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martedì, Maggio 6, 2025

Cultura Maranza, stigmatizzazioni e ricerca di soluzioni a Siena

Riceviamo e pubblichiamo la replica del dirigente PD Simone Vigni all’iniziativa di Fratelli d’Italia: “Invece di stigmatizzare, ascoltiamo il disagio giovanile e offriamo alternative concrete”.

(…) L’iniziativa promossa da Fratelli d’Italia e Gioventù Nazionale Siena, culminata con l’allestimento di un gazebo in Piazza Gramsci per raccogliere firme contro il dilagare della “cultura maranza”, ha acceso un dibattito che va ben oltre i confini senesi, ma un approccio più inclusivo e propositivo appare necessario per affrontare le radici del fenomeno.

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Il comunicato del partito, dal titolo perentorio “Sbarazziamoci della cultura maranza”, dipinge un quadro allarmante di un fenomeno che, a loro dire, “banalizza il disagio giovanile e promuove modelli sociali degradanti, lontani da ogni forma di crescita personale e comunitaria”. L’obiettivo dichiarato è sensibilizzare istituzioni e opinione pubblica sulla “urgenza di contrastare l’impoverimento culturale che questo stile di vita rappresenta”, offrendo ai giovani “modelli alternativi, positivi e costruttivi” basati su responsabilità, rispetto e identità.

Per comprendere appieno la portata di questa iniziativa e valutarne le possibili implicazioni, è necessario analizzare più da vicino cosa si intenda con il termine “maranza”. Come emerso da recenti analisi sociologiche e dal linguaggio dei giovani, “maranza” non designa una cultura omogenea e strutturata, bensì un fenomeno sociale e di costume in evoluzione.

Il termine, con radici incerte che spaziano dal gergo giovanile degli anni ’80 a possibili derivazioni dialettali, è tornato in auge negli ultimi anni per descrivere gruppi di giovani che ostentano un’estetica particolare, fatta di abbigliamento firmato (spesso contraffatto), tute sportive e un certo tipo di accessori. Il loro linguaggio può essere sguaiato e talvolta aggressivo, e la loro colonna sonora di riferimento è spesso la musica trap. I social media, in particolare TikTok, hanno amplificato e diffuso questa estetica e questi comportamenti.

È cruciale sottolineare che l’etichetta “maranza” è spesso utilizzata in modo generalizzante e potenzialmente stigmatizzante. Essa rischia di inglobare un insieme eterogeneo di individui, alcuni dei quali potrebbero esprimere attraverso questi modi un disagio sociale reale, una difficoltà di integrazione o una reazione a un contesto socio-economico percepito come limitante. Alcuni sociologi interpretano questi atteggiamenti come una forma di nichilismo reattivo di una generazione cresciuta in un periodo di crisi e crescenti disuguaglianze.

Alla luce di questa analisi, l’approccio proposto da Fratelli d’Italia solleva alcune perplessità. Sebbene la preoccupazione per il disagio giovanile e la promozione di valori positivi siano condivisibili, l’impostazione di una crociata contro una “cultura maranza” rischia di produrre effetti controproducenti.

In primo luogo, elevare il fenomeno “maranza” al rango di “cultura” da sradicare potrebbe paradossalmente conferirgli una centralità e una coesione che altrimenti non avrebbe. Concentrare l’attenzione pubblica e politica sulla sua “eliminazione” rischia di cristallizzare un’identità, seppur contestata, e di compattare ulteriormente i giovani che vi si riconoscono, spingendoli a una difesa identitaria.

In secondo luogo, l’identificazione di questi giovani come “nemici” da combattere crea una polarizzazione sociale dannosa. Invece di cercare di comprendere le radici dei loro comportamenti e di costruire ponti attraverso il dialogo e l’offerta di alternative concrete, si erige un muro che rende più difficile qualsiasi tentativo di cambiamento o integrazione. La stigmatizzazione e la demonizzazione raramente portano a soluzioni efficaci e rischiano di alienare ulteriormente i diretti interessati.

Un approccio più costruttivo e lungimirante potrebbe concentrarsi su una comprensione più profonda delle cause del disagio giovanile che si manifesta anche attraverso questi fenomeni. Investire in politiche sociali ed educative inclusive, offrire opportunità di crescita personale e professionale, promuovere modelli positivi attraverso l’educazione e l’esempio, e creare spazi di ascolto e dialogo potrebbero rivelarsi strategie più efficaci per affrontare le problematiche sottostanti.

Invece di “sbarazzarsi” di una “cultura” percepita come negativa, forse sarebbe più utile lavorare per includere e responsabilizzare i giovani, offrendo loro strumenti e opportunità per esprimersi in modi costruttivi e per sentirsi parte integrante di una comunità che valorizza il rispetto, la responsabilità e un’identità positiva, senza la necessità di ricorrere a forme di ostentazione o comportamenti devianti. La vera sfida non è negare l’esistenza di comportamenti problematici, ma evitare che la “soluzione” adottata finisca per esacerbare il male che intende combattere, creando divisioni e incomprensioni laddove sarebbe necessario costruire ponti e offrire alternative concrete.

La storia ci insegna quanto sia pericoloso voler “eliminare” o stigmatizzare gruppi sociali percepiti come “diversi”. Portando a conseguenze negative e a divisioni profonde nella società.

Insomma, vorremmo mettere in guardi dal rischio di trasformare un fenomeno sociale complesso e sfaccettato in un nemico da combattere, con il pericolo di marginalizzare ulteriormente i giovani che vi si riconoscono.

L’auspicio invece è che il dibattito si sposti da una logica di “eliminazione” a una di comprensione e inclusione, cercando di affrontare le cause profonde del disagio giovanile e offrendo alternative costruttive.

In fondo, a Siena come a livello nazionale, Fratelli d’Italia riveste il ruolo di forza di maggioranza sia nell’amministrazione locale che nel governo nazionale. Proprio per questa posizione di responsabilità, ci si aspetterebbe un approccio che vada oltre la mera stigmatizzazione e la raccolta di firme.

I cittadini, e in particolare i giovani, si aspettano azioni concrete di governo che affrontino le radici del disagio giovanile, che offrano alternative valide e percorsi di inclusione sociale ed economica. L’auspicio è che l’attenzione posta su questo fenomeno si traduca in politiche attive e investimenti mirati nel tessuto sociale, nell’istruzione e nel supporto alle famiglie, dimostrando una volontà reale di costruire una società più coesa e con maggiori opportunità per le nuove generazioni, anziché limitarsi a una condanna che rischia di rimanere sterile e, potenzialmente, controproducente.

Simone Vigni

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