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venerdì, Aprile 19, 2024

Far del bene con bombe trasformate in gioielli

“Per ogni Coca Cola che tu bevi, un proiettile all’America hai pagato…”. Sono le parole di una vecchia canzone di lotta di Franco Trincale che uscì quando i marines attaccavano i villaggi vietnamiti e l’aviazione scaricava milioni di bombe.

Ricordate il conflitto Indocinese? Su Vietnam, Laos, Cambogia sono piovuti 270 milioni di ordigni lanciati dagli americani. Si calcola – sono dati della Lao National Regulatory Authority for UXO – che circa 80 milioni siano le bombe a grappolo e altri ordigni rimasti sul territorio, sparsi qua e là come un diffuso e sterminato campo minato.

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Allora era la Coca Cola o la Banana Chiquita a dare proiettili agli americani: oggi il problema non è più la bevanda, né il frutto, ma è come, dopo aver sminato e disinnescato gli ordigni sepolti, riutilizzarli per una grande operazione e-commerce solidale, di solidarietà sociale a favore di quei popoli che sono stati così tanto martorizzati.

Massimo Moriconi, 43 anni, sua moglie Simona Bacherotti e l’amico Riccardo Biagioni sono protagonisti di un’attività particolarmente significativa che si sta sviluppando da diversi anni.

Ecco la loro storia. Agli inizi del Duemila il giovane Massimo con la compagna Simona visitano in due mesi Vietnam, Thailandia e Cambogia. L’esperienza vissuta in quest’ultima li mette a contatto diretto con povertà, diseguaglianza, miseria, con il dramma di tanti ragazzi che mentre giocano spensierati saltano sugli ordigni sepolti nel terreno e muoiono o restano senza arti, segnati dal destino che continua ad accanirsi contro di loro anche in tempo di pace: tragica eredità della barbarie del Novecento.

Qui per alcuni anni collaborano con la onlus riminese “Una Goccia Per il Mondo” che è impegnata a realizzare scuole e capannoni per dare istruzione e lavoro ai giovani cambogiani.

Visitano anche il Laos e, a Luang Prabang, una sera vedono alcuni bracciali, cucchiai ed altri utensili realizzati attraverso il riutilizzo di ordigni bellici che gli artigiani produttori vendono nel mercato serale cittadino.

Chiedono informazioni e vanno a visitare i villaggi nella zona della Piana delle Giare, luogo di montagne e di povertà, dove prendono contatto con le famiglie che lavorano e producono quei manufatti.

Maturano allora un’idea che è anche un impegno civile e ideale: passare dall’alluminio grezzo a gioielli per un commercio solidale.

Poi ritornano in Laos, affiancando la canadese Adopt a Village e in alcuni villaggi agricoli aiutano la popolazione ad ampliare una scuola già esistente.

Tornati di nuovo in Italia avviano una collaborazione con Ong internazionali come Mag Mines e Advisory Group che si occupano dello sminamento e della rimozione delle bombe a grappolo e degli altri ordigni, con Adopt a Village in Laos e Sans of Mine che aiutano i villaggi laotiani anche attraverso l’acquisto di filtri in ceramica per la potabilizzazione dell’acqua.

Arriva il momento di una scelta che cambierà la loro vita: decidono di investire e creano la società No War Factory con sede a Viareggio.

Acquistano dagli artigiani del Laos manufatti grezzi al giusto prezzo che vengono impreziositi con incisioni o inserti d’argento, pietre e diamanti canadesi progettati dalla designer della scuola orafa fiorentina Francesca Barbarani e che, dopo la trasformazione, diventano gioielli: braccialetti, anelli, orecchini, collane che vengono rivenduti sul sito nowarfactory.com.

Il 10 per cento del ricavato viene reinvestito in beneficienza e in attività solidale ed oggi questo mercato si è allargato raggiungendo la Spagna, l’Inghilterra, la Germania.

Ai gioielli in alluminio si aggiunge ben presto la linea dei monili artigianali in ottone curati in Cambogia e la produzione di borse in foglie di tek tailandesi o di plastica riciclata.

Si avvia poi la collaborazione con Emergency, Arci, Open Arms Italia, Baobab Experience. Attualmente è allo studio, in collaborazione con Give me a Hand, altra onlus italiana, un progetto con la finalità di consegnare filtri per la depurazione dell’acqua.

I tre giovani imprenditori hanno in mente di continuare il loro impegno alla ricerca di altre aree e popolazioni, di altri luoghi dove far arrivare la filiera della solidarietà che, come detto si sta positivamente allungando.

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