La narrazione diversiva su Banca Monte dei Paschi di Siena SpA

Sulle vicende passate e recenti della Banca stiamo assistendo al più classico degli esempi di narrazione diversiva, ovvero raccontare sciocchezze distogliendo dalla realtà.

Ma siamo convinti davvero che ciò che si dice sul Monte dei Paschi porti vantaggio a qualche forza politica, o invece che non sia un ulteriore danno reputazionale alla città? E davvero si vuole imputare alla Sinistra – solo alla Sinistra, e soprattutto locale – il crollo della banca, ritenendo plausibile tale scenario, laddove invece, le responsabilità e le scelte erano condivise con tutte le forze politiche?

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Anche Letta cade nella trappola e dice qualcosa che molto probabilmente gli è stata suggerita da qualcuno che ha ancora la coscienza sporca. Se infatti avesse detto che qualcuno, non nella città ma nel PD, si era messo in testa manie di protagonismo finanziario, sarebbe stato un inizio di autocritica reale. Avrebbe potuto anche aggiungere che qualcuno a Siena ha abboccato all’amo come un pesciolino, e altri invece erano ben felici di fare l’amo. È questo il motivo più grande del fatto che ancora non si sono fatti i conti con quella storia.

Ma se il PD nazionale aveva questo afflato, anche le altre forze politiche hanno concorso a creare la situazione di crisi. E del resto le decisioni assunte sulla Banca Antonveneta non hanno visto opposizione da parte delle forze del centrodestra sia nel CDA della Banca sia negli organi della Fondazione, mentre a livello nazionale si è prima caldeggiata (eufemismo!) quella scelta e poi osannata, assieme alla così detta stampa specializzata.

Quindi esiste una responsabilità molto, ma molto, condivisa, e tirarsene fuori oggi è assai difficile per tutti. Diciamo le cose come stanno, la bella addormentata, come definivano allora la Banca, era spintonata da tutti per contrarre un matrimonio che avrebbe determinato la sua sopravvivenza, e questo matrimonio avrebbe dovuto risolvere problemi che il sistema bancario complessivamente mostrava.

L’acquisto di Antonveneta avrebbe accontentato le forze di governo della Regione Veneto che spingevano per riappropriarsi di un ruolo attento al territorio della banca. Il ministro competente, assai vicino al governo regionale, avrebbe colto l’obiettivo di far tornare in mano italiana una proprietà che da tempo si era allontanata dai confini nazionali. La Banca d’Italia avrebbe dimostrato che la moral suasion nei confronti del Monte dei Paschi finalmente aveva dato i frutti sperati ed infine, ma infine, la Banca avrebbe accresciuto dimensioni e perimetro come si imponeva all’epoca, con quella teoria del gigantismo che comunque per le banche italiane non avrebbe mai consentito di competere con le principali banche europee, ma avrebbe “razionalizzato” il sistema.

In più si apriva finalmente la possibilità che l’egemonia territoriale senese si incrinasse e si aprisse la possibilità alla scalabilità della Banca, ovvero la fine della anomalia, con fine di tutto quello che ne sarebbe conseguito, come effettivamente è stato.

Del resto tentativi erano stati fatti anche in passato: almeno un paio con la BNL, uno con il Santander che qualcuno ha rimpianto senza considerare che il boccone da digerire non sarebbe stato la banca spagnola ma la più piccola banca italiana, ed erano falliti. Qualcuno solo per un soffio.

Oggi tutti si sono iscritti al partito “io l’avevo detto”, “io lo sapevo”, “io mi sono opposto”, anche quelli che avrebbero dato un braccio per poter sedere nei CDA al posto di loro colleghi di partito e che puntualmente, ad ogni giro di nomine speravano, invano, che dai vertici del Centrodestra arrivasse la loro indicazione.

Pochi, ma davvero pochi erano in grado di opporsi ad una operazione che si è svolta come un blitz, senza le cautele di un oculato acquirente, ma con il beneplacito e la spinta delle autorità monetarie, a meno che qualcuno non creda alla favola dello “io non sapevo”.

Strategicamente era l’unica operazione possibile rimasta per sfuggire alla pressione asfissiante che Tesoro, Banca D’Italia e mercati, nonché forze politiche, non solo il PD, esercitavano sull’immobile Monte dei Paschi di Siena. Andate a rileggervi la rassegna stampa di quell’anno, e fate i vostri conti.

La narrazione diversiva in realtà ieri, e oggi soprattutto, nasconde la volontà di non andare a mettere il naso su chi aveva le conoscenze, il potere e il dovere di fermare l’operazione, o quanto meno di non provocare un danno alla banca acquirente, in quanto parte fondamentale del sistema bancario italiano, una di quelle banche, per intenderci, che spesso era stata usata per collocare il debito pubblico dello Stato Italiano e che rispondeva sempre sull’attenti alle aste dei BOT, tanto da averne alla fine un portafoglio strapieno.

Ricordate l’andamento del titolo MPS in concomitanza con il vorticoso aumento dello spread? Ministro del Tesoro come soggetto che autorizza l’indebitamento della sprovveduta Fondazione, Banca d’Italia e perfino Consob hanno avuto un ruolo  determinante. Non nascondiamoci. E la politica responsabile è fatta da tutti i partiti nessuno escluso.

Così come oggi, per proiettarci nel presente, riesce difficile capire perché e come dal 2012 in poi, tutte le risorse impiegate nella Banca, gli aumenti di capitale, i tagli al personale e alla struttura operativa, le dismissioni e gli accorpamenti, alcuni perfino ingiustificati e ingiustificabili se non a scopo punitivo verso la città, non siano riusciti a risollevarne le sorti. Qualcuno ce lo dirà, magari qualcuno di quelli che dentro e fuori la Banca, stendevano tappeti rossi ai nuovi lanzichenecchi?

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