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venerdì, Giugno 13, 2025

Il Pd senese cambia capogruppo, ma la questione è più profonda

Il caso di Giulia Mazzarelli tra numeri, simboli e strategie future

Nel Partito democratico senese, quello che si annuncia per lunedì 16 giugno come un semplice cambio al vertice del gruppo consiliare in realtà segna molto di più: è la fine di un equilibrio, la riaffermazione di una maggioranza interna e l’avvio di una nuova fase nel gruppo e nel partito.

Giulia Mazzarelli, attuale capogruppo, è stata ‘sfiduciata’ politicamente da quattro colleghi su cinque — Anna Ferretti, Alessandro Masi, Luca Micheli e Gabriella Piccinni — e, salvo sorprese, sarà sostituita proprio da Ferretti, già candidata sindaca nel 2023 che rientrata a pieno titolo nel Pd nel luglio scorso escluse automatismi per il ruolo di leader.

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La richiesta di dimissioni era stata avanzata nei giorni scorsi, ma Mazzarelli ha deciso di non aderire, chiedendo invece un rinvio dell’incontro decisivo, inizialmente previsto per il 9 giugno, e ora spostato al 16. La motivazione ufficiale riguarda impegni legati al ruolo di rappresentante di lista, ma la sostanza resta: la consigliera intende giocarsi fino in fondo la sua partita politica, anche se i numeri sono chiaramente sfavorevoli.

Dietro questa dinamica ci sono almeno due piani intrecciati: da un lato, il disallineamento tra Mazzarelli e la nuova segreteria comunale guidata da Rossana Salluce, oltre la vicinanza alla componente che fa capo a Simone Vigni; dall’altro, la volontà di dare al gruppo consiliare un profilo più omogeneo e, forse, più in sintonia con le linee politiche del partito post-commissariamento. È proprio durante la gestione Sarracino che l’ipotesi di un cambio alla guida del gruppo aveva cominciato a circolare, ma fu poi congelata durante la campagna referendaria.

Ora quel nodo è arrivato al pettine. Ma più che leggere la vicenda come un “regolamento di conti” interno, varrebbe la pena collocarla nel quadro di un Pd senese ancora in cerca di un’identità forte, dopo due sconfitte elettorali e un ciclo politico segnato da tensioni mai del tutto ricomposte. In questo senso, la posizione di Mazzarelli non è solo quella di una capogruppo uscente, ma anche di una figura che, se vorrà, potrà rappresentare un’area politica diversa, non necessariamente minoritaria nel partito o nella città.

Il passaggio di testimone alla guida del gruppo è ormai scontato. Meno scontata è la direzione che prenderanno le diverse sensibilità interne al Pd. Se Mazzarelli sceglierà di non trasformare quest’uscita in una battaglia personale ma di rivendicare la coerenza del proprio percorso politico, potrà restare una voce autorevole nel confronto cittadino. E magari contribuire — da una posizione più libera — a una discussione di merito, che il Pd senese non può più permettersi di rinviare.

Perché il problema non è solo chi guida il gruppo consiliare. Il problema è dove sta andando il partito, in che modo intende ricostruire il proprio rapporto con la città, e con quali idee. Il caso Mazzarelli è solo un sintomo. Le cause sono altrove.

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