Centrosinistra toscano si muove tra certezze annunciate e scelte tattiche, ma rischia di perdere contatto con i territori
Oggi, 7 agosto, una data da cerchiare sul calendario della politica toscana, che promette di consegnare due verità — o almeno due atti formali — in un’estate dominata più dai tatticismi che dalla sostanza. Da una parte, il Movimento 5 Stelle scioglierà finalmente il nodo del sostegno o meno a Eugenio Giani per il secondo mandato; dall’altra, il Partito Democratico toscano riunisce la direzione per ratificare ufficialmente quella stessa ricandidatura, già ampiamente anticipata da settimane di retroscena.
Che il Pd aspettasse il M5S per mettere il timbro sul Giani bis è un segnale che, più che apertura, comunica incertezza. Il fatto che i due appuntamenti si susseguano a stretto giro — prima il voto della base grillina, poi la direzione dem — sembra una mossa di coreografia più che un atto politico di sostanza. Se è una regia coordinata, è giocata al ribasso: come se l’alleanza si costruisse più su una reciproca attesa tattica che su una visione condivisa.
C’è poi un dettaglio che ha lasciato un certo amaro in bocca a diversi dirigenti del centrosinistra: «Almeno loro hanno consultato gli iscritti», è stato il commento di qualcuno, in riferimento al metodo del M5S. Paradossale, ma rivelatore. In un tempo in cui la partecipazione sembra tornare a essere un valore politico conteso, sono proprio i pentastellati — dati da molti in crisi d’identità — a dare almeno un segnale formale di coinvolgimento della base. Nel Pd, invece, tutto sta filando liscio… o quasi: un’approvazione già scritta, ma preceduta da settimane di silenzi, attese e litigi carsici, soprattutto nei territori.
Perché il punto vero non è se Eugenio Giani sia o meno un candidato forte. Lo è, nei numeri e nei consensi. Il problema è come e con chi si pensa di affrontare questa nuova sfida elettorale. Dopo mesi in cui si è parlato di “campo largo”, “alleanza progressista”, “riconoscimento delle forze civiche”, oggi si arriva al punto di partenza con poche certezze, molti veti incrociati e la sensazione che la sicurezza di vincere — figlia dei numeri, più che della politica — stia diventando la peggior consigliera. Può essere naturalmente che la competizione aiuti più della cooperazione…
Nel frattempo, fuori dai palazzi e dalle chat delle segreterie, c’è un pezzo di società civile, di sinistra diffusa, di movimenti ecologisti, di liste civiche che si interroga su dove sia oggi lo spazio per una proposta politica realmente rinnovata. Non basta tenere insieme i pezzi, né inseguire alchimie per sopravvivere alla prima tornata utile. Serve un progetto, una visione, una partecipazione reale.
Resta, adesso, solo un mese per comporre liste, programmi, alleanze. Poco tempo per costruire davvero, troppo per sperare che basti l’inerzia. La Toscana non è più il fortino sicuro che fu. E il centrosinistra, se vuole esserci, dovrà dimostrarlo nei fatti. Non nei cerimoniali di agosto.