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martedì, Aprile 1, 2025

Calcio, il Senato approva in commissione una riforma senza sprint

Interrogativi su reale partecipazione dei tifosi, indebitamento dei club e sponsorizzazioni delle scommesse. L’opinione di Supporters in Campo

L’approvazione della risoluzione della VII Commissione Cultura del Senato sulle prospettive di riforma del calcio italiano ha riacceso il dibattito sul futuro di questo sport nel paese. La proposta, che si articola su tre pilastri fondamentali – potenziamento del calcio giovanile e professionistico, riduzione dell’indebitamento dei club e rinnovamento dell’impiantistica sportiva – mira a rilanciare un settore in crisi, ma solleva anche interrogativi importanti sul ruolo dei tifosi e sulla gestione delle società.

C’è un’aria pesante che aleggia sul calcio italiano, una sensazione di declino che va ben oltre i risultati sportivi. Le società, schiacciate dai debiti e con stadi che sembrano reliquie di un’altra epoca, faticano a tenere il passo con le potenze europee. E questa difficoltà si riflette inevitabilmente sulla Nazionale, che fatica a trovare nuovi talenti e a riconquistare il cuore dei tifosi.

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Uno degli aspetti più controversi della risoluzione riguarda il coinvolgimento dei tifosi nella governance delle società calcistiche. Sebbene il documento non affronti direttamente questo tema, la questione è stata oggetto di discussione in diverse occasioni. In particolare, la rete Supporters in Campo (SinC), che raccoglie numerose associazioni di tifosi, promuove da anni la partecipazione attiva dei sostenitori nella gestione delle società. La proposta di creare un organo consultivo composto da tifosi, che risale al 2019, è stata più volte rinviata e nel 2024 è stato presentato un emendamento per abrogarla.

Nonostante queste difficoltà, il Ministro dello Sport Andrea Abodi ha riconosciuto nel 2023 la mancanza di coinvolgimento dei tifosi nel calcio italiano, sottolineando la necessità di un cambiamento culturale, con possibili incentivi fiscali per favorire una maggiore partecipazione.

Abbiamo chiesto un commento in merito agli amici di SinC. che ci hanno detto: ”Finora il coinvolgimento dei tifosi è rimasto solo un bello spot purtroppo, nella nostra esperienza diretta lo abbiamo sempre sentito declamare senza che poi ci fosse nulla di concreto. Abbiamo sicuramente apprezzato il fatto che se ne parlasse  a livello istituzionale ma, nonostante l’impegno della nostra rete, tutti i suggerimenti sono caduti nel vuoto. Non abbiamo mai nascosto le nostre perplessità nel metodo con il quale si sono abbozzati provvedimenti che al momento sono rinviati o affossati nelle commissioni. E dal metodo sbagliato anche nel merito si è andati per strade che non danno risposte valide per affrontare la questione. Crediamo fermamente che sia fondamentale un percorso di confronto prima di giungere a delle proposte, invece finora abbiamo assistito a testi calati dall’alto senza che si avesse una vera cognizione di ciò di cui si discute. In altri Paesi, oltretutto, la politica ha solo fornito un quadro di indirizzo senza vincolare troppo il possibile sviluppo di forme di dialogo e collaborazione che comprendessero anche le rappresentative dei tifosi. Il coinvolgimento attivo e costruttivo dei tifosi può aiutare in molti ambiti lo sport, si continua però a ignorare ogni suo aspetto positivo, se il calcio italiano continua a vivere alla giornata, senza una visione d’insieme e sul lungo periodo, il risultato sarà sempre la ricerca affannosa di risorse per rincorrere la più vicina delle scadenze. Dal nostro lato abbiamo sempre dato disponibilità a dare un contributo ma è altresì evidente che non c’è  ancora la giusta sensibilità ai temi che solleviamo, manca cultura e consapevolezza dell’impatto che possono avere i tifosi se correttamente coinvolti nei processi decisionali, e se non si investe su questi aspetti non serviranno a nulla pseudo-commissioni, utili solo come spot effimeri”.

Ma non è solo una questione di bilanci e classifiche. C’è anche un vuoto sugli spalti, un allontanamento progressivo del pubblico. I costi dei biglietti, la violenza che a volte offusca lo spettacolo, gli orari delle partite che sembrano pensati per chi non ha una vita al di fuori del calcio: tutto contribuisce a creare un’atmosfera grigia, lontana dall’entusiasmo di un tempo. E le nuove generazioni, abituate a un intrattenimento veloce e vario, sembrano guardare altrove, disinteressate a un gioco che non sa più emozionare.

Un altro punto critico della risoluzione è la proposta di eliminare il divieto di sponsorizzazioni da parte delle società di scommesse. Questa misura, volta ad aumentare le entrate dei club, ha suscitato forti polemiche per i rischi legati alla ludopatia e alle possibili implicazioni etiche. La decisione di rimuovere tale divieto ha sollevato preoccupazioni tra i sostenitori di un calcio più etico, i quali temono che l’influenza delle scommesse possa compromettere la serenità e l’integrità del gioco.

In questo quadro, il ruolo della televisione è diventato sempre più centrale, e controverso. I diritti televisivi sono una fonte di guadagno fondamentale per le società, ma hanno anche portato a una dipendenza che snatura l’essenza del calcio. Gli orari delle partite, spesso dettati dalle esigenze televisive, allontanano i tifosi dagli stadi, e la frammentazione dell’offerta rende difficile seguire la propria squadra del cuore. Il calcio, insomma, rischia di diventare un prodotto televisivo, perdendo quella dimensione popolare e coinvolgente che lo ha reso così amato.

La risoluzione ha anche sollevato critiche da altri settori sportivi, come la pallavolo femminile, che lamentano una disparità di trattamento rispetto al calcio. Mentre il calcio continua a godere di un supporto e di una visibilità mediatici senza pari, altri sport vedono in questa riforma un’ulteriore marginalizzazione delle loro necessità e richieste di supporto finanziario.

Per quanto riguarda l’impiantistica sportiva, la risoluzione non specifica dettagli operativi o finanziamenti diretti destinati ai comuni per l’adeguamento degli stadi. Piuttosto, enfatizza l’importanza di attrarre capitali privati e di semplificare le procedure burocratiche per rendere più agevole l’investimento in infrastrutture sportive. Questo approccio mira a favorire un maggiore coinvolgimento del settore privato, con l’obiettivo di velocizzare i processi di costruzione e ristrutturazione degli impianti.

La crisi del calcio italiano è una matassa intricata, difficile da sbrogliare. Richiede interventi urgenti e coraggiosi, investimenti lungimiranti nei settori giovanili, una gestione finanziaria più oculata, stadi moderni e accoglienti. Ma soprattutto, richiede un cambio di mentalità, una riscoperta dei valori autentici dello sport, la capacità di tornare a far sognare i tifosi. Perché il calcio, in fondo, è questo: un sogno collettivo, una passione che unisce, un’emozione che non ha eguali. E l’Italia, con la sua storia e la sua tradizione, non può permettersi di rinunciarvi.

In sintesi, la risoluzione della VII Commissione rappresenta un tentativo di riforma del calcio italiano, ma il dibattito è ancora aperto. Il coinvolgimento dei tifosi, la gestione finanziaria dei club e l’impatto delle sponsorizzazioni delle scommesse sono questioni che richiedono un’attenta riflessione e un confronto costruttivo tra tutte le parti interessate.

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