La logistica, dalla preparazione delle merci al trasporto, dalla consegna all’organizzazione e al controllo del ciclo con le moderne tecnologie digitali, è stata in questi anni un settore di crisi, di ristrutturazioni ma anche di sviluppo.
Uno sviluppo quasi sempre senza regole che ha imposto modelli estremamente competitivi e ritmi di lavoro esasperati. E’ stato – complice il lock-down imposto dalla pandemia – uno dei pochi settori che ha offerto occasioni di “nuovo lavoro” sia nella versione regolare che irregolare. Ma dove il precariato la fa da padrone.
Un settore ampiamente deregolato come dimostrano le vicende dei fattorini-riders e con logiche da Far West come indicano le ultime vicende di Piacenza, dove si sono alternati nel manifestare gli insegnanti e i lavoratori delle orchestre e dove si registra l’ennesima vittima del lavoro precario con la disgrazia occorsa a una bracciante albanese di 26 anni con un irrigatore.
E’ un settore dove paradossalmente si possono leggere le contraddizioni del mondo moderno: il massimo della tecnologia disponibile quanto a tracciabilità, comunicazione e controlli a disposizione positivamente del cittadino-consumatore, e contemporaneamente costringe il cittadino-lavoratore dentro un lavoro competitivo e cottimizzato; un recinto di sfruttamento e un modello di relazioni dove ci sono tutti i segni di una guerra tra poveri.
Quando modernità e arretratezza, camminano – succede quasi sempre – di pari passo, ma è la seconda a sostenere la prima, anche dal punto di vista della creazione del valore, qualcosa non funziona. E prima o poi le contraddizioni saranno evidenti anche per chi non vuole vederle.
(Nella foto – Un’immagine Amazon che illustra policy dipendenti)