Nuova rubrica di Chiara Bennati che si propone, assieme a Olga Giordano, di far parlare le pietre
Un tempo c’era Paolo Maccherini, fine notista, direttore de il Campo, corrispondente Rai che quando si concedeva al “cazzeggio” finiva per fare servizi molto intellettuali e preparati. Da Ermete Trismegisto in poi fece delle così dette “interviste impossibili” che ancora oggi meriterebbe ripubblicare. Anni dopo, mi provai con la regia di Alberto Cornice a intervistare anch’io qualcuno di “obsoleto” per Siena Amica. Si chiamava Duccio di Buoninsegna, un personaggio facile da far prorompere, l’unico il cui altare maggiore, quando eroso, non è stato trasformato in legna da ardere, l’unico ad aver firmato la sua magna opera “sii grande per Duccio che ti ha fatto così bene”. Ora c’è Chiara Bennati, persona che merita tutta la nostra fiducia che ha deciso di far parlare le pietre… Comincerà presto con il Castello di Carini, teatro di un truce assassinio e successivamente dimora di un fantasma. Chiangi Palermu… Ma intanto ascoltiamo da Chiara stessa il perché dell’idea di questa rubrica e cosa c’entrano Medea e la dottoressa Olga Giordano (dr)
E’ stata qualche settimana fa che l’idea è arrivata. Stavo passeggiando con il mio cane. Medea. Mi piace molto andare “a zonzo” per la mia città, guinzaglio alla mano e cuffie con musica sparata nelle orecchie.
Cammino a volte anche per ore senza neppure accorgermi di farlo. Passo da vicoli stretti, nascosti ai gruppi di turisti, inebriata dal profumo del bucato appena steso, da più o meno grandi fazzoletti di terra, in questo periodo ricoperti di margherite bianche ed altri fiori, per poi ributtarmi nella folla della gente per le strade principali.
Cammino e, complice la musica che mi distacca dai rumori dell’esterno, il mio vagare è anche e soprattutto un percorso dell’anima. I pensieri scorrono fluidi, susseguendosi come capriole nella mia testa ed anche le emozioni si alternano, passando dalla nostalgia dei giochi di bambina quando attraverso i posti che un tempo erano il teatro delle mie giornate incantate, alla commozione quando mi incanto ad osservare le figure della facciata del duomo che brillano sotto il sole.
Ed è stato proprio in uno di questi momenti che, come dicevo all’inizio, è arrivata l’idea di questa rubrica. Ero in Piazza del Campo, seduta a riposare qualche minuto sugli scalini di Fonte Gaia, di fronte alla Torre del Mangia, a quella Torre che da bambina avevo trasformato in un cavaliere austero e misterioso avvolto nella sua armatura impenetrabile che si svegliava solo due volte all’anno in occasione del Palio per lanciare il suo grido di guerra.
E lì, immaginandomi che questa torre, queste pietre sulle quali ero seduta, questi palazzi che mi abbracciavano tutto intorno potessero improvvisamente destarsi dall’immobilismo del silenzio a cui erano condannati e potessero parlarmi di loro, di quello che avevano vissuto, delle storie che avevano visto nascere, vivere e morire, ho pensato che questa poteva essere l’idea che avrebbe potuto dare vita ad un’altra rubrica. Ora che, in qualche modo, mi sentivo un po’ orfana di “Mondo Parallelo”.
Così è nata l’idea di “…e se i luoghi parlassero”. Ho pensato che ci potevano essere tante storie che chiedevano solo di essere raccontate, storie più o meno note. Ho pensato che Siena e l’Italia tutta erano piene di luoghi particolari, intrisi di un’energia densa, fatta di un vissuto di persone vere che, pur non essendoci più fisicamente, avevano lasciata impressa forte la loro orma. Ho pensato che poteva essere emozionante provare a dare parole a queste orme disseminate un po’ ovunque intorno a noi.
Ed ho pensato che sarebbe stato forse ancora più interessante alternare storie di luoghi vicini a storie di luoghi geograficamente più lontani, stimolando magari la voglia di andare a visitarli dal vivo.
In questo, però, mi sentivo piuttosto impreparata. Così ho pensato di portare avanti questa rubrica “a quattro mani”, insieme ad un’altra persona che so conoscere molto più approfonditamente di me la storia di altri luoghi più distanti.
“…e se i luoghi parlassero” avrà, insieme alla mia, la firma di Olga Giordano, laureata in lettere moderne con sotto indirizzo socio-antropologico. Il nostro intento sarà quello di provare a realizzare metaforicamente una collana di perle preziose, costituite ognuna dalla storia di un luogo particolare.
Proveremo a schiudere la conchiglia delle mura dei luoghi di cui parleremo, e poi ad ascoltare la voce di queste perle, gelosamente custodite nell’immobilismo e nel silenzio di anni, a volte di secoli. Proveremo semplicemente a metterci in ascolto e a trascrivere la voce di queste perle.
Chiara Bennati, in attesa di Olga Giordano