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giovedì, Novembre 21, 2024

Un ricordo politicamente intimo contro l’astensionismo

La mattina di ogni elezione, in casa mia, c’era una specie di atmosfera elettrica; seppure di domenica, babbo si alzava come se dovesse andare a lavorare, alle 6 era già in piedi, faceva colazione con la sua tazza di orzo o te, si faceva il bagno – la doccia sarebbe stata una scoperta più avanti -, barba e si metteva il meglio che aveva, poi si sedeva sulla sedia in cucina fumava  e cominciava ad aspettare nervosamente che anche mamma fosse pronta.

Lo ricordo nitidamente fin da quando abitavamo in via Fieravecchia e poi anche nella nuova casa a Ravacciano, l’ultima casa a destra – allora – in Via Duccio di Boninsegna, al 68.

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Maurizio in braccio al padre Fernando Cenni

Io non capivo di quella agitazione e ho continuato a non capirla nel corso degli anni, ma lui voleva essere tra i primi ad esercitare il suo diritto al voto, come se lo volesse mettere al riparo da qualsiasi fatto o accadimento imprevisto, insomma della serie “non si sa cosa può succedere!”

Crescendo quel vezzo che ha continuato a caratterizzare il giorno delle elezioni, era divenuto anche un motivo per fare battute o ammiccamenti con mia sorella, attenti a non farci vedere perché Fernando era permaloso sul serio.

Quando poi la vecchiaia ha cominciato a prendere il sopravvento su di lui e un minimo di saggezza in me, quando cioè cominci a capire che le cose che avevi date per scontate non lo sono per niente, finalmente ho trovato il coraggio per parlare con lui e chiedere di queste mattine di domenica così agitate.

Elezioni negli anni ’50

E lui mi ha dato una risposta di una semplicità disarmante che ha condizionato il mio atteggiamento per sempre: “Io sono di quella generazione che non ha potuto votare e che quando si è riconquistato quel diritto lo ha apprezzato come un valore enorme per cui abbiamo lottato, pianto, sofferto, perduto amici, ne abbiamo anche buscate a volte, e quindi mai e poi mai rinuncerò a quel diritto”.

“E anche se qualche volta – diceva ancora – non sono convinto al cento per cento, non salterò mai una elezione”.

A dire il vero Fernando aveva la quinta elementare e il linguaggio era molto più colorito ed esplicito, molto più senese popolare, era il primo di quattro fratelli maschi ed una femmina, nati nel Rialto, ma il senso era questo.

Da allora ho smesso di ridere di quella sua mania, e quando, poco prima di lasciarci e ricoverato all’Ospedale di Comunità, la sera mi ha detto “domattina vieni a prendermi che ci sono le elezioni e voglio votare”, ho ubbidito e alle sette di mattina mi sono presentato in camera sua: era già sulla sedia a rotelle, e una infermiera mi ha detto che dalle sei si preparava.

E mi sono sentito in colpa quando, unica volta, allo scorso referendum non sono andato, gli ho chiesto scusa spiegando quali erano i motivi, sperando che non sia stato troppo incavolato.

Per questo non condivido chi si astiene, per questo ritengo che le (molte) giustificazioni perfino legittime di disaffezione dalla politica, non siano sufficienti allo stare in casa, si può essere in difficoltà – a me capita ormai da anni – a trovare qualcuno che ti rappresenta, ma si può sempre scegliere il meno peggio, ciò che ritieni faccia meno danno, o quelle persone che conosci e sai che sono oneste, sincere, capaci, affidabili, o chi comunque ti ispira fiducia: il voto è sempre utile, chi non lo può esercitare lo sa bene.

Non chiudetevi in casa a lamentarvi a posteriori sui social, dopo non serve a niente, prendetevi anche la responsabilità di avere sbagliato e correggetevi quando ne avrete l’opportunità, ma provate sempre ad esercitare un diritto che nessuno di voi ha conquistato ma che padri, nonni e bisnonni vi hanno regalato. E non li fate arrabbiare, per favore.

Maurizio Cenni

(Le immagini sono tratte da profili pubblici di facebook)

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