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domenica, Novembre 24, 2024

Come funziona la composizione negoziata delle crisi d’azienda

Riceviamo e pubblichiamo il testo intitolato “I nuovi strumenti per favorire le ristrutturazioni aziendali o le liquidazioni delle imprese in crisi” firmato da Stefano Coen, partner dello Studio Legale Coen di Roma. Questo testo è un’anticipazione del numero di febbraio di Leasing Magazine.

È noto a tutti come i due anni già trascorsi dall’inizio della pandemia abbiano messo a durissima prova la maggior parte dei settori dell’economia nazionale, costringendo gli imprenditori a compiere sforzi inenarrabili per garantirsi la sopravvivenza, peraltro non sempre – purtroppo – risultati vincenti.

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Il perdurare di tale situazione, di cui sembra impossibile per il momento valutarne la durata, ha indotto il Legislatore a rivedere, significativamente, gli obiettivi e gli strumenti da mettere a disposizione dell’imprenditore che versi «in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza», per favorire il risanamento dell’impresa, ovvero accelerarne e semplificarne la liquidazione.

A settembre dello scorso anno sarebbe dovuto entrare in vigore il Codice della crisi e dell’insolvenza, redatto per sostituire la risalente (1942) Legge Fallimentare; ne è stata invece differita l’operatività al prossimo mese di maggio, preferendosi introdurre due nuovi istituti, quello della “Composizione negoziata della crisi” e l’altro del “Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio”.

È quanto accaduto con il Decreto Legge n. 118/2021, convertito dalla Legge n. 147/2021, che – a ben vedere – ha operato una vera e propria inversione di tendenza rispetto ai criteri ispiratori dell’emanando Codice della crisi e degli altri istituti allo stesso riconducibili. Mentre infatti questi erano incentrati su meccanismi di “emersione automatica” delle situazioni di crisi aziendale che, in caso di mancato accordo tra l’imprenditore ed i suoi creditori, dovevano sfociare necessariamente in una procedura concorsuale e quindi, in molti casi, nel fallimento, il nuovo strumento della “composizione negoziata” presenta prerogative assai diverse atteso che:

  • può essere attivato solo dall’imprenditore;
  • in caso di esito negativo delle trattative con il ceto creditorio, non comporta alcuna segnalazione automatica al Tribunale;
  • è gestito da un soggetto terzo, indipendente e specializzato – l’Esperto – che viene scelto dalla Camera di Commercio fra avvocati, dottori commercialisti e consulenti del lavoro iscritti in appositi elenchi, su istanza dell’imprenditore.

Il ruolo istituzionale dell’Esperto è quello di facilitare le parti nel raggiungimento di un accordo che consenta il superamento dello stato di crisi, o anche di “insolvenza reversibile”, nella prospettiva della tutela della continuità aziendale. Durante le trattative, l’imprenditore mantiene la gestione ordinaria e straordinaria dell’azienda, e può richiedere l’adozione di “misure di protezione”, volte ad impedire l’avvio o la prosecuzione di azioni esecutive in danno dell’azienda.

L’attività dell’esperto è regolata dalla normativa di settore (D.M. Giustizia 28.9.2021) che fissa:

  • le informazioni e i documenti che l’imprenditore deve fornire per poter presentare la domanda di avvio della procedura di composizione negoziata;
  • le verifiche che l’esperto dovrà eseguire, a garanzia della veridicità e fattibilità della proposta di ristrutturazione avanzata dall’imprenditore in crisi;
  • il livello della crisi / insolvenza non irreversibile in cui versa l’imprenditore, al fine di poter determinare il grado di intervento e l’entità della “discontinuità aziendale” che sarà richiesta all’imprenditore per il superamento dello squilibrio patrimoniale o economico-finanziario verificatosi.

Il fatto che le attività dell’Esperto siano così predefinite, contribuisce a rafforzare la fiducia del ceto creditorio nella veridicità ed esaustività dei dati e documenti posti dall’imprenditore a base del piano di risanamento, facilitando così il buon esito delle trattative.

La procedura di composizione negoziata può durare, al massimo, 180 giorni dal momento in cui l’Esperto avrà accettato l’incarico. In caso di esito positivo delle trattative, l’imprenditore formalizza l’accordo con i creditori, ferma la possibilità – ove sia lui stesso a preferirlo – di optare per uno degli altri strumenti di composizione della crisi previsti dalla Legge Fallimentare (piano attestato, accordo di ristrutturazione ex art 182 bis L.F., concordato preventivo).

Per facilitare il raggiungimento della composizione negoziata, il legislatore ha previsto diversi vantaggi per l’imprenditore, che possono così riassumersi:

  • la possibilità di modificare il contenuto dei contratti di durata che siano divenuti troppo onerosi per effetto del Covid;
  • la prededucibilità dei finanziamenti erogati dai soci in funzione del piano di risanamento;
  • l’estensione dell’efficacia degli accordi raggiunti anche nei confronti dei creditori non aderenti / dissenzienti;
  • la dimezzazione degli interessi e delle sanzioni fiscali nel caso in cui l’imprenditore raggiunga un accordo in seno alla composizione negoziata.

Qualora all’esito delle trattative, nonostante gli sforzi profusi dalle parti con l’ausilio dell’Esperto, non si sia raggiunto un accordo con il ceto creditorio, è concesso all’imprenditore un ulteriore strumento, tanto innovativo, quanto appetibile: il Concordato liquidatorio semplificato.

Si tratta della facoltà, concessa all’imprenditore, di richiedere al Tribunale la nomina di un Ausiliario il quale dovrà esprimere un parere circa la fattibilità del piano liquidatorio proposto dall’imprenditore. Il Piano liquidatorio, corredato del parere dell’Esperto che ha seguito l’infruttuosa negoziazione assistita, e di quello dell’Ausiliario, andrà quindi comunicato a tutti i creditori e, all’esito, il Tribunale provvederà ad omologare la domanda di concordato liquidatorio semplificato, nominando un Liquidatore che darà corso alla sua esecuzione.

Le differenze, rispetto all’ordinario concordato preventivo liquidatorio sono evidenti:

  • non è prevista la soglia minima di soddisfazione dei creditori chirografari (20%);
  • non è obbligatorio l’incremento del patrimonio, mediante l’apporto di nuova finanza (per il 10%);
  • non è prevista alcuna votazione da parte dei creditori;
  • non è necessaria alcuna attestazione del Piano Liquidatorio.

Ai creditori è riconosciuta soltanto la facoltà di proporre, dinanzi al Tribunale, opposizione all’omologa del concordato liquidatorio semplificato. In sostanza, il nuovo concordato liquidatorio semplificato consiste in una cessione dei beni aziendali, che vengono affidati all’Ausiliario prima, e al Liquidatore poi, che procede alla loro vendita, eventualmente ricorrendo a procedure competitive, senza però mai dover coinvolgere i creditori.

Da ultimo, la legge n. 233 del 29.12.2021 ha previsto che l’Agenzia delle Entrate e l’INPS provvedano a segnalare al solo imprenditore e, ove esistente, all’organo di controllo della Società debitrice, la sussistenza di un’esposizione debitoria nei confronti dell’Erario o dell’Ente Previdenziale, sollecitando l’avvio (pur sempre volontario) del percorso di composizione negoziata.

Volendo a questo punto trarre delle conclusioni, ciò che attribuisce un notevole appeal alla recentissima normativa che abbiamo raccontato, sta nel fatto – determinante – che l’imprenditore in crisi che sia ricorso alla procedura di composizione negoziata e, in caso di suo esito negativo, al concordato liquidatorio semplificato, non potrà essere assoggetto a fallimento, con tutto ciò che ne consegue, primo fra tutti la non contestabilità della bancarotta e degli altri reati fallimentari.

Non ci sorprenderemmo allora se, a fronte di tanta portata innovativa (ai limiti dello stravolgente), sopravvenisse – anche a breve termine – un nuovo intervento del Legislatore che correggesse in qualche modo la rotta, restituendo più spazio al Tribunale, ridimensionando i vantaggi oggi attribuiti all’imprenditore in difficoltà.

Quest’ultima considerazione porta dunque a suggerire agli imprenditori in crisi di vincere la comprensibile ritrosia e le fisiologiche resistenze, e decidere di accedere senza indugio alla Composizione negoziata della crisi, prima che il paventato cambiamento di rotta faccia nuovamente profilare all’orizzonte l’ombra inesorabile del Fallimento.

Stefano Coen

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