Medio Oriente, dov’è finito il Movimento per la Pace?

Abbiamo cancellato dalla nostra attenzione, individuale e ancor più collettiva, la vicenda del recente conflitto in Medio Oriente, il nuovo episodio della guerra infinita tra Israele e palestinesi. Missili da Gaza su città israeliane; bombardamenti di Israele su Gaza.

È vero siamo ancora in mezzo all’epidemia di Covid e a una crisi economica in cui l’epidemia di nuovo ci ha fatto piombare. Ma il Medio Oriente è alle porte di casa e l’Italia ha il dovere per la sua collocazione nel Mediterraneo di sollecitare un’attenzione e una politica forte ed efficace da parte dell’Unione Europea.

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Dobbiamo rilanciare l’obiettivo di due Stati per i due popoli. Israele ha il diritto a vivere in sicurezza, i palestinesi hanno il diritto a un loro Stato autonomo. In Israele dopo tanti anni Netanyahu è all’opposizione: pur fragile ed eterogenea è al governo una coalizione di solidarietà nazionale, alla quale per la prima volta partecipa un partito arabo-israeliano.

È doveroso esercitare il massimo di impegno per realizzare l’obiettivo di due Stati per due popoli. Anche le tre grandi religioni abramitiche – ebraismo, cristianesimo, islam – sono sollecitate da una sfida. In quel lembo di territorio sconvolto da odi e guerre, hanno loro radici, simboli della fede, luoghi di culto fondamentali. Non possono restare passive, indifferenti, o rischiare, come a volte è successo, di essere usate a sostegno ideologico dei conflitti.

Agire per la Pace chiama in causa il loro ruolo, il contributo che saranno in grado di dare al bene per l’umanità in questa nuova epoca, nella quale muoviamo i primi passi.

Quello che in questi anni mi impressiona è il venir meno di un movimento per la pace e il disarmo, che segnò l’avvicinarsi alla politica delle nostre generazioni, quando eravamo giovani . Prima ancora mi colpisce la caduta di un impegno e di una visione internazionale nelle forze politiche italiane, anche in quelle di sinistra e progressiste.

Sappiamo guardare le sfide soltanto all’interno dei confini nazionali e di quelli europei, cioè all’interno della nostra casa. L’Unione Europea non è più politica estera: è una patria sovranazionale che si aggiunge a quella nostra originaria, completandola non annullandola. È la “Casa comune” di cui abbiamo bisogno nel XXI secolo.

Senza un’Internazionale democratico-progressista non si affronta in termini nuovi lo sviluppo, resta astratto parlare di ecologia, è illusione proporci di dare finalità democratiche e sociali alla globalizzazione. La sinistra sarebbe destinata alla subalternità rispetto al pensiero unico neo-liberista, impotente di fronte alle politiche della destra, incapace di avanzare un progetto di società credibile e alternativo. Abbiamo la necessità di tornare a guardare al mondo e di avanzare un disegno di futuro per il mondo.

Ma torniamo al Medio Oriente: nel recente conflitto molti bambini, soprattutto palestinesi ma anche ebrei, sono rimasti uccisi, feriti, sconvolti nelle loro più intime emozioni. Hanno bisogno di cure mediche, psicologiche e di un sostegno continuo.

Questo obiettivo può essere un impegno che cerchiamo di assumere, diffondere, portare avanti, coinvolgendo strutture sanitarie israeliane e palestinesi. So che l’Opera La Pira ci sta lavorando. La Toscana e Firenze sono spesso state alla testa, con le loro istituzioni democratiche, di azioni umanitarie, di iniziative concrete per la pace: contro il rischio di una guerra atomica, per i diritti dei popoli, per contribuire a uno sviluppo degno della persona.

Non continuiamo in un silenzio o con una voce così sommessa che è impossibile udirla. Non rappresenta un diversivo o una perdita di tempo rispetto ai compiti più vicini a noi e immediati. È parte inseparabile della politica se si vuole essere partiti di sinistra: una sinistra nuova, capace di innovare ma sempre sinistra.

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