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domenica, Aprile 28, 2024

Veneziani, la nostra intelligenza contro un conformismo deteriore

Se parlare di linguaggio tra terra e cielo è voler nuovamente suggerire a chi ascolta che esistono una cultura alta ed una bassa… che è il tormentone che caratterizza dalla sua nascita il Festival del linguaggio SìSiena… va detto che con Marcello Veneziani la conclusione della seconda edizione è andata davvero molto in alto.

Lo scrittore, filosofo ed editorialista pugliese, da anni stabilmente trapiantato a Talamone, si è presentato al pubblico senese con il suo ultimo libro – “La Cappa”, Marsilio Editori, 2022 Venezia, 204pp, 18euro -, opera che ha visto la luce nel febbraio di quest’anno e che il mese successivo – nonostante una timida presenza nei talk show televisivi – aveva superato il traguardo della quarta edizione.

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Cosa contiene il libro lo anticipa Davide Rondoni, lui stesso scrittore e poeta che, nella circostanza, affianca Veneziani in veste di direttore artistico del Festival SiSiena.

“Un cambio d’epoca”. La frase che non appartiene né a Rondoni né a Veneziani – l’ha pronunciata tre anni fa S.S. Francesco I in https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2019/12/21/1022/02087.html –, sembra però averli ispirati entrambi. “Un cambio d’epoca che induce smarrimento e timore, un momento in cui la cultura deve fare il suo mestiere – sottolinea Rondoni – e aiutare l’esercizio del pensiero critico. Quando si è di fronte a un potere che, se non può agire sulla libertà, cambia parole e linguaggio che la definiscono, o si continua a dormire o ti svegli e fai domande”.

Quando Marcello Veneziani inizia a parlare, la sala storica della Biblioteca Comunale degli Intronati è arrivata quasi al limite della capienza. Platea molto qualificata e molto rappresentata, considerando che della sola Amministrazione comunale c’è il sindaco Luigi De Mossi, gli assessori Francesca Appolloni, Francesco Michelotti e Pasquale Colella Albino. Esser lì in quel momento vuol dire esserselo conquistato fronte a un tempo inclemente che, solo qualche chilometro più in periferia, sta provocando esondazioni e interventi di salvataggio. Siamo alla vigilia delle elezioni, ma l’incontro non è occasione di propaganda mascherata. “Discutere di linguaggio – ha appena concluso Rondoni – non è cosa di destra o di sinistra”.

Alla stessa ora il campanile del Duomo oscurato da una cappa

“Elli avean cappe con cappucci bassi/dinanzi a li occhi, fatte de la taglia/che in Clugnì per li monaci fassi”. Per darci la prima immagine, Veneziani ricorre a Dante (Inferno, XXIII, vv. 61-63, Gli ipocriti). Evidentemente, la metafora della cappa che condiziona i nostri comportamenti era già d’uso nel sorgere del XIV secolo. Oggi, dopo Covid e ansie da guerra e inflazione, la cappa è rappresentata da quell’abito mentale, da quel “giusto” inserimento nella vita pubblica, da quel bombardamento di informazione univoca che fa provare diffidenza verso chi fa cose diverse, dal fatto di sentirsi in emergenza permanente, dalla restrizione di ambiti di libertà, da un diffuso e pervadente conformismo.

La cappa è il “politically correct” – dice Veneziani – che ci frena, ci intimorisce, indebolisce la nostra capacità di comprendere. Ci divide in fan dell’ambiente che pur di proteggerlo eliminerebbero senza patemi l’uomo perché è causa dell’abuso; fa regredire la sfera sessuale di ciascuno nell’ansia di creare regole estese da fatti singoli con la conseguenza di far sì che un corteggiamento sia sempre stalking; la stessa differenza tra sessi è oggi liquida; la cappa è lì per impedirci di apprezzare le varietà del reale.

Marcello Veneziani

“Mai visti tanti muri di diffidenza e tanti esclusi – afferma Marcello Veneziani – quanti ne vedo in questa nostra società inclusiva. E’ una società dove c’è una supremazia assoluta del presente, dove si fa scempio della storia perché, quand’essa non è attualizzabile, è da evitare/dimenticare. E’ un’epoca di conformismo militante che si compiace talmente della sua evoluzione da voler controllare, monitorare, tracciare, giudicare la possibilità di una variante. Il mio grido d’allarme è nel denunciare questa mutazione prima che vada oltre la soglia della regressione”. 

Veneziani cita esempi e letterati, scienziati e artisti. Dice che da cinquant’anni quella crescita neuronale che ha contraddistinto la nostra evoluzione dall’Australopiteco in poi, si è interrotta. Che i nostri linguaggi moderni, quelli comuni, hanno ridotto inverosimilmente i vocaboli con cui si esprimono. Magari sono sempre di più quelli che sanno parlare più lingue, ma di esse usano solo 2-300 vocaboli, perdendo la capacità di percepire le sfumature nell’interscambio umano.

Insomma ci si prospetta qualcosa di molto simile al mito platonico della Caverna. Che chiaramente lui, Marcello Veneziani, rifugge sguainando la spada e non perdendo di vista – ancora Dante – il “M’insegnavate come l’uom s’eterna” (Inferno, XV, v.85, dialogo con messer Brunetto).

Quest’arma, questa spada salvifica è la nostra intelligenza. Veneziani ammette di chiudere il suo libro stimolando il lettore a manifestare la propria insoddisfazione, a ritrovare la propria libertà perché oggi si deve aver paura dell’automatismo, ancor più dell’autoritarismo.

Luigi De Mossi

Molte le domande e le osservazioni con lo stesso sindaco De Mossi che si è trovato a rivendicare per sé la presenza di Marcello Veneziani, uomo che raccoglie la sua ammirazione per la grande lucidità e la massima indipendenza di giudizio e che ha costituito l’appuntamento finale del calendario del Festival SiSiena tra Cielo e Terra 2021/2022. Marco Paglialunga che ha offerto i suoi saluti in apertura e chiusura in rappresentanza dell’Accademia dei Silenti che lo organizza, annuncerà presto quali altri eventi verranno riprogrammati con la terza edizione del Festival.

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