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martedì, Aprile 23, 2024

Siena spopolata, grandeur o visione corta?

Non voglio entrare in polemica con nessuno ma a volte quando la penna o la tastiera scorrono fluide emergono i pensieri nascosti malgrado si tenti di celarli. Andiamo con ordine.

È verissimo che il costo abitativo diverso tra Siena e comuni contermini ha favorito un processo di uscita di residenti dal capoluogo verso Castelnuovo, Monteriggioni e altri comuni, ma sicuramente questo non è mai dispiaciuto a quei territori che hanno beneficiato dell’urbanizzazione di pregio che ne derivava.

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Sia in termini di aumento di residenti che in termini di possibilità di riqualificazione di aree rurali che erano inutilizzate e inutilizzabili, oltre a rimpinguare bilanci con tributi e tasse e oneri di urbanizzazione.

È assolutamente normale e fisiologico che le funzioni direzionali vengano naturalmente accentrate nei capoluoghi di provincia – non da 50 anni, ma dalla nascita delle medesime funzioni -; è di una banalità agghiacciante che la Direzione Generale della Banca, l’Università, l’Ospedale etc abbiano il proprio fulcro a Siena città e che, per minimizzare diverse tipologie di costo, solo alcune funzioni possano essere decentrate, è ugualmente banale.

Questo avviene qui come nel resto del Paese, ove Ospedali, università etc sono insediati nel capoluogo, ed è altrettanto normale che ogni capoluogo sopporti i costi diretti ed indotti del flusso in entrata quotidiano, dovendo anche dimensionare investimenti infrastrutturali non sui residenti ma sulla propria capacità attrattiva che per Siena vede anche, e speriamo sia sempre così, una forte componente turistica.

Non è una questione di grandeur. E se viene percepita così, si spiega benissimo il perché di tanti fallimenti per coordinare politiche insediative. E’ l’incapacità di accettare ruolo e funzioni di un capoluogo rispetto ad un territorio che, volenti o nolenti, gravita attorno ad esso.

Questo non significa sminuire lo stesso territorio quanto di prendere atto che determinate funzioni possono essere sviluppate e attribuite in modo più efficiente e razionale se, invece che tarare le politiche urbanistiche su un vaso da fiori, si progetta un programma e si realizza un’idea di sviluppo riferita all’intero giardino. E’ meglio.

Non so sinceramente se l’attuale amministrazione sia isolata e refrattaria. E non so nemmeno se intenda porsi il problema. Il punto non è questo, ma di come e dove si articola un dibattito sui temi concreti della città rifuggendo dagli slogan che da anni vengono lanciati senza che abbiano prodotto un bel niente.

E’ da quando avevo molti meno anni e molti più capelli che sento lo slogan “abbattere le rendite di posizione” che, per carità, è pure affascinante ma se non declinato nel concreto non vuol dire un bel niente di niente. Come parlare dello spopolamento del centro storico che ormai nonostante fantasie ricorrenti, è irreversibile.

Si può obiettare che per fare uno SMAS o meglio una progettazione di Area metropolitana non occorre nessun processo di accorpamento. Ed è verissimo. Ma anche qui guardare ai rapporti tra territori replicando una logica rionale non dispone a favore della capacità di immaginare il futuro.

Quanti costi diretti ed indiretti si risparmierebbero se invece che un Comune con un corollario di 5/6 comuni si ragionasse su un unico Comune con circa 100.000 abitanti residenti e con una tipizzazione di funzioni ormai già consolidata?

E non mi si venga a tirare in ballo la perdita di specificità dei luoghi perché questa non dipende assolutamente in nessun luogo del mondo dall’esistenza di confini amministrativi; altrimenti non è identità reale, ma mero artificio dialettico che nasconde la volontà di non fare.

Ed in questo caso non si tratta di Grandeur della città capoluogo ma di supponenza del resto del territorio, o meglio di chi lo amministra, perché il sospetto, ma sia chiaro che solo di sospetto si tratta, è che abbiano sempre prevalso gli interessi degli amministratori rispetto a quelli degli amministrati.

Abbiamo già avuto un sindaco che da grande urbanizzatore del proprio territorio si è convertito sulla via di Damasco, pardon Francigena, con risultati che non definirei brillanti. Anche lui prima parlava di Grandeur, uno è più sufficiente, per carità abbiamo già dato.

(Il Giro a Siena – foto tratta da Siena Comunica Fb)

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