Sono d’accordo con l’analisi sull’Afghanistan di Marta Dassu (https://www.huffingtonpost.it/entry/marta-dassu-afghanistan_it_61278d99e4b0926643490618?utm_hp_ref=it-homepage).
Non si è di fronte a una sconfitta militare di Stati Uniti e Unione Europea ma a una pesante sconfitta politica. Il che a mio avviso è più serio ancora.
Le nazioni occidentali appaiono in ritirata rispetto all’espansione non delle forme ma della democrazia in sé come valore universale. Non è un caso che nell’ultimo decennio la democrazia nel mondo sia in stasi e addirittura in regresso: sono state coniate espressioni nuove che lo segnalano, come democratura.
In paesi dell’Unione Europea, come l’Ungheria di Orban, si parla di “democrazie illiberali”. Una contraddizione in termini ma che sottolinea un aspetto: difficile convincere i popoli del mondo del bene rappresentato dalla democrazia, se alcune nazioni che l’hanno realizzata si dedicano a impoverirla e l’Unione Europea non ha gli strumenti per impedirlo ai suoi Stati membri.
La crisi dell’Afghanistan è drammatica, in primo luogo per quei suoi cittadini che, negli ultimi vent’anni, si erano formati a principi e pratiche di una maggiore libertà: penso in particolare alle donne e ai giovani.
In questi giorni i talebani hanno fatto già annunci che riportano indietro la lancetta della storia: niente classi miste che poi nella pratica, mancando insegnanti donne, vuol dire niente diritto allo studio per le bambine; niente musica, cinema e tv.
La giustificazione sarebbero le prescrizioni sacre dell’Islam. Sarebbe opportuno che i musulmani, ovunque nel mondo, reagissero in modo forte e chiaro. Questa lettura arcaica, e le pratiche barbare che vi si accompagnano, non sono compatibili nel terzo millennio con la loro fede!
Per quanto riguarda l’Unione Europea dovremmo fare pesare questo orientamento: all’ordine del giorno non c’è il riconoscimento del governo talebano, ma la necessità di un confronto forte che imponga il riconoscimento dei diritti delle donne e dei basilari diritti umani.
In alternativa, isolamento, azzeramento di aiuti finanziari, nel mentre appare che gli stessi talebani non hanno il controllo del Paese, né la certezza di assicurare una qualche stabilità. Del resto le immagini strazianti di tante persone che cercano di fuggire dal loro Paese significa qualcosa riguardo alla voglia di libertà, di una vita dignitosa, di un benessere inseparabile da quei valori.
L’attentato di questi giorni all’aeroporto di Kabul, operato da terroristi del cosiddetto stato islamico dimostra che abbiamo a che fare con criminali e non certo uomini animati da una fede religiosa: uccidono persone inermi, bambini, del loro stesso popolo; colpiscono militari presenti ora, non per condurre una guerra ma per assicurare il diritto di cercare un futuro a chi vuole lasciare l’Afghanistan, magari anche solo per avere collaborato con le potenze occidentali.
Si è già detto, in una precedente riflessione, sulla scelta unilaterale di Trump di ritirarsi dall’Afghanistan e dei modi disastrosi con cui Biden l’ha attuata. In questo scenario rendiamo il giusto riconoscimento alla nostra Aviazione e alle Forze armate italiane, che si stanno impegnando con abnegazione e capacità nel mettere in salvo tanti afghani.
Siamo troppo spesso abituati solo a criticare: giusto quando corrisponde alle situazioni, ma credibile solo se si accompagni anche a considerazioni positive quando, come in questo caso, siano oggettivamente dovute.
Una considerazione finale ancora sull’Unione Europea, dalla quale ho cominciato il mio ragionamento. Non si tratta di cambiare alleanze, ma di viverle con reale autonomia.
La Nato ha senso se vi si partecipa con parità di diritti e di doveri, non come partner passivo o una specie di ruota di scorta. Non potrà essere così se l’Unione non si dà una politica estera e di difesa comuni.
Siamo in tremendo ritardo. Gli Stati Uniti si concentreranno sempre di più sul Pacifico e nel confronto con la Cina. Spetta a noi pensare ai nostri confini: alle politiche verso la Russia di Putin e ancor più per il Mediterraneo.
Se non tutte le nazioni vogliono una politica estera e di sicurezza europee, si proceda con chi intanto è disponibile attraverso la cooperazione rafforzata prevista nei regolamenti.
Nessuna nazione deve essere esclusa in modo pregiudiziale, ma nessuna deve poter azionare il freno di blocco. Altrimenti non solo il futuro della Democrazia nel mondo ma anche le nostre libertà, preziose e per noi irrinunciabili, potrebbero essere messe a rischio.
Non sono un dono ma una conquista da difendere, approfondire, da valorizzare, per noi e per l’Umanità.