Stefano ci ha lasciato. E di colpo è un flusso di ricordi e di emozioni che tornano in mente. Per me quelli del compagno di banco al Liceo Galilei finché le nostre strade non si separarono per poi riunirsi e quindi allontanarsi definitivamente.
Per noi Stefano Bartalini era il Balu. Più propenso a credere che la cosa avesse a che fare con la possente paciosità dell’orso amico di Mowgli che con il dispregiativo lombardo. Stefano non aveva nulla di gretto, anzi aveva una profondità rara. Mi torna in mente il gruppo della casa comune a Calcinai, giusto sopra Brenna, la sua passione per le soluzioni informatiche d’avanguardia, l’amicizia con Sandro Angeli, uomo dalle mille professioni, anche lui scomparso, il pionierismo dell’autocad, le traversie per fare una coda di stampa per una Calcomp in rete, la casa di via Trieste a San Prospero dove viveva con i protettivi genitori. Gli studi universitari di geologia che non condivisi con lui, l’orgogliosa militanza che l’aveva reso capitano dell’Esercito, il primo incarico a Basciano. E poi il lavoro che ti allontana.
Rivedo a cose avvenute la bella foto di un signore che ha saputo contenere la pinguedine, con una barba curata e un sorriso che conserva le promesse della giovinezza. Lo vedo accanto a un’amata moglie e belle figlie. Viveva a Vico Pisano e finché è riuscito a farlo, ha lavorato per il Circondario Empolese della Provincia di Firenze e Citta Metropolitana poi. Facebook ci restituisce di lui l’immagine di una persona con interessi, affetti e soddisfazioni. Poi l’irreparabile, la sofferenza.
Maria Tamberi, l’attuale moglie, era divenuta in anni recenti il suo punto di equilibrio. Condivido con lei un dolore crescente e mi parla di una testimonianza di Stefano che potrebbe crescere in suo nome, una piccola opera alla portata di tanti nel segno del bello e dell’intrigante che la storia ci ha tramandato.
Maria, grazie per le parole che vorrai esprimerci. Chi era diventato Stefano e cos’altro puoi dirci di lui? E magari quale consiglio di comportamento vuoi suggerire a vecchi amici che come me apprendono in ritardo della scomparsa di Stefano?
“Per me è difficile parlare ora di Stefano, una ferita apertissima. Ho conosciuto Stefano nel 2010, potrei dire un colpo di fulmine; dopo pochissimo vivevamo già insieme. Una vita intensa tra le sue figlie e la passione per l’arte. Un uomo gentile che ha conquistato il cuore di tutti noi e del nostro piccolo paese, ancora di più nella fase avanzata dell’Alzheimer grazie alla sua allegria, gentilezza ed educazione, rimaste intatte. Pian piano mi torna in mente lo Stefano sano che, dimentichi per ovviare al dolore della sua “perdita”, e qui il dolore si fa duro. Ma, come me, pensate all’uomo che era e che ci resterà dentro”.
Regalaci una tua immagine di lui, per favore…
“Ti vorrei parlare di un bell’aspetto di Stefano di cui non faccio spesso menzione. Sai, io lavoro in una casa famiglia per disabili medio gravi, ragazzi fantastici. Poco dopo essersi messi insieme con Stefano, io dovevo partire per Livigno dove si svolgono ogni anno gli Special Olympics, piccole gare sulla neve per disabili di ogni gravità. E Stefano, chiaramente, si accodò contro il mio volere. Quell’anno avevo una ragazza autistica terribile e quindi sapevo che sarebbe stata dura. Pensavo che, a condividere questa esperienza, “questo ora mi lascia”. Non lo volevo con me, ma fu tutto inutile: venne, e menomale! Ci sembrava nato! Un operatore perfetto, attento, generoso e altruista, con tanto di plauso alla fine del viaggio da parte della mia presidente. Amatissimo dai ragazzi da allora è diventato parte della casa famiglia e la casa famiglia lo ha aiutato a lungo nel periodo della malattia in cui io dovevo decidere per una tata che lo accudisse, ma tergiversavo. Così mi permettevano di portarlo con me quando lavoravo”.
Ci hai parlato di una passione che avete condiviso e che ora potrebbe riprendere vigore con l’apporto di energie dedite al nome di Stefano… Spiegaci da dove arriva questo amore per le Pievi romaniche e quanta parte della vostra vita ha preso?
“Le Pievi… un’avventura incredibile. L’amore per esse, entrambi ce lo avevamo già, ma tutto è cambiato grazie a un libriccino che Stefano portò con se nel trasloco a casa mia. “Il Serpente e la Sirena: il sacro e l’enigma nelle Pievi Toscane” di Silvio Bernardini (https://ricerca.gelocal.it/iltirreno/archivio/iltirreno/2008/07/25/LG6PO_LG603.html), che dava indicazioni di pievi da visitare ma soprattutto le cinque più imperdibili. Così incominciò, e da allora ogni volta che potevamo partivamo alla ricerca”.
Ricordando Stefano, di queste pievi doveva essere interessato tanto dall’aspetto che dalla simbologia che ancora mischiava icone sacre a quelle pagane…
“Certo, soprattutto dalle pagane e i contesti in cui le trovavamo. La mia era solo manodopera fotografica. Sai, Duccio, ecco una cosa che si potrebbe fare per ricordare Stefano. Lui ci teneva tanto a questa nostra pagina su Fb di cui lui è stato l’ideatore e per la quale abbiamo spulciato la Toscana in ogni suo sperduto e minuscolo angolo alla ricerca di nuove Pievi Romaniche. Magari per continuare a sensibilizzare e per far conoscere l’opera di Stefano”.
Riassumendo le parole di Maria. Una pagina facebook – https://www.facebook.com/PieviRomanicheDellaToscanaEOltre/ – ha partorito un blog – https://pieviromanichedellatoscanaeoltre.wordpress.com/ – di cui, stante la malattia di Stefano, ha assunto la conduzione Stefano Mori, custode della Pieve di San Pietro a Cedda che fu il primo collaboratore dell’iniziativa. Quindi è il momento di coinvolgerlo…
Stefano, comunque complimenti. Mettendola alla romana è il momento di chiederti “A fra’, che te serve?”. Credo che sarebbero in molti a volerne sapere di più se avete in animo di continuare l’opera di Stefano…
“Sai che io e Stefano ci siamo conosciuti per uno sbaglio? Non ero su Fb prima del 2015; per scelta, da sempre ostico alle tecnologie soprattutto ai social che vedevo – e in parte vedo ancora – come una nuova insidia per la libertà dell’animo umano. Ma da parecchi mesi mi era caduto l’occhio su una pagina alquanto interessante, nata nel 2013, dove apparivano fotografie di pievi romaniche che tanto appassionavano pure me. ‘Pievi Romaniche della Toscana e Oltre’. Perbacco, qualcuno aveva la mia stessa rara passione per quei ‘muri vecchi’, per quelle sculture arcaiche e meravigliose, per quelle atmosfere medievali colme di spiritualità e un poco di mistero. Si trattava di qualcuno che come me, nel tempo libero, girovagava di pieve in pieve, ne mostrava le particolarità, commentava senza pretese, scriveva citazioni sull’argomento. Presi così contatto con quel S.B (‘gestore’ della pagina assieme ad una certa Maria Tamberi) che IGNORANTEMENTE avevo associato al Silvio Bernardini autore di quel libro introvabile dal titolo ‘Il Serpente e la Sirena’. Non avevo quel libro, lo cercavo da anni, ma scioccamente non ero neanche al corrente che l’autore, quel Bernardini non era più tra noi da un bel po’ di anni! Ecco come ho conosciuto Stefano!”
E quando alla fine lo hai incontrato?
“La nostra passione in comune fece sì che si creasse subito al volo un legame; ed eccolo che un sabato mattina arrivò alla chiesa di San Pietro a Cedda, sulle colline di Poggibonsi, dove ero (e sono) custode dal 2006. Parlammo e ci conoscemmo, ma in realtà era come se già ci conoscessimo…. “Hai visto quel capitello? E lì ci sei stato? Questi sono gli orari di quella pieve…” Insomma, una persona davvero affabile, sognatrice come me, dall’aspetto bonario e semplice. Disse che avrebbe pubblicato alcune delle mie foto sulle antiche pievi sulla pagina e che presto sarebbe tornato a Cedda con Maria, la sua compagna, che a Cedda non c’era mai stata. Tornarono, mi portarono in regalo quel libro, ‘Il Serpente e la Sirena’ con una loro dedica per me. Un regalo inaspettato quanto prezioso! Iniziai a mandargli le mie foto per mail, che poi pubblicavano sulla pagina, ma alla fine mi convinsero ad iscrivermi su FB in modo da poter inserirle direttamente da me. Ecco come è nato il tutto. Stefano iniziò poi a lavorare anche al blog, lì oltre alle foto c’era anche lo scritto, un po’ di storia, le sensazioni, la bellezza, stimoli per un turismo meno ‘rumoroso’, ma altrettanto importante. Il gruppo si allargò negli anni ad altri affiatati appassionati. Nel frattempo, i ‘like’ aumentavano, la gente chiedeva informazioni, orari da apertura, commentava, si complimentava. La pagina si è dotata, grazie a Francesco Viti (uno di noi), anche di una mappa dove tante, oltre 600, chiese romaniche toscane sono segnalate”.
E quindi avete iniziato a svolgere una funzione sociale importante…
“La mappa e tutto il resto sono strumenti importantissimi per il ‘cacciatore di pievi’! Poi il primo evento; un’apertura straordinaria di una di queste chiese. Era l’occasione per smuovere la gente che ci seguiva, avvicinarci a loro, conoscerli e soprattutto conoscerci! Ci improvvisammo guide del tutto volontarie, al solo fine di rendere visibile un bene che altrimenti sarebbe rimasto chiuso ai più. Seguirono poi altri eventi, legati anche a presentazioni di libri inerenti al tema del romanico. Insomma, oggi la pagina “Pievi Romaniche della Toscana e Oltre” conta oltre 18.500 followers, ottenuti tutti senza alcun sponsor. L’impronta della pagina, e potrei dire la particolarità, è che nessuno di noi è ricercatore o professore sull’argomento. Abbiamo tutti professioni diverse e ben lontane dalla storia e dall’architettura. Mettiamo una bella foto, un piccolo commento, certe volte scherzoso e lasciamo che la gente la guardi, si esprima, chieda. Notizie storiche e architettoniche si trovano facilmente su internet o nei libri, riportarle a nostro avviso sarebbe un copia/incolla, tra l’altro, spesso riduttivo e forse non sarebbe neppure letto. Solamente ci appassiona la fotografia e il romanico, vogliamo mostrare cose belle della nostra Toscana, incuriosire la gente, e siamo sempre disponibili a dare una mano a studenti e ‘girelloni’, come noi, che spesso ci chiedono informazioni di ogni genere”.
Qual è il vostro fine ultimo?
“Certi beni, come le antiche pievi, si salvaguardano anche rendendoli accessibili e conosciuti al pubblico. Stefano ha involontariamente messo in moto una macchina che tutt’oggi funziona perfettamente e di cui siamo tutti molto contenti. Rispecchia ciò che siamo e porta avanti quel sapore di buono e genuino che c’è nello scoprire le bellezze meno conosciute della nostra regione”.