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giovedì, Aprile 25, 2024

Imparare dalla bellezza

Quest’anno, per motivi di lavoro, ho dovuto rimettermi a studiare Ambrogio Lorenzetti e quello che, nella mia memoria, era noto come il ciclo di affreschi del buono e del cattivo governo.

Ringrazio la Professoressa Mariella Carlotti per una meravigliosa lezione in cui chiarisce, con linguaggio semplice e diretto, la potenza di un messaggio che il Governo della città aveva chiarissimo nel lontano 1338 e che varrebbe la pena recuperare.

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Prima di tutto, la definizione buono e cattivo governo è settecentesca e presuppone un giudizio, una presa di posizione, che non esisteva ai tempi dei contemporanei di Ambrogio: all’epoca, infatti, il ciclo era noto sotto il nome di affreschi del bene comune. Il suo obiettivo era mostrare, ad una cittadinanza priva di cultura, come si svolgesse la vita in una città ben governata.

Già il Costituto senese (1309-1310) aveva dichiarato esplicitamente: “intra li studii et solicitudini e’ quali procurare si debiano per coloro, e’ quali ànno ad intendere al governamento de la città, è quello massimamente che s’intenda a la belleza della città, perché la città dev’essere onorevolmente dotata et guernita, tanto per cagione di diletto et allegreza ai forestieri quanto per onore, prosperità et acrescimento de la città et de’ cittadini di Siena”. Chi governa, già secondo gli estensori del Costituto, aveva il dovere di occuparsi del patrimonio culturale e, più ancora, il benessere dei cittadini coincide con la bellezza della città secondo il governo dei Nove .

La bellezza era, ed è, sia quella del patrimonio naturale e costruito che quella della cultura che una città sa esprimere, valorizzare e proteggere.

Quando dovetti scegliere l’argomento della mia tesi di laurea in architettura, scelsi un tema di progettazione urbana: come riqualificare un intero quartiere, oggi interdetto al pubblico, e offrirlo di nuovo alla comunità attraverso una riconversione che permettese di ospitare attività pubbliche o di valore collettivo.

All’epoca immaginammo un centro polifunzionale (appellativo molto usato quando ti trovavi nel dubbio di definire l’uso dell’edificio o del sistema di edifici che ti era stato chiesto di progettare), in cui trovarono spazio studentati e aule didattiche, un villaggio sportivo (il collega che lavorava con me alla tesi e io eravamo entrambi nuotatori appassionati) e infine un auditorium. Non riuscivamo a spiegarci perchè in una città piccola ma dotata di tre eccellenze sul piano musicale, riconosciute, apprezzate e frequentate da persone provenienti da tutto il mondo, non si fosse valutato di realizzare uno spazio adatto a godere dell’esperienza della musica, sia per chi la suona che per chi la ascolta. Non spazi ricavati in altre strutture, adattati alle nuove esigenze, ma uno spazio originale, progettato da un grande architetto (anche il turismo d’architettura costituisce ormai un forte richiamo per gli appassionati) o da un giovane emergente, rifuggendo dalle logiche lottizzanti ma nella direzione di un interesse superiore, se non supremo.

E’ stato l’ultimo progetto che abbia mai redatto in cui dominasse la visione della città, la proiezione della sua forma nel futuro: dopo, come tanti altri colleghi, sono passata a far quadrare le normative e i budget, gli interessi del committente e le richieste dell’amministrazione.

Ma mi è rimasto il dubbio: davvero non possiamo ripartire da quanto di bello, positivo e di valore questa città sa ancora offrire? 

Se vorrete ascoltare le lezioni della Prof.ssa Carlotti potrete trovarle qui:

Prof.ssa Mariella Carlotti – Convegno “Il Buon Governo e il bene comune”

Gli affreschi del bene comune – Mariella Carlotti

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