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mercoledì, Agosto 6, 2025

Siena che cura: Scotte e scienza al centro del futuro

Tra scienza e cura: il futuro che nasce dall’ospedale universitario, dalla ricerca biomedica e dalla formazione

Tra i fattori che rendono Siena diversa da molte altre città medie italiane, ce n’è uno che presente nel dibattito pubblico che definisce in profondità il presente e potrà decidere il futuro: il sistema sanitario e il comparto biomedico. Non si tratta solo di servizi alla cittadinanza, ma di una vera e propria infrastruttura strategica, che unisce assistenza, innovazione, ricerca e formazione, con impatti diretti sull’economia, sull’università, sull’occupazione giovanile e sulla qualità della vita.

Le Scotte, l’università e la città: una sfida da ricucire

Il Policlinico Santa Maria alle Scotte è un’infrastruttura imponente: oltre 800 posti letto, più di 60 reparti, 4.000 addetti tra medici, infermieri, tecnici, amministrativi e personale universitario. È il secondo ospedale per dimensioni in Toscana e rappresenta il polo sanitario di riferimento per la Toscana meridionale, servendo anche Arezzo, Grosseto e la Val di Chiana. È sede clinica della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Siena, oltre che dei corsi di Biotecnologie, Farmacia e Scienze della Salute. Ha attratto investimenti impegnativi che ne modificheranno ulteriormente aspetto, dimensione e ruolo.

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Ogni anno, centinaia di studenti – molti dei quali stranieri – si formano nelle sue strutture grazie ai corsi in lingua inglese. Al tempo stesso, il Policlinico è presidio sanitario fondamentale per un territorio con una forte componente anziana e una crescente domanda di cure complesse. Un territorio dove oltre il 26% della popolazione ha più di 65 anni. Le difficoltà si moltiplicano: liste d’attesa, carenze di personale, reparti sotto stress, turni logoranti.

Un’ eccellenza che si muove in un equilibrio delicato. L’ospedale è percepito anche come una “città nella città”, considerato anche “isolato” dal resto del tessuto urbano e dalla vita civica. Il legame con l’università esiste, tuttavia c’è ci ritiene vada rafforzato; che vada promosso una maggiore integrazione tra attività cliniche, didattiche e di ricerca. L’Ateneo ha competenze, visione e talenti, ma deve trovare nuove forme per partecipare attivamente ai processi di trasformazione del sistema sanitario, in una logica paritaria e collaborativa. Non serve contrapporre modelli, ma ricostruire un rapporto di fiducia e progettualità condivisa. C’è chi pensa che Siena può e deve tornare a essere un laboratorio vivo di medicina universitaria integrata, aperta al mondo ma radicata nel territorio.

Biotech e ricerca: Siena, capitale potenziale… da realizzare

Accanto al Policlinico si è sviluppato un ecosistema biomedico e biotecnologico che potrebbe ambire a una rilevanza internazionale. Ma la realtà resta ibrida e spesso contraddittoria. Toscana Life Sciences (TLS), presentata e vissuto come motore dell’innovazione, ha avuto fasi alterne: dai progetti ambiziosi come il vaccino anti-Covid alle difficoltà economiche gravi, superate con massicci aiuti.

Il progetto della “città dei vaccini” ha mancato l’appuntamento con l’emergenza pandemica, mentre l’esperienza del polo antipandemico nazionale resta ancora tutto da comprendere sia sul piano della visione che della tecnologia.

In parallelo, le realtà più solide – Philogen, Menarini Biotech, GSK – hanno prosperato grazie a strategie industriali autonome, senza dipendere da finanziamenti pubblici o da narrazioni accademiche. Tuttavia, il cosiddetto “distretto delle Scienze della Vita”, pur riconosciuto dalla Regione Toscana, rischia di restare una cornice formale, non sufficientemente ancorata dalla realtà produttiva. E oggi sotto stress dai dazi Usa.

È tempo di cambiare paradigma? TLS ha le competenze e le relazioni per diventare un nodo di sviluppo industriale sostenibile, va aiutata a evolversi: serve una piattaforma per la post-incubazione, in grado di far uscire gradualmente le aziende mature dagli spazi attuali, liberando risorse per nuove startup senza interrompere il legame con il territorio. È l’unico modo per generare nuova imprenditoria, trattenere capitale umano e attivare politiche di reindustrializzazione intelligente.  Così come andrebbero ricercate nuove sinergie tra territorio e distretto della vita.

Scienze della vita, alimentazione e medicina predittiva

Accanto al biotech classico, si aprono nuove frontiere dove Siena potrebbe giocare un ruolo pionieristico: l’integrazione tra salute, cibo, medicina di precisione e nutraceutica. Il tema dell’alimentazione legata alla salute – dalla prevenzione alle cure – è un ambito di sviluppo ad altissimo valore aggiunto, capace di coinvolgere anche l’agricoltura locale nella creazione di filiere innovative. L’esperienza di Aboca insegna: serve una visione integrata che valorizzi il legame tra territorio, ricerca scientifica, salute pubblica e impresa sostenibile.

Giovani, formazione e fuga del talento

Il comparto sanitario e biotecnologico è uno dei pochissimi settori cittadini ad alta occupabilità giovanile. Ma il capitale umano che Siena forma viene sistematicamente disperso: percorsi instabili, assenza di prospettive, costo della vita elevato, ambiente lavorativo percepito come opaco e non meritocratico. Il risultato? Chi arriva se ne va. Chi vorrebbe restare, non può.

Non bastano più gli slogan su “ambienti inclusivi” e probabilmente non saranno sufficienti le “borse competitive”. Serve una strategia strutturale: diritto allo studio potenziato, politiche abitative dedicate, housing sociale, rigenerazione urbana e un impegno condiviso tra università, sanità, enti locali e soggetti privati, inclusa la Fondazione Mps. Chi studia e lavora a Siena deve poter vivere a Siena. Altrimenti, la città muore.

Sanità pubblica: da difendere, ma anche da trasformare

 La crisi nazionale della sanità pubblica si riflette anche qui, rischiando di svuotare di senso uno dei modelli più avanzati di medicina universitaria integrata, ospedaliera e territoriale. Proprio l’invecchiamento della popolazione può essere una leva di trasformazione: geriatria, cronicità, medicina interna e riabilitazione non sono un peso, ma opportunità per progettare una medicina territoriale moderna e innovativa.

Per farlo, serve una visione strategica, investimenti dedicati e un vero coordinamento tra Azienda Ospedaliera e ASL. Al momento, dire che questa sinergia manca potrebbe essere visto come una provocazione, ma così come è altrettanto prematuro dire che tutto sia risolto.  

Certo è che lo sviluppo della sanità territoriale non è un corollario, ma una priorità strategica: significa riorganizzare la presa in carico dei pazienti cronici, sviluppare percorsi di prevenzione efficaci e puntare su una rete capillare che renda effettivo il diritto alla salute. Senza una medicina di territorio solida, nessun ospedale può reggere a lungo.

Quale strategia per il futuro?

Parlare di strategia non significa ammettere che finora è mancata. Significa probabilmente riorganizzare le urgenze: costruire un dialogo più strutturato tra ospedale, università e città, impedendo che le eccellenze operino in modalità autoreferenziali; incentivare la partecipazione, la trasparenza, la responsabilità; investire nel capitale umano attraverso carriere meritocratiche, ambienti competitivi e condizioni abitative sostenibili.

Una leva strategica per Siena (se lo vuole davvero)

Sanità e biotecnologia non sono solo welfare: sono economia, innovazione, identità. Ma senza una regia, restano potenzialità inespresse. Il “distretto delle Scienze della Vita” potrebbe essere il motore di una nuova Siena, se si compiono scelte concrete: rafforzare la sinergia pubblico–privato; creare un sistema coerente tra formazione, occupazione, impresa; attivare politiche urbane che rendano possibile restare, non solo formarsi.

Siena può curarsi… se cambia se stessa

Siena ha una vocazione: quella della cura. Non solo in senso sanitario, ma educativo, scientifico, sociale. Le Scotte, l’università, TLS, il volontariato e l’accoglienza sono espressioni diverse di un’unica cultura. Ma questa vocazione non si autoalimenta. Va rinnovata, gestita, resa sistema.

Negli ultimi anni Siena ha formato, ma non trattenuto. Ha attratto risorse, ma prodotto pochi ritorni collettivi. Ha sviluppato eccellenze, ma non ha saputo farne un modello. Serve una nuova governance che sappia curare prima di tutto le fratture interne della città: tra ospedale e università, tra centro e territorio, tra strutture e persone. Serve il coraggio di rimuovere incrostazioni gestionali e rendite di posizione e di aprire spazi a chi vuole costruire davvero.

Conclusione: il futuro non si forma, si trattiene

Siena ha tutto per diventare un modello. Ma finché i giovani che forma la vedranno come una tappa e non come una destinazione, resterà solo una promessa mancata. Costruire una “Grande Siena della sanità e dell’ospitalità” non è un’utopia: è una necessità. Ma implica scelte radicali, rotture necessarie, e soprattutto la volontà politica e sociale di mettere le persone – non solo le strutture – al centro del progetto. Siena, la città che cura, deve imparare prima di tutto a prendere cura di sé stessa.

(3 -continua)

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