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lunedì, Dicembre 9, 2024

Una domenica a Coverciano con la Sezione AIA Artemio Franchi di Siena

Una domenica di settembre a Coverciano. Passi la porta e trovi davanti a te il cuore dell’estate italiana. I campi dove hanno corso i campioni d’Europa, i tavoli dove hanno mangiato, le sedie dove si sono seduti. Ma Coverciano è soprattutto un’eccellenza della Figc, un centro tecnico che offre la miglior location in termini di servizi e concentrazione per qualsiasi attività federale che riguardi le squadre nazionali, ma anche il settore arbitrale.

Mettiamo da parte l’immagine populista dell’arbitro spesso considerato come il colpevole delle sconfitte, quello che prende le decisioni sbagliate e caliamoci un attimo nei suoi panni per capire il suo punto di vista. Diventare arbitri per un giorno e guardare tutto quello che c’è dietro a un’intera stagione sui campi da gioco.

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Sabato 25 e domenica 26 settembre si è svolto a Coverciano il consueto raduno degli arbitri della Sezione AIA (Associazione Italiana Arbitri) Artemio Franchi di Siena. Un appuntamento annuale durante il quale gli arbitri sono sottoposti a test teorici e fisici per adeguarsi alle modifiche regolamentari prima dell’inizio di ogni stagione agonistica.

Foto Riccardo Migliorini


Una “famiglia” nata nel 1939 che ad oggi conta 168 componenti, di cui oltre 90 arbitri ed 8 già lanciati nel panorama nazionale.

Non ci si rende conto però il percorso che ognuno di essi deve seguire prima di scendere il campo a partire da un regolamento che ogni anno cambia o comunque diventa sempre più specifico. Test fisici e una preparazione costante che è determinante per poter scendere in campo, ma non è basta per affrontare le
partite.

Foto Riccardo Migliorini


Quello che spesso ci si dimentica è che l’arbitro in campo è solo, in particolare nelle categorie provinciali dove non è previsto l’ausilio degli assistenti ufficiali. Una persona, spesso un ragazzo, che oltre a controllare la gara in tutte le sue fasi, deve gestire le pressioni esterne provenienti da panchine e tribune.


Abbiamo mai approcciato una partita da questo punto di vista? Temo di no.
Attorno ai tanti ragazzi che trascorrono i loro fine settimana sui campi da gioco, c’è però un forte lavoro di squadra che ha come obiettivo quello di far crescere soprattutto i più giovani. È quello che la sezione Artemio Franchi, presieduta da Fausto Rugini, fa quotidianamente, un lavoro che non si è fermato durante
il lockdown quando si è volontariamente mantenuto un contatto con i ragazzi per tenere vive l’attenzione e senso appartenenza all’associazione.

Foto Riccardo Migliorini

Ognuno di loro riceve una formazione costante e continua, sotto l’occhio vigile dei più esperti, grazie anche all’ausilio degli osservatori che ne segnalano i pregi, ma soprattutto i limiti e gli aspetti da migliorare. Oltre alla componente psicologica, che non è affatto secondaria.

Foto Riccardo Migliorini

Essere in grado di gestire il rettangolo di gioco prendendo decisioni in tempi brevissimi, dover gestire i calciatori, gli allenatori, le panchine e le pressioni esterne. Con il tempo questo diventa lo spartiacque tra il decidere se proseguire con quella che, non dimentichiamocelo, è una passione per tanti. Forgia il carattere, ti consente di sviluppare capacità di self control e problem solving che sicuramente saranno poi utili nella vita di tutti i giorni.

E’ un percorso lungo, fatto di sacrifici, ma la solitudine in campo è però ben ripagata da quello che ogni arbitro ha intorno a sé: la sezione, che è più di un team, a tratti sembra davvero una famiglia, che quando ti accoglie non ti lascia mai solo. Lo capisci dagli aneddoti che ti raccontano gli “anziani”, dalla voglia che hanno di condividere esperienze, di confrontarsi sulle scelte, di riflettere sui propri errori. Lo capisci
dall’aria giocosa che si respira dove c’è attenzione al lavoro, ma tutto sempre con il sorriso.

Foto Riccardo Migliorini

Il raduno di Coverciano è andato oltre alla finalità formative, oltre all’obbligo dei test, perché è stata l’occasione per ritrovarsi e per conoscersi. Mi ha colpito molto la voglia di confronto soprattutto con i ragazzi provenienti da altri paesi che usano la loro passione come strumento per integrarsi in una nuova società scegliendo un linguaggio comune per ricominciare.

Perché il calcio, come lo sport, parla una lingua universale. È una passione che accomuna i popoli, che ha le stesse regole e gli stessi valori, quelli che spesso si dimenticano. Perché non si nasce campioni e pochi lo diventano, ma la passione è la stessa sia che si arbitri sia che si giochi. Ricordiamocelo.

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