Letta ha vinto le suppletive. E’ stato eletto in Parlamento. Tuttavia ad ascoltare molti commenti pare che ci sia di più? Cos’altro ha vinto? Cos’altro era in gioco per lui e i suoi sostenitori? Ne parliamo con Fulvio Mancuso, Coordinatore provinciale di ArticoloUno Siena.
“Le Suppletive di per sé – ci dice l’avvocato ed ex vicesindaco di Siena – sono elezioni diverse dalle Politiche e risentono molto di più del contesto territoriale e congiunturale. In questo caso, Letta aveva di fronte a sé due criticità notevoli da superare, al netto della generale avanzata della destra data dai sondaggi: il precedente di Padoan e la questione MPS. In più si trattava del suo primo vero test politico come segretario nazionale di un PD che, fin dall’inizio, ha annunciato di voler cambiare, aprire e in qualche modo ricostruire in un perimetro largo e plurale delle forze progressiste. Un test superato brillantemente, direi, proprio alla luce del contesto e delle criticità emergenti”.
ArticoloUno, e dunque coloro che fanno riferimento nazionale a Bersani e Speranza, così come Sinistra Civica Ecologista a livello locale, hanno dato, insieme, il loro apporto. Ma Letta si è rivolto oltre la Sinistra. Ha fatto appello in molte direzioni civiche. Anche a quelle aree che, pur moderate, sono scontente dell’attuale amministrazione comunale. Non sarà un po’ complesso tenere tutto insieme?
“Anzitutto credo che Letta, ma direi tutto il campo progressista ed ecologista, questa volta abbia vinto non semplicemente perché unito dalla necessità di battere e fermare la Destra, quella di Salvini e Meloni, benché il risultato ci consegni anche questo dato. Credo che questa volta abbia, anzi abbiamo vinto, uniti, per aver messo in campo due cose: 1) la proposta di una visione della società che ci rimette in sintonia con il nostro popolo, quello che chiede di rappresentare i valori della Costituzione antifascista, i diritti sociali, la tutela del lavoro, i beni pubblici essenziali come la Sanità e la Scuola pubbliche, il protagonismo dei giovani e la necessità di redistribuire diritti, tutele e opportunità di futuro tra generazioni; 2) il ritorno ad un modo di fare politica, serio, reale, fatto di ascolto vero e di contatto con le persone e con il territorio e, dunque, la sconfitta della politica degli urlatori egotici e degli illusionisti. Che hanno albergato a Destra ma non solo…”.
“Si tratta – continua Mancuso -, a ben vedere, di merito e di metodo: il merito oggi si sposa con un sentimento diffuso che è cambiato dopo l’urto sociale della pandemia e che oggi è avvertito anche da organizzazioni civiche che, seppur di area moderata o comunque non etichettabile politicamente, sul territorio interpretano e si fanno portatrici di valori e di istanze sociali, economiche ed ambientali che sono patrimonio culturale e politico delle forze politiche progressiste. Il metodo è a maggior ragione condiviso anche da questi movimenti civici, soprattutto da quelli che in modo genuino praticano trasparenza, partecipazione vera e metodo “dell’amministrazione condivisa”. Il malcontento nei confronti dell’attuale maggioranza a trazione destro-legista del Comune di Siena ha ragioni oggettive e misurabili, causate dall’inadeguatezza della capacità di governo e dalla regressione che la nostra città sta subendo. Tutte le città come la nostra stanno correndo, proseguendo proprio su quel percorso che noi avevamo avviato fin dal 2013 sui versanti dell’innovazione, della cultura, della sostenibilità sociale ed ambientale, della trasparenza e dei rapporti di stretta collaborazione con tutti i corpi sociali e le istituzioni del territorio. Siena invece dal 2018 si è fermata, e dunque va sempre più indietro, pericolosamente indietro…”.
“Ne discende – conclude il pensiero il coordinatore di Articolo Uno – che, in vista del 2023, ci sono ampi margini per costruire una larga convergenza delle forze politiche e civiche, di ispirazione progressista ben riconoscibile, ecologista e liberal-democratica, che si mettano a disposizione di un progetto di rinascita della Siena che guarda al futuro e non di una città sempre più piccola, ristretta e dotata di solo specchietto retrovisore: della Siena che vogliamo, in sintesi!”
In città e nei comuni dove i sindaci sono di centrodestra Marrocchesi va meglio. Cosa potrebbe voler dire per le prossime amministrative? Che Siena e quei comuni tornano contendibili sicuramente, ma anche che i giochi siano già fatti?
“Anche nel comune di Siena, la Destra è stata sconfitta con un bel margine, nonostante si sappia che la gestione amministrativa, soprattutto quando orientata nel senso della gestione del potere e del consenso porti con sé una dote aggiuntiva in termini di voto. In generale, ho sempre pensato che la contendibilità politica sia un valore se il contesto è sano perché essa obbliga, nella competizione, a migliorare la qualità della proposta per il governo della città e, in definitiva, fa in modo che un’opposizione ben attrezzata sia di stimolo anche per la maggioranza cosicché, complessivamente, si innalzi il livello dell’etica pubblica e della competenza dei gruppi dirigenti. Penso, dunque, che i giochi non siano assolutamente fatti e che molto, invece, ci sia da fare soprattutto in termini di produzione di materiali utili a presentare una proposta credibile e lungimirante per il futuro della città”.
Si parla del “metodo” Letta anche per il 2023 alle amministrative. Immaginiamo voglia dire senza il simbolo del Pd… ma anche senza Letta, No? E allora come pensate che il Pd o la coalizione sceglieranno il candidato o la candidata sindaco?
“Credo che Letta possa comunque, se lo riterrà, offrire un contributo importante per favorire la ricostruzione di un tessuto politico e associativo che, a Sinistra, risente di un’annosa disarticolazione che ha lasciato campo libero alle destre – quelle peggiori – che nel frattempo si sono invece molto ben attrezzate e radicate con energie e risorse finanziarie. Insomma anche in questo caso, c’è parecchio lavoro da fare per ricostruire, unire e riorganizzare. Per quanto riguarda le ipotetiche candidature, una volta tanto non partiamo dalle pedine e dai nomi: partiamo da un percorso di costruzione di una visione della “Siena che vogliamo”, dentro e insieme alla città. Sono molte, tantissime le energie e le intelligenze da attivare e sollecitare”.
Un giudizio sulla non partecipazione al voto. A chi parlano i cittadini rimasti silenti a casa? Soltanto al centrodestra o anche al centrosinistra?
“L’astensionismo è una malattia cronica delle democrazie mature (o in crisi?): tutti ne parlano, tutti indicano questo come il vero problema che sta alla base dello scollamento tra luoghi della politica e delle istituzioni e cittadini. In effetti, anche al netto della eccezionale fase storica che attraversiamo, segnata da un evento come la pandemia, fuori dall’ordinario corso delle cose, è un fenomeno che preoccupa. Ma è anche un messaggio chiaro, a mio avviso, da parte del corpo elettorale. Lo interpreto anche come una fase di riflessione, di insoddisfazione ma direi anche di attesa che l’offerta politica diventi di nuovo un faro che indichi in modo chiaro la direzione che si vuol dare ad una società in profonda trasformazione e alle prese con decisioni mai state così complesse e determinanti per il futuro della pacifica convivenza sociale e per la sopravvivenza stessa dell’umanità. In altre parole le azioni radicali da compiere sulla questione sociale e su quella ambientale. Insomma, credo che, come la parola ci dica chiaramente, la crisi, in questo caso di partecipazione, è anche sintomo di una fase di passaggio, che dobbiamo cogliere come occasione di proposta di un nuovo umanesimo”.
Allarghiamo l’orizzonte. Davvero dal voto tedesco è partita un’onda lunga che spingerà l’Europa fuori dal populismo e dal sovranismo e lungo le direttrici della democrazia e dei diritti? Oppure ancora non è detto e ci sono cose da fare?
“Come ho detto, sicuramente siamo di fronte ad un mutamento nel sentimento diffuso della società e, dunque, del corpo elettorale. Ma dove andremo e cosa succederà nei prossimi mesi e nei prossimi anni ancora non è dato saperlo: il futuro ancora non esiste, come insegnava Bauman, sta a noi scriverlo e da questo dipenderà la fine o meno di quella perdita di razionalità collettiva che oggi è rappresentata da populismi e sovranismi, così come nello scorso secolo dalle tragedie dei totalitarismi”.
Ritorniamo a Siena. Ora per il Monte dei Paschi si entra nella fase decisiva. E se gli obiettivi della città -visto che c’è un deliberato unanime del Consiglio comunale – non fossero contemplati, fin dove dovrebbero spingersi le forze politiche di Sinistra, e non solo, nei confronti del Governo? Ciò che succederà al Mps non diventerà una sorta di cartina di tornasole di tutte le promesse fatte?
“E’ senz’altro un passaggio tra i più delicati per le sorti di un pezzo di economia ancora importantissimo per la città, per il territorio e direi per la regione Toscana. Letta ha parlato chiaramente di passaggio che non potrà avvenire a qualsiasi costo e che dovrà contemplare la messa in sicurezza dell’unità aziendale, la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori, quella del marchio e, abbiamo aggiunto noi, la permanenza di una dimensione pubblica che garantisca dai possibili smembramenti e da altre operazioni ispirate alla sola logica del profitto e che inserisca la missione della Banca all’interno del circuito virtuoso tra leva finanziaria e realizzazione della trasformazione del Paese grazie al PNRR. Vedremo, saranno i fatti a qualificare l’efficacia dell’azione politica delle istituzioni locali e regionali e quelle del nostro Parlamentare neo-eletto. Io sono fiducioso”.