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mercoledì, Dicembre 11, 2024

tic-Tac, tic-Tac, il tempo è concluso

Daniele Tacconi, il tempo che non ha passato in banca, l’ha passato in Comune. Vicesindaco già nel ’90, poi richiamato alla Rocca dal vicepresidente Nilo Salvatici. Socialista con geni antifascisti, riformista ed anche utilitarista. Talent scout di sindaci a tempo perso, estimatore d’arte e fumatore di sigari toscani, vide in De Mossi, l’avvocato dei blogger, l’uomo giusto in grado di sottrarre la guida della città alle sinistre. Da allora, ha accettato il ruolo di capogabinetto, cioè il dirigente che dà razionalità e profondità al pensiero del Sindaco.

Ce lo spiega lui…

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“Ho passato gli ultimi cinque anni accanto al sindaco De Mossi – ci dice, con emozione quasi innaturale per uno che ha la sua esperienza -, in Piazza del Campo al numero Uno. Sono stato Capo di Gabinetto del sindaco stesso. Un incarico che dice tutto e non dice nulla. Nei fatti puoi trovarti avanti al Sindaco per capire se una missione è possibile; oppure puoi trovarti alle sue spalle a concretizzare delle decisioni assunte. A volte puoi semplicemente essergli accanto e accompagnarlo. Insomma devi guardare le cose con gli stessi occhi del sindaco, ma anche utilizzare la tua esperienza e le tue capacità. Sei in sala macchine. E, quella del sindaco di Siena è indubbiamente una bella sala macchine”.

A poche ore dal termine del suo incarico ringraziamo Daniele per l’accettare di prestarsi a un’intervista. Concordiamo con lui che debba esser esercizio di sincerità, i tempi della propaganda sono quantomeno rinviati.

Cosa succede oltre quelle porte vetrate della sala delle Lupe?

“E’ davvero un crocevia di rapporti locali, regionali, nazionali e internazionali. Che sia cultura, o economia o finanza. Mai potrò smettere di ringraziare De Mossi per avermi voluto al suo fianco. E comunque fatemi dire con un pizzico di orgoglio che, alle sale macchina, ero già abituato. Sono stato assessore all’Urbanistica, vicesindaco e poi dirigente della Banca Monte dei Paschi in piazze come Napoli, Livorno, Genova, Ancona e Verona. Sono state esperienze che mi sono tornate utili, soprattutto dal punto di vista delle relazioni”.

Cinque anni fa, i partiti del centrodestra avevano equilibri diversi e comunque ti seguirono docili in quell’incredibile campagna che proponevi per De Mossi. Dopo un solo mandato di governo, in pratica le stesse persone che c’erano hanno assunto nei tuoi confronti un comportamento decisamente negativo. Avevano una giustificazione per farlo?

“Questi cinque anni non sono stati un periodo facile. Le strutture comunali sono state messe a dura prova. La pandemia è stata una vicenda davvero complessa e, alla fine, ha inciso per quasi la metà del nostro mandato e determinato molte necessità per la sicurezza stessa dei cittadini. D’altra parte noi eravamo un Comune a trazione civica di centrodestra che stava al centro di una provincia di centrosinistra che a sua volta stava in una regione di centrosinistra e a Roma c’era… un governo di centrosinistra. Forse avremmo potuto cavalcare l’opposizione, ma poi… che ne sarebbe stato di Siena? Scegliemmo di assumere un profilo istituzionale e scientifico che in definitiva ci ha portato a compiere scelte sinergiche con la Sinistra. Sono state scelte di certo giuste che però hanno prodotto incrinature nella maggioranza. Non nell’immediato, ma in fondo, eccome se le hanno create. Se avessimo scelto di cavalcare la propaganda destra-sinistra probabilmente la rottura tra De Mossi e Fratelli d’Italia sarebbe stata più difficile, ma la città ne avrebbe patito le conseguenze”.

Un’apertura a 360 gradi che tuttavia non vi ha portato reale solidarietà neanche a sinistra…

“Vero. Neanche a sinistra, quantomeno a Siena, si è apprezzato il nostro sforzo e si è continuato ad apostrofare la giunta De Mossi come fascio-leghista oppure come centro di affari del ricciarello magico”.

E quindi?

“Certamente, De Mossi ha portato a vincere un pezzo di città che non aveva mai amministrato – il centrodestra appunto – e l’ha unita a un altro pezzo di città che aveva sviluppato un’attitudine e aveva una conoscenza certa dell’amministrazione. Si è dato vita ad un’esperienza politica e amministrativa complicata che era al tempo stesso sia di rottura che di continuità. E prima i rimproveri di Sena Civitas, poi la sua uscita di maggioranza dettero evidenza alla situazione. Al di là di questo, tuttavia, vorrei dire che mi sembra riduttivo ridurre tutto alla logica degli affari, perché un pezzo di città ha creduto nel percorso di De Mossi e ha guardato a lui come il sindaco a difesa di tutti pur se, da tempo, Siena non consente di far vincere alcuno con una maggioranza schiacciante. Voler aver un consenso più alto ci ha distratto e probabilmente il non ricandidare De Mossi è stato un errore più grande del previsto”.

Già, il passo di lato… A molti è sembrato un gesto teatrale per avere di più…

“Corro consapevolmente il rischio di non essere creduto. Lo so. Ma la verità è che su Luigi ha pesato tremendamente la considerazione che gli altri lo ritenessero una persona attaccata al potere e lo giudicassero per questo. Una volta introdotta l’opzione, appunto, del passo di lato, è stata data la stura a tutti coloro che volevano cambiare pagina”.

E il “Tac”, non voleva ancora quantomeno continuare a dare le carte?

“Io avrei concluso comunque il mio percorso a Palazzo Pubblico. Anzi, fosse stato per me ne sarei uscito a metà mandato, così come provai a fare”.

Tu, a differenza di altri, ricordi sia le cose piacevoli che quelle meno piacevoli. Riguardo alla tua persona come descriveresti questo momento e cosa vorresti fosse ricordato del tuo attuale ruolo?

“Non ho sassolini nelle scarpe, anzi vorrei ringraziare tutti a partire dai dirigenti e dipendenti comunali. Gli va riconosciuta una dedizione e uno spirito di appartenenza senza pari. Così come voglio ringraziare gli Assessori, i loro collaboratori e tutti i collaboratori del sindaco. Nessuno escluso. Anche quelli con cui il rapporto è stato a volte più aspro”.

Fuori dalle stanze del potere, dunque. Ma sei capace di starci?

“So bene che in una certa vulgata io sono stato dipinto come una sorta di cardinal Richelieu, sempre dietro a ogni macchinazione e ogni nomina. In questi anni non ho mai confermato e neppure smentito. Non incomincerò ora. Chi mi conosce sa che riesco a vivere in tutta tranquillità anche fuori dalle stanze del potere. Non dimentico che sono nato a Monticiano in una famiglia di vetturini”.

Vuoi dirci che ora ci saranno solo campagne, mari e monti nella tua vita?

“A una cosa non rinuncerò: a dare il mio apporto perché la città di Siena abbia il futuro che si merita, facendo sempre più squadra con i comuni della provincia. E’ stato un vero limite negli anni passati. In fondo, questo e soltanto questo – per quanto incredibile possa essere – è il motore che mi ha fatto accettare di stare accanto a De Mossi da cinque anni a questa parte; e accanto ad altri nelle mie esperienze precedenti. Continuerò a farlo con modalità e forme adeguate alle mie forze e all’età. Chi vivrà vedrà…”

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