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lunedì, Aprile 29, 2024

Confcooperative rilancia le CoopComunità

Convegno a UniFi-Novoli, l’importanza per le aree interne, dieci anni di errori che hanno insegnato molto

Cosa nasconde la definizione “una breve malattia”? Probabilmente l’essersi accorti solo da ultimo che un male ti scava dentro. Forse perché prima non c’era mai tempo per pensare a se stessi, perché tutto il tempo andava agli altri. Per le tante cose che si facevano per gli altri. Claudia Fiaschi, cooperatrice fiorentina, già alla guida della Toscana e più di recente vicepresidente nazionale della “Conf”, scomparsa all’inizio di questo languente mese di marzo, viveva per gli altri.

Vogliamo ricordarla anche grazie all’intervista che ci regalò nel primo anno di vita di SienaPost. Ma vogliamo anche dire come siano state ispirate e molto opportune le parole espresse dal Presidente del Consiglio regionale toscano Antonio Mazzeo. Destinatario di questo emotivo ricordo è stato Lorenzo Giuntini, appena eletto alla presidenza di Confcooperative Toscana Nord, e ai suoi ospiti e coorganizzatori del convegno sulle cooperative di comunità tenutosi ieri a Novoli nei plessi di Scienze Sociali di UniFI.

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Mazzeo ha anche testimoniato quanto la Regione Toscana riconosca l’importante funzione sociale delle cooperative di comunità e rivelato come si sia convinto del ruolo che potranno avere, guardando al futuro della Regione fra cinquant’anni.

Antonio Mazzeo

Purtroppo, o forse per maggior chiarezza, in quella funzione e in quella porzione di futuro – ce lo conferma Marco Niccolai, consigliere regionale, presidente della Commissione aree interne – il ruolo delle imprese comuni, le imprese cooperative comuni, è sempre visto in funzione di aree periferiche e/o svantaggiate.

Qui il limite, tutto italiano, forse in primo luogo un limite a osare, che porta ad auto-precludersi lo strumento per scopi che abbiano a che fare con risorse e finalità come l’acqua che è bene naturale e diritto umano universale; un tema che invece è stato messo al centro da altre cooperative, europee però. Limiti che non ci sono quando si parla di piccola comunità montana, carente di servizi e prossima allo spopolamento, titolare di uno o più bisogni sociali. Insomma il classico esempio del paesino che a seguito dell’invecchiamento dell’unico barista, si associa per garantirsi un locale comune e un abbonamento per vedere l’Inter; o la Viola che dir si voglia.

Con un certo ritardo, Niccolai afferma che la distanza si è fatta crescente fra centro e periferia – che le provincie avessero un senso? -, che la Regione non sa perché chi ha minor voce stenta a descrivere crisi socioeconomiche che hanno avuto importanti riflessi demografici, che la Regione non vuole fare le cose per compassione e che si è data una visione di partenza che è quella di convergere per fare sviluppo. Per quelle aree interne ci sono ora tre direttrici individuate: dissesto idrogeologico, residenzialità in montagna, investimenti in montagna.

Una montagna, però, lo diranno altri, che è poco propensa a rimettere in gioco immobili e strutture. I residenti al limite le trasmettono per eredità, i non residenti danno valore a quel che c’è e che lo sviluppo rimetterebbe in gioco. Una montagna infine che, per riuscire, ha bisogno di sostituire l’autarchia con la contaminazione.

Ospite UniFi, chiaramente, pur se è Alessandro Sottili di Confcooperative a fare l’anfitrione, c’è preponderanza di relatori e pubblico universitario. In seno al DISEI (dipartimento di Scienze per Economia e Impresa) c’è il CONOR, l’unità di ricerca su cooperazione e No profit. E di quest’unità intervengono, nell’ordine, i docenti Pier Angelo Mori, Giovanni Belletti e Mario Biggeri. Va anticipato che se per UniFi merita tenere un corso di aggiornamento dal tema “Cooperazione di comunità: Creare e gestire imprese per lo sviluppo delle comunità locali”, lo stesso argomento, con dieci minuti per relatore, può esser trattato in modo solo elementare.

Viene messo in chiaro che una preposizione e due parole sono il succo della materia: fare qualcosa PER la comunità con la PARTECIPAZIONE della comunità attraverso l’IMPRESA. Opportunità è la rigenerazione del patrimonio socioculturale e bioculturale, mentre la criticità maggiore è l’individuazione dell’imprenditore comunitario che, quando lo è davvero, è vero motore di sviluppo e coesione sociale sul territorio. Altra criticità è il reale attivismo delle comunità locali: in passato averlo solo presunto per poi verificarlo come insufficiente ha determinato sistematicamente lo spreco di soldi pubblici.

Soldi pubblici – in attesa del prossimo impegno dei fondi strutturali – che ce ne sono in misura importante, tanto che il Governo potrebbe avocarne a sé la metà. A confermarlo è Simone Gheri, direttore dell’Anci Toscana che specifica come l’Associazione nazionale dei Comuni si sia in passato molto prodigata per far assegnare fondi per le aree interne, sia agli enti che alle imprese, ma mentre quelli gestiti dai comuni sono stati impegnati, quelli per i privati sono rimasti largamente inutilizzati. Si rischia la loro eliminazione.

La suggestione di Giovanni Teneggi è che le risorse economiche siano state concesse con troppa difficoltà. Che si sia andati a cercare, sbagliando, grandi valori comuni, senza considerare che i “decessi” dei progetti nati in questi dieci anni di esistenza del comparto, è da attribuire alla mancanza di aspirazioni individuali, perché “la missione definisce le cooperative di collettività nel terzo settore, ma operano e si sviluppano nel secondo”.

Teneggi, è ovviamente il “piatto forte” del convegno a Novoli. Quasi ad anticiparci la via crucis dell’indomani prende erga omnes su di sé tutti gli errori e tutti gli sbagli compiuti che hanno impedito l’affermarsi del comparto che, in Toscana, sembra prosperare, o almeno fare qualcosa, solo se affiancato a un GAL, cioè un Gruppo d’Azione Locale (GAL). E’ uno strumento promosso dall’UE per sviluppare piani e programmi di interventi dedicati al miglioramento socio-economico delle comunità rurali; sono raggruppamenti di partner pubblici e privati che rappresentano sia le popolazioni rurali, attraverso la presenza di enti pubblici territoriali (comuni, province e comunità montane), sia le organizzazioni degli operatori economici presenti nel territorio.

Chiaramente Teneggi ha poche o punte responsabilità, men che meno la Confcooperative che da tempo ha messo a fuoco il suo impegno sulle cooperative di comunità, tuttavia la “resistenza” a questa disciplina è forte. Insomma le cooperative di comunità non sono ancora una scommessa persa, ma poco c’è mancato.

Essendo istituzioni plasmate dall’UE, nell’ordinamento italiano tardano a trovare efficaci riconoscimenti. Gli operatori che già si sono mossi hanno difficoltà talvolta insuperabili nel fatto che devono affermare la mutualità plurima che è cosa che per ora non è riuscita neanche al legislatore che è lungi da definire anche una lettura giuridica tollerabile. E lo stesso vale per l’obbligo di indicare un codice Ateco prevalente.

Teneggi ammette che molte delle nozioni maturate poteva offrirle solo l’esperienza e che solo ora ci si accorge che l’aver peccato di originalità nella scelta delle partnership è stato sbagliato. Ci si è rivolti a parroci, o Pro loco, o comunque a chi aveva già rappresentatività, quando invece le partnership che contavano erano essenzialmente quattro: giovani, tecnologia, mercato e globalità. Ci si è troppo spaventati per le scadenze dei bandi che hanno portato dilettanti allo sbaraglio, ritornati all’oblio dopo il finanziamento, appesantendo parametri e requisiti. Per lui l’evidenza è che una cooperativa di comunità la prima cosa che vende è la propria narrazione e quando questa è obbiettivamente buona in un certo senso bisognerebbe lasciar spazio alla “libera pazzia” dell’imprenditore per poi attendersi, grazie alle “porte aperte”, una successiva normalizzazione comunitaria.

A seguire gli interventi di chi già opera come Roberto Galassi e Marina Lauri, presidenti dei Gal della Lunigiana e della MontagnAppennino, oltre a Massimiliano Monetti, vicepresidente nazionale di Confcooperative Habitat.

L’ultima parola è di UniFi: il rapporto con Confcooperative è saldo e importante, presto contano di tornare sull’argomento con un evento simile.

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