Ho letto con molta attenzione le riflessioni sul Palio e sulle Contrade di Mauro Marzucchi sul Corriere di Siena, e devo dire che per larga parte sono d’accordo. È infatti innegabile che chi rimane sotto la scure della Giustizia Paliesca tenda a fare previsioni di scenari catastrofici, mentre chi ne beneficia se la gode pensando alle maggiori possibilità di correre, ed è altrettanto innegabile che la Festa ha resistito a passaggi storici di enorme rilevanza, figuriamoci se non saprà sopravvivere alla gestione attuale, anche se forse con qualche ferita in più.
Lo ha fatto nel corso dei secoli, adattandosi e ricostruendo sulle innovazioni, a volte indotte altre volte autonomamente assunte, una nuova tradizione che ha finito per soppiantare la precedente assumendo carattere assolutistico.
Alla fine cosa è tradizione se non una innovazione che si consolida nel tempo?
La capacità di adattamento è stata la ricetta che ha consentito di difendere la Festa, giustissimo, e quindi ci vuole maggiore apertura mentale e onestà intellettuale nel valutare cambiamenti e innovazioni.
Ma, c’è un ma, che pongo come riflessione, non come giudizio si badi bene. Le contrade che descrive Mauro sono davvero ancora così o il naturale processo di osmosi con l’evoluzione della società non ha prodotto e sta producendo una modificazione genetica che corre il rischio di far apparire come retorica la descrizione del nostro mondo?
Alla fine quello scenario percepito e spesso invidiato dall’esterno non risulta in realtà sconfessato proprio dall’atteggiamento utilitaristico descritto nell’apertura del suo intervento, o forse la realtà è che chi cade sotto la scure del giudice si lamenta e gli altri si fregano le mani alla faccia della fratellanza e della comunità?
Ed è una novità o più realisticamente, è stato sempre un po’ così, almeno negli anni? A memoria per ritrovare episodi di solidarietà che hanno prodotto anche momenti di confronto e ribellione bisogna andare molto indietro nel tempo, a difesa di ingerenze esterne.
Ed ancora nell’intervento si fanno riflessioni, appena accennate, relativamente all’eccesso dell’uso di responsabilità oggettiva delle contrade e alla gestione della giustizia paliesca tesa ad eliminare qualsiasi turbativa, non alla Festa, ma a chi dovrebbe gestirla.
Bene, siamo davvero certi che queste e altre modifiche che hanno portato ad equiparare lo svolgimento ella Festa ad una qualsiasi manifestazione di massa sportiva, siano facilmente assorbibili come le “camicie”, i materassi ad alto assorbimento, gli ingressi regolamentati, o non dovrebbero essere invece oggetto di dibattito approfondito specie in vista di una revisione del Regolamento che mi auguro si risolva con chiarimenti interpretativi e non con modifiche che potrebbero risultare inopportune e dannose. Ed infine chi redige i documenti in Comune ha contezza che un eccesso di giustizialismo con relative motivazioni può essere più dannoso dei comportamenti che si intendono sanzionare?
In sintesi ci sarebbero argomenti così corposi ed interessanti da aprire un dibattito serio e davvero trasversale, accantonando quei legittimi interessi di parte che indubbiamente esistono e spesso condizionano, ovvero tanto per rimanere nella retorica, aprire quelle riflessioni che, sempre invocate all’avvento della stagione invernale, poi rimangono nei cassetti e non vanno oltre. E se non se ne parla vuol dire che va bene così, fino alla prossima lamentela, in cui toccherà a qualcun altro lamentarsi ed invocare la tradizione, o meglio la sua percezione della tradizione.
Maurizio Cenni