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lunedì, Novembre 25, 2024

E per ultimi gli Hipster del Pollino

Chiude la rubrica “Mondi Paralleli” con altri due “eccezionali”, un po’ artisti, un po’ gastronomi, un po’ zootecnici

E’ stato circa un mese fa. Stavo cercando un Mondo Parallelo da intervistare ma non riuscivo a trovare niente che accendesse la mia anima. Tanto che ero arrivata alla conclusione che orami questa rubrica aveva fatto il suo tempo e che poteva essere arrivato il momento di dirle addio.

Ero allora in vacanza con la mia famiglia a casa di mio marito in Calabria, esattamente in un puntino sperduto in mezzo alla montagna a due passi dal mare, ma inerpicato sulle rocce. Un puntino che si chiama Sant’Agata di Esaro.

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A dire il vero ero in un angolino all’interno di questo puntino, un luogo dal nome Vallerote. Un posto difficile da raggiungere, nascosto dentro ad una natura selvaggia, una campagna completamente diversa da quella dolce a cui sono abituata qui.

Dovevamo andare a pranzo nell’azienda di Alessio Ierardi e Valerio Borrello. Ce ne avevano parlato come di un agriturismo molto particolare, dove si mangiava molto bene. Ma quello che ho trovato lì è stato molto di più.

E’ stata una vera e propria esperienza che ha acceso la mia anima. Ed è stato così che mi è venuta l’ispirazione: questo posto lontano da Siena sarebbe stato il mio ultimo mondo parallelo. In fondo avevo iniziato questa avventura con la storia di Stefano, un giovane calabrese che aveva avviato Mulinum nelle terre di Buonconvento a Siena, ed ora avrei terminato con me, senese in Calabria, incontrando due ragazzi sempre di origine calabrese che avevano lasciato la loro vita precedente, per uno di loro a Milano, per venire a vivere qui e creare questo piccolo e raffinato atelier in mezzo alla forza dirompente di un ambiente aspro.

Ho pensato che fosse come chiudere il cerchio, nella convinzione che Tutto è Uno e che, dunque, anche se geograficamente lontano, Vallerote era un mondo parallelo strettamente legato agli altri che avevo avuto l’onore di conoscere. Così, seguendo d’istinto il mio pensiero, ho chiesto ad Alessio e Valerio se potevo intervistarli…

Come è nata questa realtà? Come vi è venuta l’idea?

“Ho conosciuto Valerio nel 2006 – comincia Alessio –. Lui aveva già iniziato un percorso a Vallerote. Ho deciso allora di lasciare Milano e venire a vivere qui a Sant’Agata con lui. Avevo già 31 anni ed avevo una carriera avviata come grafico pubblicitario. Vivevo in città a Milano e frequentavo un ambiente totalmente diverso. Ho lasciato completamente quella che era la vita cittadina per trasferirmi in questo luogo che è isolato da qualsiasi cosa. Quando sono venuto non c’era energia elettrica e le condizioni della casa erano molto diverse. Valerio ci lavorava già da 5 anni e l’esigenza primaria era quella di mettere in ordine prima il terreno che è molto ampio: sono 16 ettari. C’era da fare la recinzione, la pulizia, da costruire muri a secco. La prima incombenza era stata proprio quella della recinzione perché c’era e c’è un allevamento di suino nero di Calabria. Quando sono arrivato mi sono occupato più della parte estetica del posto. Tutto il progetto – riprende – è partito da Valerio, io mi sono affiancato. Ero del tutto estraneo a questo mondo. Mio padre era originario di qui e avevo ancora i miei nonni vivi, ma io non ci ero mai venuto”.

“Io, invece, avevo dato vita al progetto – prosegue Valerio – ma in realtà ero anche io un novizio. Avevo una grande voglia di buttarmi in questa avventura anche perché era un sogno che condividevo con mio padre. Questo era un terreno di un lontano cugino che avevo comprato. Avevo poi iniziato passo passo a sviluppare questa attività, in realtà costruendola in corso d’opera. E’ stata una vera e propria scommessa e bella tosta! Anche io non sapevo niente di animali, di coltivazioni, di gestione della campagna! Ero molto giovane, avevo 21 anni e avevo appena finito di studiare”

Quindi nel 2006 siete partiti prima con le opere strutturali principalmente del terreno, poi della casa…

“Si, abbiamo iniziato così – prosegue Alessio- cercando di realizzare qualcosa che potesse rispecchiare noi ed il nostro gusto estetico ed al contempo di differente da quello che puoi trovare qui in giro. Ma questo non a fini prettamente commerciali. Questa realtà è lo specchio di quello che siamo. E’ inconsueto arrivare in un posto così sperduto e trovare una situazione del genere. Magari una persona si aspetta un’azienda agricola e invece trova un luogo dove è facile incontrare altri artisti, non solo pittori come me, ma anche attori (ho diversi amici che lo sono), architetti. Persone che amano venire qui proprio perché è un posto che ti isola da tutto, ti pulisce un po’ il cervello e ti dà anche la possibilità di confrontarti con te stesso. Quando stai in una realtà che è quella cittadina, vuoi o non vuoi, fai parte di un gregge ed inizi a pensare in quel modo. Qui invece hai a che fare con te stesso e manifesti esattamente ciò che sei. Ovviamente non siamo completamente isolati a livello cognitivo perché comunque abbiamo la connessione ad Internet (la televisione no, quella non l’abbiamo!); però non c’è quella contaminazione diretta da parte delle persone. Fare questa pulizia mentale ti consente di sviluppare nuove idee o di strutturare magari idee vecchie in modo diverso, più attuale”.

Quindi Alessio tu qui dipingi anche, continui la tua attività di pittore? So che di recente hai fatto una mostra dei tuoi bellissimi quadri presentata da Vittorio Sgarbi…

“Si – riprende – dipingo e da poco ho iniziato a fare un po’ di scultura. Qui riesco a dare spazio libero alla mia creatività. Oltre a questo, ci occupiamo anche di fare pavimenti, strutture, rivestimenti”.

Quindi non si può definire questo posto né come azienda agricola, né come ristorante… forse sarebbe più adatto atelier? Un atelier dove si può trovare arte, contatto con la natura, coltivazioni, cibo…

“Esatto! La ristorazione è la nostra fonte economica primaria, ma rientra in un contesto più ampio. Anche perché cucinare è una vera e propria arte. Sono tutte cose che si muovono di pari passo – prosegue Alessio-. Per dare comunque la possibilità a chi viene da fuori di vivere in maniera diversa. Questo anche perché noi non abbiamo una gestione di clienti turisti. Chi viene qui passa un giorno nel nostro mondo. Poi c’è chi resta di più, anche per una settimana. Cerchiamo compartecipazione. Se c’è qualcuno qui ci aiuta a fare le cose che ci sono da fare”.

Quindi, riassumendo, le attività che avete sono…

“Allevamento di suino nero di Calabria, cinque ettari di terreno coltivato e 11 ettari di bosco a castagneto, la produzione dei salumi, dei formaggi, il ristorante. Facciamo tutto noi due, Valerio ed io”.

E’ davvero tanto lavoro per sole due persone; un lavoro che non conosce sosta…

“La noia è un concetto che non ci appartiene! – dice ridendo Valerio – Abbiamo amici e parenti che ci vengono ad aiutare in vari periodi dell’anno, ma gestiamo tutto noi due. È un po’ lo stile di vita conviviale che c’era un tempo, in cui magari ci si riuniva davanti al camino, si lavorava insieme e intanto si chiacchierava. Anche qui funziona così; siamo liberi dalla televisione e dunque quando mangiamo insieme o lavoriamo insieme si parla tanto”.

“La cosa bella è che abbiamo amici che arrivano – prosegue Alessio – e ci chiedono semplicemente: oggi sono qui con voi, che cosa posso fare?”

E la vita di città vi manca qualche volta?

“Sinceramente non ho avuto mai ripudio per la vita di città – risponde Alessio-. A volto ci torno. Ma di rado. Sia perché non posso allontanarmi spesso per la gestione pratica delle cose sia e soprattutto perché se lo facessi mi perderei dei pezzi di vita qui. Sono due tempistiche completamente diverse. In città ci sono dei momenti di frenesia totale e poi dei momenti di quiete. Qui invece ci sono in continuo degli imprevisti che vanno al di là dell’orario lavorativo. Avendo animali e terra bisogna essere sempre pronti a fronteggiare situazioni inaspettate. Chi vive in città non lo può capire. Qui la gestione del tempo è del tutto fluida e continua. Per gli animali e la terra non ci sono week end o ferie!”

Quindi anche a livello di competenze per la coltivazione siete autodidatti, avete imparato tutto da soli?

“Si è così- riprende Valerio.- In realtà sono più io che mi occupo di questo. Con il tempo ho imparato a conoscere l’ambiente e le sue problematiche. La nostra non è una coltivazione standard nel senso che essendo  ad un’altitudine di 800 metri, ci sono delle differenze climatiche notevoli, degli sbalzi di temperatura. Rispetto alle altre coltivazioni normali siamo sempre in ritardo di un mese e mezzo di base. Quest’anno che c’è stato brutto tempo a giugno ancora di più. E’ sempre un navigare a vista. Qui non ci sono regole. Esistono solo le eccezioni! Non usiamo nessun prodotto chimico, quindi se si raccoglie, si raccoglie un prodotto di qualità ma può anche darsi che non si raccolga niente. “

Avete in mente altri progetti?

“I progetti ci sono sempre – dice Alessio. – E tutti in divenire. Noi non programmiamo assolutamente nulla. Abbiamo tante idee, però poi ci sono sempre priorità e le risorse economiche sono quelle che riusciamo a ricavare quotidianamente da qualsiasi attività. Investiamo continuamente e vediamo quello che succede. Giorno per giorno. Non abbiamo mai progetti a lungo termine. Abbiamo forte l’impulso di andare avanti ma c’è anche quella precarietà che poi in realtà è la precarietà normale della vita -. Si ferma un attimo e riprende: – impostare le cose credo sia un palliativo per la mente perché ti dà delle sicurezze che in realtà non esistono. Per noi la serenità viene dal nostro costante e stretto rapporto con la natura: vedere crescere le nostre piante, curare i nostri animali. La natura di per sé è così: si butta sempre avanti perché vuole vivere ma non è che fa dei programmi e nessuno le dà la sicurezza che vivrà”.

A voi personalmente questa nuova vita qui che dono ha fatto?

“Direi la possibilità di avere un punto di vista differente da quello che avevo prima – risponde di getto Alessio. – Non per dare giudizi, perché credo sia stupido dire che sia meglio o peggio. Ma per avere diverse angolazioni da cui guardare e magari intuire come potrebbe l’uomo progredire. Credo infatti che una cosa fondamentale sia condividere con gli altri quello che impariamo. Quindi un punto di vista differente che permetta a me di progredire come entità ed in più far progredire gli altri condividendolo”.

A forza di parlare, fra un caffè e un ottimo pezzo di torta, si è fatto tardi, il sole sta per tramontare. Penso che mi piacerebbe trascorrere qui qualche giorno. Abbandonare il contatto frenetico con il mondo in continuo movimento, perdermi ad osservare il ritmo della natura ed al contempo perdermi dentro di me, nel mare infinito delle infinite versioni di me stessa. Solo io, magari con un foglio ed una penna in mano per fermare i miei pensieri, le mie emozioni, le mie pulsioni, le mie passioni. Per poterli fermare e magari dopo riguardare da un’angolazione diversa, come mi diceva poco fa Alessio. Ma ora devo sbrigarmi a fare a queste due persone così particolari le mie solite ultime due domande, prima di lasciarle al loro lavoro qui.

Se doveste dare un consiglio, in base alla vostra personalissima esperienza, ad una persona che ha un Sogno ma non sa da che parte rifarsi per realizzarlo, cosa vi sentireste di dire?

“Personalmente – inizia Alessio – non avrei mai immaginato di vivere come vivo adesso. Non sono una persona riflessiva, sono molto istintivo. Non ho mai ragionato pensando al denaro, alla posizione sociale. Se il mio corpo mi dice: vai! Io vado. Quindi quello che mi sento di dire è di seguire il proprio istinto, perché non tradisce mai. Per fare questo però, bisogna avere anche molta forza e coraggio. Non si può pretendere che le cose si realizzino in un attimo. La nostra situazione qui si è evoluta in 17 anni, e Valerio aveva già comunque iniziato prima. Quindi oltre all’istinto direi anche la perseveranza. Altrimenti si rischia di scoraggiarsi, tornare ai vecchi schemi e sentirsi frustrati”.

“Condivido appieno – prosegue Valerio. – Ci siamo ritrovati in dei momenti difficilissimi sotto tutti i punti di vista. Ci sono stati dei periodi in cui qui eravamo veramente isolati. Se non avessimo avuto la forza di andare avanti questa realtà oggi non ci sarebbe. Bisogna essere costantemente centrati nel proprio Sogno, nonostante le circostanze difficili che si presentano. E ti assicuro, ne abbiamo avute tante…il maltempo del maggio dello scorso anno ha distrutto molti anni del nostro lavoro. È stato davvero difficile”.

Mi fermo a pensare. Non riesco neppure ad immaginare alla forza necessaria per rialzare la testa, rimboccarsi le maniche, ed iniziare a ricostruire quello che a fatica avevi creato e che il Caso ha deciso di distruggerti in un attimo. Ma poi mi dico: non è così che va avanti la nostra esistenza? Progetti, piani, aspettative….poi un bel giorno la Vita decide di cambiare le carte sul tavolo e, se vuoi andare avanti, devi per forza modificare gioco e ricominciare.

L’abbaiare del cane fuori mi riporta qui dalle mie divagazioni e arrivo a fare la mia ultima domanda:

Se doveste definire con una parola questo vostro Mondo Parallelo realizzato, che parola vi verrebbe in mente?

Questa volta è Valerio a rispondere per primo dicendo: “Libertà. Non ho dubbi. Vivere così mi fa sentire davvero libero, nonostante tutte le difficoltà”.

“Io, invece, direi Inconsueto – risponde Alessio dopo una breve pausa di riflessione. -Di fatto è qualcosa che non ti immagini, non è standard. Siamo completamente fuori da qualsiasi ottica. Di fatto abbiamo creato una bolla di vetro in mezzo alla foresta. C’è la campagna, sperduta, in certi punti quasi inaccessibile, e poi c’è questo nostro piccolo rifugio. Un rifugio dove chi viene trova arte: musica, quadri, cibo. Non un ristorante. Noi ospitiamo un arrivo alla volta, che sia un gruppo di diverse persone o che sia una. In realtà chi entra qui trova un’esperienza non un agriturismo, non una mostra di opere. Trova un momento tutto suo. Diverso dal momento che può viverci chiunque altro”.

Resta in silenzio un attimo Alessio, poi riprende: “Alcuni sono rimasti stupiti, ci hanno detto che in questo modo il nostro business non sarebbe potuto decollare. Ma lo spirito che sta dietro al nostro progetto è totalmente avulso dal business. Tutto questo mi ha fatto riflettere anche su altro. Prima di venire qui, a Milano lavoravo nel mondo della comunicazione e so benissimo che la comunicazione è una cosa potentissima. Ti rendi conto di quanto siamo plasmati fin da piccoli, strutturati e totalmente incapaci di vedere orizzonti nuovi perché ormai la nostra mente è così obnubilata che non abbiamo neanche la capacità di immaginarci qualcosa di diverso.  Abbiamo quindi un linguaggio ed un modo di pensare uniformati, uguali per tutti.  Liberarsi da questo non è possibile. Ma già capire che è così è un grande passo. Ti rendi conto che, volente o nolente, fai parte di una struttura. Però puoi prenderne atto e provare a muovertici dentro, guardandola da angolazioni diverse. E provare anche a dirlo agli altri che almeno questo è possibile farlo. Soprattutto ai più giovani”.

Saluto Alessio e Valerio, dopo aver fatto una foto insieme davanti alla loro bolla di vetro incastonata nell’arte. Nell’arte delle loro creazioni, che siano quadri, sculture o cibo. Ma anche nell’arte commovente della natura, così perfetta nelle sue imperfezioni e nei suoi contrasti, nella sua tenerezza ed al contempo nella sua violenza a volte cieca. Mi chiudo ad ascoltarmi, ad ascoltare l’effetto che fanno nella mia anima le parole che mi hanno lasciato: Libertà e Inconsueto. Le visualizzo come due sassolini gettati in un lago e lentamente il cerchio di onda che creano si allarga, si espande. Così i miei pensieri, che si ampliano creando associazioni. E, come un insight, mi rendo conto che quello che effettivamente mi ha lasciato questa lunga chiacchierata è la consapevolezza che forse l’unico modo per sentirsi liberi in questo viaggio chiamato Vita è accettare o, meglio, accogliere l’Inconsueto. Abbracciarlo, concederglisi, lasciare che faccia il suo lavoro dentro di noi, lasciare che distrugga le nostre convinzioni, le nostre certezze.

Permettergli di togliere tutto il superfluo per farci entrare nel profondo del nostro essere, aprire uno spiraglio di luce nella nostra ombra ed iniziare sempre cammini nuovi. Solo ora che mi appresto a mettere il punto fine al percorso di questa rubrica mi rendo conto è stato proprio l’Inconsueto ad accendere dentro di me la scintilla per farla partire ormai oltre un anno fa. E sarà sempre l’Inconsueto ad indicarmi il prossimo percorso. Consapevole che, proprio perché Inconsueto, mi arriverà in modo del tutto inatteso, così come inatteso è stato questo mio ultimo mondo parallelo. Inatteso ed al contempo perfetto perché ha chiuso il cerchio delle mie storie con la perfezione del tratto di Giotto. Dimostrandomi ancora una volta che tutto si muove in un unicum senza soluzione di continuità.

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