a una sorta di ruolo di spin doctor nel campo delle tecnologie digitali applicate allo studio e alla produzione. Il Piano operativo di Siena è roba vostra, come vedi il suo sviluppo dopo che lo avete lasciato alla fase politica? Dalle categorie economiche è stata manifestata la perplessità che i regolamenti attuativi dovevano procedere di pari passo, ma così non è stato… Supponiamo infine che il PNRR vi proietti con le sue previsioni verso ruoli e compiti invidiabili, no?

“Ldp è il prefisso per due società che ho creato e di cui faccio parte, una di informatica ed è quella di cui mi occupo in prima persona ed una di pianificazione territoriale. Il Piano è stato un lunghissimo lavoro che ha attraversato due amministrazioni ed è fatto con una procedura di sperimentale di concertazione con la Regione Toscana… Ma, se vorrai, potrai intervistare la mia socia che meglio di me saprà descriverti il complesso lavoro svolto. Per quanto riguarda il PNRR proprio in questi giorni si parla di un completo ridisegno visti gli avvenimenti in corso: da operatore dico che sarà certamente occasione di sviluppo ma occorrerà capire se la nostra burocrazia saprà gestire progetti complessi, o se altresì le semplificazioni pelose che vedo all’orizzonte partoriranno solamente appetiti malsani come in alcuni casi già mi sembra di intravedere. In questo momento è in giuoco la nostra capacità di progettare il futuro nostro e dei nostri figli, ma non vedo strategie industriali vincenti. Noi come azienda lavoriamo molto sui sistemi di geolocalizzazione delle informazioni, un settore che cresce costantemente per meglio modellare le informazioni che ricadono su un territorio: il nostro target sono le Pubbliche Amministrazioni e spero che il PNRR sia un momento di evoluzione e crescita per tutti”.

Un The nel Deserto: Luca Gentili in Marocco
Luca Gentili fra Grecia e Albania sulle sponde del Vjose, “l’ultimo fiume selvaggio d’Europa”
Luca Gentili nella Gola di Taurir in Marocco
Luca Gentili tra le mura antiche del Perù

Tutti i tuoi viaggi si compiono con il ritorno a Siena, dove di cose nuove si stenta ad avere un elenco compiuto. Come professionista e come animale sociale sei in grado di regalarci un’immagine di Siena di come potrà essere tra vent’anni?

“Purtroppo, la nostra è una città in ritirata e per ripartire dobbiamo ricostruire una mentalità imprenditoriale che manca da troppi anni. Sviluppare e proporre nuove idee è complesso per il livello di dialettica che abbiamo: da noi c’è sempre chi, ha una sua buona ragione per dire che è contrario al piano industriale proposto. Credo che non si debba guardare più a Siena come territorio comunale, non perché non la ami la mia città, ma occorre interessarsi di ambiti un poco più vasti, occorrerebbe aggregare più amministrazioni in soggetti burocraticamente più efficienti, ma i campanili hanno fatto fallire anche i pochi tentativi di unione o non sono mai partiti. Anche dove si poteva creare un brand vincente. Mi riferisco ad esempio al Chianti e non me ne vogliano gli amici sindaci e i politici contrari a queste pratiche, che usando la narrazione della paventata perdita del “topos” instillano dubbi e sospetti in chi le propone”.

“Ma torniamo allo sviluppo – continua Luca Gentili-, per prosperare ci vuole energia a buon mercato. Lasciamo per un attimo Siena e guardiamo alla Toscana intera: abbiamo perso una grande occasione di sviluppo. Mi riferisco al mancato potenziamento del geotermico per sterili localismi e paura di inquinamento: oggi con questi sistemi produciamo il trenta per cento del nostro fabbisogno, ma il campo geotermico che sfruttiamo è largamente sottoutilizzato. Ribadisco che per qualsiasi sviluppo importante è richiesta energia disponibile e a buon mercato. In questo momento comunque non è facile parlare di futuro con una guerra in corso, è ovvio che questa difficile situazione dovrebbe essere sfruttata per accelerare principalmente nel campo delle rinnovabili favorendo l’interazione tra pubblico e privato. Occorre far capire alla gente che ci potrebbero essere le condizioni per fare parte di questa grande rivoluzione… Ti faccio un piccolo esempio, iniziando con una domanda: chi ha installato oggi il fotovoltaico? Solo coloro che hanno sfruttato le sovvenzioni, hanno possibilità economiche e soprattutto hanno disponibilità di superfici adatte siano esse tetti o terreni, al netto dei vincoli che tutt’oggi sono in vigore e che coprono gran parte del nostro territorio. Un’idea potrebbe essere individuare un’area abbastanza grande in ogni Comune da gestire con fondi privati di qualsiasi ordine di grandezza, standardizzando produzione e installazioni razionali, gestite da società pubbliche certificate da cui ogni soggetto può acquistare porzioni di pannelli e di conseguenza energia fotovoltaica per le proprie necessità. Sostanzialmente il loro investimento verrà ripagato in kilowattora e poi immesso in rete distribuito con i normali canali. Una famiglia, un’azienda che ha bisogno di energia e ha disponibilità, fa un investimento che viene remunerato in kw di energia usabile per le proprie attività. Investimenti in impianti di questo tipo si ripagano in circa dieci anni e hanno un ciclo utile di vita utile di circa venti-venticinque, mi domando perché non fare una cosa del genere senza disperdere risorse in migliaia di piccoli impianti poco efficienti? Potresti dire “per dieci anni paghi e per dieci anni hai energia gratis”.

Briefing lavorativo alla Ldp Progetti

“Vicino alle strutture di produzione di energia – conclude Gentili – potresti prevedere mega accumulatori tipo i Tesla Megapack – https://en.wikipedia.org/wiki/Tesla_Megapack -, come quelli installati nella penisola del Kenai in Alaska, quindi anche in condizioni ambientali critiche queste strutture accumulano energia verde per i momenti in cui il sole o il vento non la producono. Non si sta parlando di fantascienza ma di soluzioni reali: 93 MWh di energia totale accumulata (Kenai). Vorrei che qualcuno mi spiegasse come mai invece si sta spingendo tutti a costruire microstrutture di produzione locale scarsamente efficienti. L’unica risposta che mi so dare è che nessun investitore istituzionale vuole mettere soldi in qualcosa che comincia a dare utili dopo dieci anni e allora si spinge con gli incentivi il cui beneficio è scarsamente misurabile”.

Luca Gentili in Nepal

Luca Gentili per chi volesse approfondire ha un canale personale you-tube – https://m.youtube.com/channel/UCH_BSHAeX6JNIs_WCfMZ1Tw -; chiaramente lo apre con l’ennesima citazione di Jack Kerouac: “Basta seguire la strada e prima o poi si fa il giro del mondo. Non può finire in nessun altro posto, no?”

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