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venerdì, Novembre 22, 2024

Non è finita fino a quando non è finita: Tomas Ress attraverso le parole di Riccardo Caliani

Domani sera al PalaEstra tornerà a far visita un altro pezzo della storia biancoverde.
Tomas Ress ha giocato con la maglia della Mens Sana sette stagioni. Un’eternità se si pensa ai continui sliding doors del mercato del basket. Una delle colonne su cui si è poggiato il progetto vincente dell’allora Montepaschi Siena.
Abbiamo chiesto all’unico superstite dell’attuale Mens Sana Basketball, Riccardo Caliani, un ricordo a cuore aperto su Tomas Ress.

Eccolo qua:

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Quando sono arrivato alla Mens Sana nel 2008 Tomas Ress c’era già. Era arrivato l’estate precedente, quella del 2007, al secondo anno del nuovo corso dell’allora Montepaschi Siena di Simone Pianigiani. Era uno dei pochi italiani con un ruolo importante in quella squadra infarcita di grandi campioni provenienti da varie parti del mondo. E forse anche per questo, Tomas e Marco Carraretto sono stati i due giocatori con cui fin da subito siamo entrati maggiormente in confidenza.
L’importanza di Ress, Carraretto, al pari di altri giocatori che magari non occupavano tutti i giorni le copertine dei giornali, è secondo me stata fondamentale al pari delle stelle più luminose che hanno illuminato il firmamento di viale Sclavo tra il 2002 ed il 2014.
Ma se mi chiedete aneddoti o ricordi più vivi nella mia mente, chiaramente bisogna fare un bel salto in avanti, alla stagione 2013/14, quella del #somethingdifferent. Tomas Ress era il capitano di quella squadra, “fascia” ereditata proprio da Marco Carreretto ed io il Team Manager, in un’estate dove era cambiato molto se non tutto. Tomas e Daniel Hackett furono coloro che più degli altri aiutarono lo staff (e quindi anche il sottoscritto) ad inserire e spiegare certe cose ai nuovi, specialmente agli stranieri, forse anche grazie alla loro esperienza di College che li rendeva più “friendly” con i ragazzi americani.
Tomas in particolare interpretò alla grande il ruolo di capitano, mostrandosi leader sia in campo che fuori. Guidando con l’esempio prima che con le parole.

Ho in mente due aneddoti importanti: il primo è quello sulla bocca di tutti. Il famoso “Cuore e palle…” Eravamo a Sassari, poco prima di Natale. Una partita difficilissima, la prima senza Daniel Hackett che ci aveva salutati pochi giorni prima. Vinciamo mostrando grande solidità e soprattutto dimostrando a noi stessi prima che agli altri, che eravamo ancora vivi, nonostante la partenza del giocatore più importante della squadra. A fine partita, entro in spogliatoio per chiamare due giocatori per andare all’antidoping e proprio in quel momento sento le parole di Tomas, “Cuore e palle…non importa chi c’è o non c’è. La Mens Sana siamo noi. Punto e basta.” Mi ricordo quel momento come se fosse accaduto ieri. Mi scese una lacrimuccia, prima di venire travolto da dall’esultanza di tutti e dalle male parole del medico dell’antidoping, che mi intimava di sbrigarmi a portare i ragazzi nel suo ambulatorio.

L’altro aneddoto invece, risale a gara 5 di Finale Scudetto a Milano. Dopo essere stati sotto 2-0 nella serie, l’avevamo pareggiata con le due sfide in casa. Andiamo a Milano e giocando una partita spettacolare portiamo via il punto del 2-3 al Forum. A molti di noi (anche a me…) era balenata in testa quell’IDEA, quel MIRACOLO, di poter chiudere la serie in casa. In campo anche i ragazzi si lasciarono sfuggire qualche sorriso di troppo. Ci radunammo a centrocampo per l’huddle e il capitano mise in chiaro alcune cose: ”Ragazzi, il lavoro non è ancora finito. Non è tempo di festeggiare. Tra due giorni dobbiamo fare un’altra impresa. Adesso tutti qua, facciamo l’urlo e poi dritti in spogliatoio…”
Fu una bella doccia fredda. Ci riportò bruscamente sulla terra, ma purtroppo Tomas aveva ragione. E tutti sappiamo com’è andata a finire. Quel momento mi torna in mente spesso. Non è finita fino a quando non è finita…

L’ultimissimo invece è extracampo. Finisce la stagione. E finisce la storia della Mens Sana Basket. Facciamo una cena in Piazza del Campo. Con il groppo in gola ci facciamo un’ultima foto. È questa qui. Quando la parola “Fine” era già comparsa da tempo…

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