Riceviamo e volentieri pubblichiamo un’anticipazione del numero di novembre di Leasing Magazine intitolato “C’era una volta la banca”. L’autore è Giuseppe Cervelli, Executive Advisory e Partner Rete Life Banker.
C’era una volta la banca, o meglio c’erano una volta il direttore e gli impiegati di banca… Potrei cominciare con questa vena romantica la mia riflessione. Certo molti di noi ricorderanno il rapporto di confidenza, spesso di intimità, che si creava tra cliente e banca fino ad una ventina di anni fa. Poi questo rapporto si è andato man mano incrinando per molteplici cause che non è facile spiegare.
Anzi siamo arrivati a ribaltare completamente questo approccio fino ai giorni nostri dove la Banca è diventata quasi un nemico dal quale guardarsi con molta attenzione. Costi elevati, investimenti che non hanno dato i risultati sperati, spersonalizzazione derivante dall’avvento dell’epoca digitale, sono solo alcune delle cause che hanno minato profondamente il rapporto Banca-Cliente.
A questo possiamo aggiungere la spallata finale delle aggregazioni bancarie degli ultimi anni, con l’ampio turnover di personale che ha fatto definitivamente perdere i punti di riferimento.
Dove voglio arrivare? Credo si debba recuperare questo rapporto di fiducia che possa accompagnare il cliente nelle scelte finanziarie e non solo, che caratterizzano i momenti più importanti della propria vita. Ecco perché, secondo il mio parere, deve essere sempre più valorizzata la figura del Consulente Finanziario.
Tale figura opera con mandato di una Banca tradizionale o di una Banca rete ma ha la possibilità, se si instaura un rapporto di reciproca fiducia, di seguire il cliente per un periodo indeterminato senza soluzione di continuità. Tutto ciò nell’interesse di entrambi.
Non più prodotti da collocare ai clienti ma soluzioni da condividere insieme. Per questo motivo si sta evolvendo la figura del consulente finanziario che deve diventare sempre più un consulente patrimoniale.
È determinante riuscire a far crescere il rapporto portandolo verso una tutela patrimoniale a tutto tondo. Per questo motivo un consulente “preparato” potrà assistere il cliente e tutto il suo nucleo familiare nelle scelte importanti. Investire i propri risparmi nella maniera più adeguata, ma anche studiare forme di risparmio che consentano di accumulare gradualmente nuove disponibilità per il futuro.
Il consulente deve essere il punto di riferimento quando si valuta l’acquisto di un immobile per la propria famiglia, e deve essere accanto al cliente quando si fanno considerazioni di carattere previdenziale e pensionistico. Proteggere il patrimonio con adeguate coperture che permettano di tutelarlo da eventi esterni che ne possano minare l’integrità. Valutare soluzioni di finanziamento adeguate che assistano il cliente imprenditore per lo sviluppo della propria azienda.
Si potrebbe obiettare che tutto questo è ormai nell’attività “core” delle banche e delle reti di consulenti finanziari. Infatti dobbiamo andare oltre, si deve evolvere la figura del consulente finanziario verso quella più completa del consulente patrimoniale.
Una figura che si occupi anche di attivare le soluzioni più adeguate nella fase più importante della vita del cliente: la gestione del passaggio generazionale.
Qui si apre letteralmente un mondo. Il consulente deve condividere con il suo cliente le scelte che dovranno essere poste in essere perché tutto ciò avvenga secondo quanto nelle sue volontà. E non mi riferisco soltanto al patrimonio finanziario. Sto pensando al patrimonio immobiliare e, se il cliente è un imprenditore, alla sua società.
Senza voler entrare troppo nello specifico (magari potremo trattare questi temi in maniera più approfondita con momenti dedicati), vorrei far riflettere sul termine “comunione ereditaria”.
Di cosa di tratta? La comunione ereditaria si materializza quando scelgo di “non scegliere”. O meglio faccio sì che sia la legge a decidere per me. In mancanza di un testamento i beni vanno agli eredi legittimi secondo quanto stabilito dalla legge. E non sempre questo è foriero di buoni auspici.
Capita, non di rado purtroppo, che fra genitori e figli o tra fratelli, nascano contenziosi per differenti volontà in capo alla gestione dei beni giunti in eredità. Pensate a cosa succede se si eredita un’azienda di famiglia di cui non ci siamo mai occupati, ma della quale, dall’oggi al domani, ci troviamo ad essere comproprietari. Nascono dissidi di governance che possono portare l’azienda a non superare la seconda generazione.
Depauperare un patrimonio che il fondatore ha creato con tanta fatica e impegno, senza pensare ai danni sociali che si compiono. Azienda che chiude, posti di lavoro che si perdono e famiglie che vanno in difficoltà. Secondo studi accreditati, solo il 30% delle aziende italiane resiste alla seconda generazione e meno del 15% alla terza generazione.
Ci sono strumenti che vengono attivati quando si è in vita e che possono determinare la corretta sopravvivenza dell’azienda. Altri che possono gestire il passaggio dei beni mobili ed immobili secondo una corretta divisione che eviti contenziosi e strascichi legali.
Ecco perché diventa fondamentale poter affrontare questi temi con il cliente stimolandolo a ragionare su strumenti quali il patto di famiglia, il trust o le holding familiari. Tali strumenti non sono solo appannaggio di grandi aziende e famiglie importanti, devono essere conosciuti da tutti per poterne valutare l’utilizzo.
In questa fase ci si deve avvalere della consulenza di professionisti validi e preparati quali notai, avvocati e commercialisti. Un team di consulenti che possa creare la soluzione su misura per il cliente. Se si riuscirà a lavorare in questa direzione il ruolo della Banca potrà tornare ad essere quello punto di riferimento imprescindibile per la sfera patrimoniale dei propri clienti.