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domenica, Novembre 24, 2024

Dal sette ottobre alla pace

Ecco un manifesto che viene enunciato e promosso da Sinistra per Israele

Noi siamo qua, loro sono là. Questa è una sostanziale differenza. Apprendiamo e ci facciamo un’opinione, più spesso un giudizio, da riferimenti mediati. Prendendo le opinioni prevalenti, mentre per la devastazione in Ucraina si tende ad attribuire colpe dirette al leader russo Putin (e al massimo al suo entourage), nella questione palestinese le colpe vengono attribuite a un popolo, quello israeliano (e più raramente al loro leader Netanyahu). Pacifismo tuttavia non è dare giudizi da lontano, ma condividere, oltre a ritenere ingiustificabile qualunque atto violento. Su quanto sta avvenendo nella Striscia, accettiamo e divulghiamo oggi una posizione pro-Israele, maturata in seno a ciò che politicamente è definito Sinistra (dr)

Il massacro compiuto da Hamas il 7 ottobre scorso e le drammatiche conseguenze dell’operazione militare sulla popolazione palestinese hanno determinato una spirale che va immediatamente interrotta attraverso un accordo di cessate il fuoco che consenta la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani e l’inoltro alla popolazione civile di Gaza, in condizioni di sicurezza, degli aiuti umanitari.

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È la drammaticità degli eventi a imporre l’urgenza di una risposta razionale, progressista, tesa ad affermare il principio di una pace possibile, indispensabile per tutti i popoli della regione.

La risposta che auspichiamo poggia su due ineludibili presupposti.

Il primo riguarda il giudizio sulla strage del 7 ottobre, che non viene dal nulla ma che, al contrario, si inscrive nella strategia di Hamas che, sin dal suo statuto fondativo, rifiuta ogni forma di compromesso e ogni prospettiva di pace, perseguendo la cancellazione dello Stato di Israele e predicando l’uccisione degli ebrei. Hamas tuttavia non rappresenta tutto il popolo palestinese. A maggior ragione la ricerca di una soluzione di pace va perseguita con determinazione.

Per rimettere in moto il percorso di pace — è il secondo presupposto — occorrono leadership credibili. Innanzitutto, è necessario che una rinnovata leadership palestinese dell’ANP — unico interlocutore per la pace oggi internazionalmente riconosciuto — superi le ambiguità che hanno concorso al fallimento degli accordi di Oslo. Così come sono essenziali un atteggiamento cooperativo del mondo arabo, sulla scorta degli Accordi di Abramo, e un impegno attivo dell’intera comunità internazionale, superando troppe inerzie. Allo stesso tempo, è necessaria una nuova leadership israeliana che creda nella convivenza di due Stati per i due Popoli.

Le politiche perseguite dal governo Netanyahu, la prosecuzione dell’occupazione della Cisgiordania, l’espansione degli insediamenti di coloni e il pervicace rifiuto della nascita dello Stato palestinese sono incompatibili con soluzioni di pace.

Anche per queste ragioni di stringente attualità, Sinistra per Israele — che fin dalla sua fondazione si è battuta per una soluzione di convivenza e di pace — ribadisce oggi i seguenti principi e obiettivi, rivolgendosi a tutti coloro che in questi mesi terribili condividono la nostra medesima urgenza.

  1. Riaffermiamo come irrinunciabile il diritto di Israele a esistere, riconosciuto dai suoi vicini, e a vivere in sicurezza nei propri confini. Si tratta di un diritto non scontato, ma anzi minacciato quotidianamente da organizzazioni terroristiche e forze politiche radicali in ogni parte del mondo, manovrate soprattutto dal regime iraniano. Il diritto di Israele a esistere è tutt’uno con il diritto del popolo palestinese a un proprio Stato indipendente a fianco di Israele, come stabilito dalle Nazioni Unite e dagli accordi di Oslo e Washington del 1993. Proprio perché su quella terra vivono due diritti ugualmente legittimi, l’obiettivo di «due popoli due Stati», il mutuo riconoscimento di due ragioni, è ancora e sempre il nostro orizzonte e la soluzione da perseguire.
  2. Le radici di Israele affondano in una storia che i progressisti europei devono sapere riconoscere e valorizzare. Il sionismo è stato il legittimo movimento di liberazione nazionale e sociale del popolo ebraico e in esso sono vissuti e tuttora vivono i valori di uguaglianza, giustizia, liberazione umana della sinistra democratica e del progressismo. Vivono, come nella straordinaria esperienza dei kibbutz, il progetto e il sogno di una società più giusta, di donne e uomini liberi ed eguali. Soltanto la conoscenza delle radici di Israele può arginare i pregiudizi anti-sionisti e anti-israeliani che albergano nella società italiana, anche a sinistra e nel campo progressista, e che si manifestano attraverso forme antiche e nuove di delegittimazione, di ostilità, quando non di aperto antisemitismo.
  3. Come per tutte le democrazie, il giudizio sullo Stato di Israele non deve coincidere con quello sul suo governo in carica. Israele è fin dalla sua nascita una democrazia fondata su valori liberali e progressisti, in una regione fortemente segnata da regimi autocratici. Anche le continue e straordinarie mobilitazioni della società israeliana testimoniano una robusta e radicata cultura democratica e la possibilità concreta di restituire a Israele una politica aperta a un vero processo di pace. Il più drastico giudizio sulle politiche di Netanyahu non può in alcun modo tradursi nella negazione del diritto all’esistenza dello Stato di Israele, né tantomeno nella colpevolizzazione degli ebrei che vivono in ogni parte del mondo. Questo è il nostro impegno per la pace, oggi e sempre, per due Stati per i due popoli.

La raccolta delle firme, iniziata il 6 marzo, è tuttora in corso. Chi vuole esprimersi a distanza può farlo. Per informazioni o adesioni scrivere a sinistraxisraeleroma@gmail.com.

Sono già firmatari: Mario Ajello, Giorgio Albertini, Luca Alessandrini, Alessandro Alfieri, Giuliano Amato, Aldo Amoretti, Federigo Argentieri, Alessio Aringoli, Ernesto Assante, Corrado Augias, Ludina Barzini, Franco Bassanini, Luciano Belli Paci, Marco Bentivogli, Silvia Berti, Enzo Bianco, Massimiliano Boni, Daniele Bonifati, Anna Borletti, Enrico Boselli, Gianclaudio Bressa, Virginio Brivio, Ugo Caffaz, Riccardo Calimani, Anselmo Calò, Donatella Capirchio, Pierluigi Castagnetti, Fiorella Castelnuovo, Francesco Cataluccio, Alberto Cavaglion, Stefano Ceccanti, Luca Cefisi, Carlo Cerami, Franca Chiaromonte, Vannino Chiti, Francesco Clementi, Furio Colombo, Paola Concia, Silvia Costa, Silvia Cuttin, Erica D’Adda, Cesare Damiano, Alessandro De Angelis, Andrea De Benedetti, Edmondo De Donato, Ariel Dello Strologo, Angelo Di Capua, Flavia Di Castro, Beppe Di Chio, Piero Fassino, Valeria Fedeli, Emanuele Fiano, Massimo Finzi, Giovanni Maria Flick, Anna Foa, Stefano Folli, Emilio Gabaglio, Paolo Giaretta, Siegmund Ginzberg, Silvia Godelli, Giorgio Gomel, Anna Grattarola Romano, Andrea Graziosi, Luca Jahier, Stefano Jesurum, Renato Jona, Fiorella Kostoris, Marco Krivacek, Guido Laj, Linda Lanzillotta, Bruna Laudi (e il Gruppo di Studi Ebraici di Torino), Fabio Levi, Sara Levi , Fernando Liuzzi, Elena Loewenthal, Alessandra Longo, Andrea Lorusso Caputi, Luigi Maccotta, Marianna Madia, Victor Magiar, Simona Malpezzi, Claudia Mancina, Aurelio Mancuso, Enzo Maraio, Alessandro Maran, Marina Marini, Giacomo Marramao, Claudio Martelli, Virginio Merola, Gennaro Migliore, Adriano Musi, Daniele Nahum, Tommaso Nannicini, Sandro Nannini, Giulio Napolitano, Dario Nardella, Riccardo Nencini, Fabio Nicolucci, Gabriele Nissim, Simone Oggionni, Alberto Pagani, Emmanuele Pavolini, Pina Picerno, Marco Pierini, Anna Piperno, Lia Quartapelle, Fausto Raciti, Mario Raffaelli, Umberto Ranieri, Mario Ricciardi, Christian Rocca, Mario Rodriguez, Andrea Romano, Fabrizio Rondolino, Lina Salmon, Mario Salmon, Michele Salvati, Ivan Scalfarotto, Gadi Schoenheit, Renata Segre, Filippo Sensi, Daniela Tagliafico, Alessandra Tarquini, Irene Tinagli, Claudio Vercelli, Francesco Verducci, Walter Verini, Marco Vigevani, Luciano Violante, Tobia Zevi.

(il manifesto attualmente non è sottoscritto da Roberto Cenati, foto, presidente Anpi Lombardia, dimessosi due giorni fa per difendere la sua contrarietà ad accusare Israele nel suo insieme di genocidio)

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