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giovedì, Aprile 25, 2024

Cinema, il libro di uno spettatore professionista

Strenna di Natale, perché no?, meriterebbe di essere anche “Quando i cinema avevano la coda”. Il nuovo libro di Vincenzo Coli (Nuova Immagine Editrice, 2022, pp. 256).

E’ un romanzo, quindi, oltre Siena, ha dentro una fine e un inizio. Vincenzo che qui intervistiamo ci dirà anche se c’è una morale…

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C’è davvero Vincenzo? Perché il cinema è il filo conduttore della tua esistenza. Laurea con uno studio sui film del Ventennio, seguito dai corsi di divulgazione della cultura cinematografica e tante frequenze con personaggi del grande schermo…

Vincenzo Coli

“Sì, il cinema è stato ed è la mia più grande passione. In gioventù avrei potuto definirmi a buon diritto spettatore professionista: passavo in platea un paio d’ore tutti i giorni, tra pellicole di serie B e capolavori non ne perdevo uno. Poi la visione di un film per me è diventato argomento di studio e, seppure forma di spettacolo quindi fiction, anche una chiave di interpretazione della realtà e della storia. Ho nutrito il mio immaginario con la mitologia di grandi registi e di attori e attrici meravigliosi, ho frequentato mostre del cinema, ho incontrato personaggi come Michelangelo Antonioni, Bernardo Bertolucci, Nanni Loy, Roberto Benigni, Silvano Agosti, Alain Cuny, Liv Tyler. Poi col tempo ho diradato molto, ma la visione di un bel film resta per me un piacere irresistibile, e con questo libro ho voluto raccontare come è nata e si è consolidata una passione, non solo mia ma collettiva, nella Siena tra gli anni ’60 e ’80. Ecco, può essere questa la morale del mio libro, non un insegnamento ma uno spunto per riflettere su come eravamo e come siamo diventati, percorrendo una forma di socialità molto appagante ma oggi in forte crisi. Perché ormai nelle sale si danno appuntamento solo cinefili assai motivati”.

La copertina dell’ultimo libro di Vincenzo Coli

Sette cinema a Siena. Che non erano neanche cinema e basta, perché ospitavano collettivi, assemblee, eventi sociali. Facci provare a elencarli: Odeon e Metropolitan, Impero e Smeraldo (poi Fiamma), Alessandro VII e Pendola per chiudere con il Moderno. Giusto? Non è che hai dimenticato il megaschermo con Super8 che fece presto la sua apparizione nei Circoli Arci che tu frequentavi e dove probabilmente avrai realizzato il tuo incontro con Sergio Micheli che tenderei a battezzare come uno dei tuoi ispiratori. Sbaglio?

Lo scorso 12 dicembre c’è stata la presentazione ufficiale del libro

“Non sbagli. Queste sale sono state per me e per tutti i senesi veri luoghi dell’anima, dove si è formata un’educazione sentimentale. I nostri sogni li abbiamo coltivati lì. Si andava al cinema in compagnia chiassosa o in perfetta intimità, per amicizia o per amore, per divertirsi o commuoversi, e per capire come va il mondo. Era una consuetudine radicata che ha tenuto ben compatta una comunità, e l’ha fatta crescere. E Sergio Micheli, con l’occhio sempre fisso alla cinepresa, i film realizzati e i tanti saggi scritti, è stato un esempio di vero e proprio amore nei confronti di questa forma d’arte, oltre che un amico”.

“Roma città aperta”, 1945, di Roberto Rossellini con Anna Magnani e Aldo Fabrizi
“Rocco e i suoi Fratelli”, 1960, di Luchino Visconti: è la scena vietata a Milano e girata al Lago di Fogliano

Fare un romanzo richiede uno stimolo. Qual è il tuo?

“Ho voluto raccontare, attraverso il cinema e la mia storia personale, abbastanza banale ma arricchita da diversi incontri interessanti, Siena e l’Italia nel passaggio da società contadina a società industriale, in particolare negli anni del boom economico coinciso con il periodo dei grandi capolavori di De Sica, Visconti, Pasolini, Antonioni, Fellini, Rosi, Germi, Bellocchio, Monicelli, Risi, Comencini, Leone. Un’epoca d’oro. Ho cercato anche di spiegare come, a partire dagli anni ’80 con i videoregistratori per arrivare fino oggi con internet, il consumo di cinema sia passato dalle allegre code al botteghino al consumo individuale in salotto, tecnologico ma solitario e in definitiva triste. Poi, sai, uno scrive sì pensando ai lettori ma molto anche per se stesso, per porsi un obiettivo e rafforzare la propria autostima. La scrittura alla fine è una terapia”.

“Fino all’ultimo respiro”, 1960, di Jean-Luc Godard con Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg. Fu film manifesto della nouvelle vague

Senti Vincenzo, dalla tua prospettiva, un giudizio che ritengo importante. Siena come vive il rapporto con il cinema? Con desiderio di grandezza o senza sfuggire alla mediocrità provinciale? Quali prospettive e in conseguenza di quali fatti?

“Nel corso del tempo sono stati girati film molto belli e importanti ambientati in provincia di Siena, nel Chianti e in Valdelsa, in Val di Merse e in Valdorcia, da “Private Angelo” di Peter Ustinov a “La ragazza di Bube”, da “Io ballo da sola” a “Il prato” dei fratelli Taviani, da “Il paziente inglese” a “Nostalghja” di Tarkovskij. Dei pochi film girati a Siena invece non se ne salva praticamente nessuno, perché non hanno resistito alla tentazione di raccontare il Palio, e hanno fatto pasticci: il Palio non si può raccontare. Si vive”.

Buster Keaton, al secolo Joseph Frank Keaton: E’ stato attore, regista e sceneggiatore. In Italia venne ribattezzato Saltarello

Ho avuto occasione di seguire lo sviluppo del Lucania Film Festival, e mi sembra che in pochi anni sia riuscito a spingere anche film di qualità e con importanti successi di botteghino. Ha qualche anno in più il Siena Film Festival, ma qualche risultato in meno. Come potrebbe fare il salto di qualità?

“Non mi permetto di dare consigli, per carità, ma penso che un festival possa sfondare e avere successo se esce da una dimensione generalista e si dà un’identità specialistica: fantascienza, commedia, musical, impegno civile, tematiche femminili… Vedi il cinema dei ragazzi a Giffoni e il cinema fantastico a Sitges in Catalogna. E trovando il modo di attirare la partecipazione dei giovani. Comunque il Siena Film Festival ormai mi sembra si sia guadagnato una buona rinomanza”.

Robert De Niro in “Taxi Driver”, 1976, di Martin Scorsese. Il film vinse la Palma d’Oro e fu candidato a quattro oscar

A livello di amministrazione e istituzioni è sempre forte la convinzione che serva anteporre contratti e codicilli per tutelare e promuovere il territorio come set cinematografico, salvo poi ritrovarsi a discutere della fedeltà di robe come “6 Underground”. Ti convince questa strada o forse il cinema ha bisogno che gli si crei un ambiente?

“Il cinema, lo si veda in sala o nelle piattaforme, è sempre un ottimo spacciatore di immagini promozionali, e certe film commission regionali come quella campana e quella pugliese lavorano benissimo per attirare le case di produzione dalle loro parti. L’importante è non privilegiare l’effetto cartolina ma coniugare in maniera equilibrata buoni prodotti, scritti girati e recitati bene, con le seduzioni ambientali di cui l’Italia è ricchissima”.

Siena anni’40: ingresso al Supercinema, poi divenuto Metropolitan. Solo nel ’52 l’ingresso fu spostato all’attuale civico 17

In queste feste, oltre al tempo di leggere il tuo libro, avrò tempo per tre film. Cosa consigli? Non badare ai miei gusti, vai in termini di assoluta qualità.

“Il corsetto dell’imperatrice” che ridisegna con rispetto l’icona della principessa Sissi. “Cantando sotto la pioggia”, classico restaurato che ci restituisce la magia di Hollywood. “Riunione di famiglia. Non sposate le mie figlie 3”, che ha il difetto di essere un sequel ma è pur sempre una commedia francese, e le commedie francesi hanno il dono razionale tutto cartesiano di non prendere mai nulla sul serio.

Grazie, e a questo punto, se non vuoi aggiungere altro ti auguriamo Buon natale….

“Grazie a te Duccio, e ai lettori un suggerimento: dopo il pranzo di Natale e la tombola non restate a casa, ma uscite e andate al cinema: in compagnia si sogna meglio”.

Nella foto copertina: la sala del cinema Pendola

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