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giovedì, Novembre 21, 2024

Oggi l’agricoltura non può escludere la scienza

Tanti fattori in tempi attuali fanno pensare a un ritorno di massa all’agricoltura, comparto che vanta successi e vive difficoltà atmosferiche e congiunturali. Ne parliamo con Sara Guidelli, direttore generale nazionale di Legacoop Agricoltura. Sulla base dei dati 2019, Legacoop Agroalimentare associa 1.497 cooperative attive, con 197.365 soci aderenti, 29.224 addetti e un fatturato pari a 9,7 mld di euro. Sara, venti anni di impegno continuo per il movimento, da questa primavera ha aggiunto al suo bel palmares un nuovo titolo: Accademico Corrispondente dell’Accademia dei Georgofili.

Ci interesserebbe la tua opinione sulla questione del grano. Sai la guerra, l’insufficienza alimentare, le industrie di trasformazione italiane. Partiremmo da una tua visione geopolitica sull’attualità…

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“La guerra dei prezzi e la questione del grano non sono elementi legati soltanto al conflitto tra Russia e Ucraina. Arrivano da prima, da più lontano. La Primavera Araba partì dal problema di approvvigionamento del cibo, del grano. I prezzi sono iniziati a salire a settembre scorso. Certo è che una guerra nel cuore dell’Europa apre a riflessioni di natura straordinaria come straordinario è il momento che purtroppo viviamo”.

“Come da tempo Legacoop Agroalimentare sostiene – continua la direttrice del movimento cooperativo -, la necessità è di tornare a fare politica agricola, di avere una visione di lungo periodo e allo stesso tempo produrre azioni coerenti con gli obiettivi che vogliamo raggiungere. Dobbiamo avere idea dei punti di debolezza del nostro sistema agroalimentare se vogliamo vincere la sfida di garantire cibo sano a tutte le popolazioni. Dobbiamo attivare tutti gli strumenti per non avere problemi di sicurezza alimentare e di accesso al cibo. Per quanto riguarda l’Italia, per adesso si può dire che si tratta per lo più di allarmismi e di speculazioni. Non c’è un pericolo imminente di carenza di prodotti, oltretutto, sia l’Italia sia l’Europa, non dipendono così fortemente dai due Paesi in guerra. Se è vero che l’Italia è, strutturalmente, carente in frumento tenero dal momento che la nostra produzione copre mediamente il 35% circa del fabbisogno nazionale annuo, le importazioni di frumento tenero dalla Russia e dall’Ucraina, non sono particolarmente significative: valgono complessivamente circa il 4% del volume di grano tenero trasformato in farine dai mulini italiani. Tuttavia i due Paesi rappresentano complessivamente quasi il 30% delle esportazioni mondiali di frumento tenero (fonte Italmopa)”.

Sara Guidelli ha voluto portare il suo saluto al Settantesimo dell’IVV a San Giovanni Valdarno a fine giugno

“E poi – conclude – c’è questione dell’olio di semi. Il consumo annuo di olio di girasole in Italia si aggira sulle 770mila tonnellate, ma produciamo solo 250mila tonnellate di olio grezzo. Il comparto si rivolge soprattutto all’Ucraina che, insieme alla Russia rappresenta il 60% della produzione mondiale di olio di girasole e circa il 75% dell’export mondiale. Abbiamo retto l’impatto della pandemia, abbiamo continuato a produrre cibo e portarlo sugli scaffali dei negozi. Dobbiamo augurarci che questa guerra finisca il prima possibile e dobbiamo capire gli effetti della pace sull’equilibrio mondiale, in particolare quello economico”.

Presente a un incontro con Letta durante la sua candidatura di autunno scorso, riferisti al neo parlamentare senese quanto significhi oggi l’export agroalimentare per gli italiani. I successivi caroenergia e il blocco dei mercati a Est oggi portano a peggiorare quei dati esaltanti?

“Dobbiamo attendere per capirne gli effetti reali e la reale portata. Certo inflazione e aumenti pesano tra il 20 e il 30% in più e questo potrebbe avere riflessi sulla competitività delle nostre aziende sui mercati stranieri. Tuttavia anche gli altri nostri competitor vivono le nostre stesse difficoltà: il caro materie prime è generalizzato e i costi dell’energia hanno ricadute mondiali. C’è da dire poi che il 2021 è stato un anno di forte ripresa delle esportazioni, uno su tutti il Prosecco che ha registrato +127% a valore e +74% a volume, e questi numeri saranno difficilmente replicabili quest’anno nel quale, sempre per rimanere in tema vino, continuano ad andare bene gli spumanti, mentre soffrono gli altri”.

“Il conflitto – specifica Sara – mette a rischio le esportazioni dell’Italia verso Russia e Ucraina che sommate valgono 9,7 miliardi di euro su 516 miliardi di euro delle esportazioni complessive del made in Italy. Caso mai l’impatto maggiore è sulla filiera di fornitura di materie prime e energetiche che il conflitto gioca un ruolo determinante, molto impattante che si somma a quanto già in corso dall’anno scorso. Gli effetti saranno per tutti, il Pil mondiale era previsto al 4% per il 2022 mentre adesso si è scesi a +3,4%. Anche le stime del commercio internazionale sono riviste al ribasso di oltre un punto percentuale, ma comunque siamo sempre a +3,9% per quest’anno. Dobbiamo auspicare in azioni incisive per contrastare gli effetti, con particolare riferimento all’inflazione”.

Nell’emozionalità generale del momento si parla di ricoltivazione delle aree del BelPaese precedentemente fermate dal “set aside”. Ma è possibile? È auspicabile? I mercati riusciranno ad accogliere permanentemente, o quantomeno per un numero di anni sufficiente a ripagare gli investimenti, il nuovo afflusso di derrate?

“Si tratta non solo di dare risposta alla contingenza del momento, ma anche di produrre cibo per un pianeta in crescita di popolazione. Possiamo puntare all’autosufficienza alimentare con una visione che metta Italia ed Europa al centro. Possiamo recuperare i terreni non coltivati e quelli marginali che in Italia significa utilizzare 200mila ettari di terreno. Dobbiamo lavorare sulla ricerca e sullo sviluppo di tecnologie che riescano a migliorare le coltivazioni da un punto di vista quantitativo. Come le Tea, le nuove tecniche di evoluzione assistita. Ricerca e sviluppo di semi e specie in grado di rispondere ai cambiamenti climatici e allo stesso tempo mantenere le caratteristiche della nostra biodiversità. La genetica, in questo caso, è fondamentale”.

“Poi – spiega – dobbiamo fare i conti con il calo degli ettari di terreno coltivato: nella sola Toscana negli ultimi 10 anni sono stati persi 114mila ettari. Che vuol dire -15,2% della Superficie agricola utilizzata (SAU) mentre la media italiana è stata di -2,5%. I 114mila ettari si sommano ai -128mila del decennio precedente tanto che la Toscana ha perso un quarto (27,4%) di superficie coltivabile in soli 20 anni passando dagli 882mila ettari del 2000 ai 754mila del 2010 fino ai 640mila del 2020. Insomma dobbiamo investire in agricoltura, dobbiamo creare filiere di qualità che partano dalla materia prima e arrivino alla trasformazione e alla distribuzione. Dobbiamo riportare l’agricoltura al centro e dare valore alla produzione”.

Sara Guidelli, qui in riva all’Arno, è da aprile Accademica dei Georgofili

Parlaci dei giovani in agricoltura, quelli che già ci sono e quelli che vorrebbero cimentarsi. Possono guardare con speranza alle strutture di Legacoop Agroalimentare?

“Ai giovani piace l’agricoltura, sono numerosi gli esempi di chi rimane nelle aziende di famiglia, di chi continua a conferire nella cooperativa della quale il nonno è stato socio fondatore. Ai giovani piace lavorare in campagna come lo dimostra anche la scuola per contadini di San Casciano Val di Pesa voluta dai Comuni del Chianti, sempre molto frequentata e dove gli studenti, una volta diplomati, trovano immediatamente impiego nelle imprese del territorio. I giovani vanno attratti e stimolati. Devono sentirsi protagonisti di un cambiamento e del ruolo che hanno nella difesa del territorio, dell’ambiente e di tutela delle tradizioni attraverso l’uso della tecnologia. I giovani sono il futuro dell’agricoltura se ovviamente l’agricoltura riesce a garantire loro un reddito adeguato. La cooperazione è il modello ideale per la garanzia di un reddito, per l’impiego di modelli di agricoltura 4.0 e Legacoop Agroalimentare è sicuramente il luogo dove poter trovare le condizioni migliori per far crescere i giovani agricoltori. Abbiamo le nostre radici nella tradizione ma guardiamo all’innovazione come unica via per dare risposte ai cambiamenti climatici, per garantire la sostenibilità ambientale, produttiva e soprattutto quella economica e sociale”.

C’è un miglior suggerimento di investimento o di orientamento per chi in Toscana volesse occuparsi in agricoltura?

“Oggi l’unica risposta è esaltare le tradizioni, recuperare la storia e quindi tutto quel patrimonio di biodiversità che abbiamo e che rappresenta il vero valore del nostro agroalimentare. Biodiversità che si valorizza con l’innovazione per dare risposte ai cambiamenti climatici e alle esigenze di mercato. E poi importante, è connettersi, fare rete perché da soli è difficile andare avanti”.

La siccità, sentiamo ai telegiornali, sta facendo male. Diversi territori del Nord parlano già di calamità naturale. Ma suppongo che a parte ristori e risarcimenti ci sia bene poco da fare… Tutti questi danni sono per l’eccezionalità del clima o perché si chiede troppo a culture non autoctone?

“È di queste ore la notizia degli interventi previsti dal Consiglio dei ministri che prevedono lo stato d’emergenza per le cinque regioni più colpite dalla siccità, la previsione di uno stanziamento di 36,5 milioni di euro e la nomina del Commissario straordinario. Misure positive, ma che da sole non bastano. Quello che occorre è un piano strutturato di contenimento dell’acqua, di creazione di bacini di raccolta, e una concertazione tra governo, regioni, consorzi di bonifica e associazioni, con il mondo dell’agricoltura. Deve essere programmato un piano invasi e trovate le risorse per realizzarlo con urgenza. Il PNRR deve essere impiegato per interventi innovativi e per rendere la rete idrica più efficiente”.

“La siccità di quest’anno – specifica Sara – è legata ai cambiamenti climatici in atto, ma la carenza di acqua può trovare soluzione con interventi strutturali. Anche l’agricoltura è chiamata a fare la propria parte. Già oggi non spreca acqua, ma dobbiamo proseguire nel percorso verso un uso sempre più sostenibile e che dia garanzia di sicurezza alimentare. Un percorso dove l’innovazione tecnologica e la scienza giocano un ruolo decisivo. L’agricoltura di precisione passa attraverso una irrigazione di precisione fatta quando serve e decisa attraverso sensori, app e computer. Ma passa anche attraverso la scienza con tecniche di genome editing per ottenere varietà resistenti ai cambiamenti climatici, alla siccità, alla desertificazione. Esiste la ricerca ed esistono quelle innovazioni alle quali dobbiamo guardare subito, velocemente. Penso alle Tea – tecnologie di evoluzione assistita – e penso alla necessità urgente di mettere in piedi azioni rapide, di avere il coraggio di avviare un processo di cambiamento. Abbiamo bisogno della scienza e le posizioni antiscientifiche, come per la pandemia, non aiutano. Dobbiamo avere il rispetto della tradizione, ma allo stesso tempo occorre il coraggio di innovare sempre dentro i cicli biologici. Queste tecniche consentiranno di salvaguardare il nostro patrimonio di biodiversità con specie resistenti, ma che appartengono alla nostra cultura e alla nostra tradizioni, ai prodotti di qualità del made in Italy. La cooperazione è il valore aggiunto dell’agricoltura italiana in quanto favorisce questi processi di cambiamento e fa sì che anche le piccole realtà possano beneficiare delle innovazioni”.

 Con tutte queste carenze e disgrazie, pensi che la GDO farà il possibile per non appesantire il paniere dell’inflazione? O sarà una conseguenza degli aumenti che già le migliaia delle aziende della tua struttura dovranno mettere in atto?

“L’agricoltura non potrà pagare da sola gli effetti dei rincari, le aziende agricole non possono sostenere da sole il peso degli aumenti. Tutta la filiera è chiamata a fare la propria parte. Gli aumenti dei listini sono inevitabili ma non possono crescere troppo altrimenti si rischia di fermare il mercato: i consumatori, come è già successo, non acquisterebbero più. Deve essere trovato un compromesso equo tra tutti gli attori. La situazione non è facile, ma insieme possiamo uscirne”.

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