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venerdì, Aprile 26, 2024

La sessualità nell’età avanzata

L’invecchiamento e la sessualità sono tematiche che toccano molto in profondità l’immaginario personale di ognuno di noi: in qualche modo si legano a dimensioni contrapposte, con la sessualità come espressione massima di vita e la vecchiaia come avvicinamento alla morte. Con queste premesse viene abbastanza logico comprendere come la sessualità nell’età avanzata sia un argomento ancora piuttosto trascurato e condizionato da stereotipi.

Spesso le opinioni comuni sono diametralmente opposte: se da un lato si tende a considerare gli anziani come esseri asessuati, ormai votati alla pace dei sensi, dall’altro c’è la posizione che sostiene che la terza età non dovrebbe imporsi limiti, a maggior ragione su una prestante vita sessuale.

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Ma è realmente così?

Fino a un certo punto la cultura è stata profondamente influenzata dalla concezione riproduttiva della sessualità. In quest’ottica le pulsioni degli anziani sono viste alla stregua di una perversione, suscitando talvolta emozioni di riprovazione e disagio: espressioni del linguaggio popolare, come “vecchio sporcaccione” ne sono un chiaro esempio.

Con la rivoluzione sessuale esplosa a fine anni ’60, molti tabù sono caduti e ciò ha investito anche la cultura della senilità, contribuendo a ridefinirne l’immagine e il diritto a una sessualità soddisfacente.

Paradossalmente, questa nuova prospettiva della senilità ha innescato un meccanismo in cui l’anziano si trova a dover inseguire quegli standard, quel concetto di soddisfazione che aveva da giovane e questo, inevitabilmente, lo renderà deficitario, creando un circolo di inadeguatezza e insoddisfazione e favorendo sempre più il ricorso a farmaci (inibitori della 5-fosfodiesterasi), terapie ormonali, o alla chirurgia estetica, nel tentativo di rievocare i vecchi fasti e ritornare ad essere qualcosa o qualcuno che inevitabilmente non potrà più essere.

Ciò che voleva essere la rimozione di una limitazione assume dunque gli inquietanti contorni di una nuova imposizione: quella del dover essere al passo e prestanti a tutti i costi. Si passa da una sessualità storicamente “negata”, a una sessualità “imposta”.

In quest’ottica l’anziano non potrà che essere manchevole. La sua sfera sessuale sarà inevitabilmente ridotta a “qualcosa di meno” rispetto al giovane e all’adulto.

L’errore di fondo è non considerare la dimensione senile come “altra” rispetto alle sue versioni più giovani, come se non potesse esistere una rappresentazione nella quale le componenti biopsicosociali dell’individuo possano integrarsi dando luogo a una modalità specifica dell’età geriatrica. E’ necessario rivolgere alla vecchiaia uno sguardo nuovo e neutro, libero dai pregiudizi dell’ageismo: quel fenomeno culturale e sociale dove gli stereotipi nei confronti dell’anziano finiscono per condizionare l’individuo stesso, contribuendo a interiorizzare una immagine negativa e svalutativa di sé.

L’ageismo è un termine coniato dal gerontologo statunitense Butler nel 1969 che indica la discriminazione nei confronti di una persona in base alla sua età. Questo comporta, anche inconsapevolmente, opinioni e idee imprecise e distorte sugli anziani con la conseguente messa in atto di atteggiamenti e comportamenti pregiudizievoli. L’interiorizzazione di questi stereotipi da parte degli anziani stessi ne minerà inevitabilmente la qualità della vita, limitandone lo sviluppo e la crescita personale che, soprattutto con l’aumento dell’aspettativa di vita, non dovrebbero essere prerogativa solo delle classi più giovani.

La terza età non dovrebbe essere vissuta esclusivamente come un momento di perdita e di avvicinamento alla fine, ma esattamente come tutte le altre fasi della vita: un’occasione di crescita e sviluppo, mantenendo vivi gli interessi e sviluppandone di nuovi. Ogni persona presenta una propria unicità: soprattutto nell’età senile è un concentrato di esperienze che la rendono ciò che è: così, a maggior ragione la sessualità, non dovrebbe risentire del condizionamento sociale, ma essere vissuta in maniera serena a seconda delle inclinazioni e dei desideri personali.

La sessualità non deve identificarsi con quello che era nelle età passate, ma rinnovarsi in un’esperienza focalizzata sull’intimità e sul benessere, basata su regole nuove, in linea con l’individualità dell’anziano.

Un grande ruolo in questo cambiamento di visione e rimozione dello stereotipo potrebbero averlo i media, restituendo un ‘immagine più dignitosa della senilità, valorizzando questa fase della vita, ma anche un’adeguata formazione in campo sessuologico ai professionisti sanitari che si occupano di pazienti geriatrici può contribuire a vivere al meglio e in maniera appropriata questa fase della vita, con ricadute positive sulla promozione della salute.

Con il passaggio dal modello biomedico al modello biopsicosociale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute come uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale, e non semplicemente assenza di malattia o di infermità (WHO, 1948). In quest’ottica nuova, ha preso sempre maggior rilevanza il principio di promozione della salute, inteso come quel processo che consente alle persone di esercitare un maggior controllo su di essa e di migliorarla (Carta di Ottawa, WHO, 1986) portando allo spostamento dell’attenzione sul concetto di qualità della vita e sui principi chiave di benessere, soddisfazione e felicità. In questa prospettiva la sessualità è definita come “un aspetto centrale dell’essere umano lungo tutto l’arco di vita e comprende il sesso, le identità e i ruoli di genere, l’orientamento sessuale, l’erotismo, il piacere, l’intimità e la riproduzione. La sessualità è sperimentata ed espressa con pensieri, fantasie, desideri, credenze, attitudini, valori, comportamenti, pratiche, ruoli e relazioni. Sebbene la sessualità possa includere tutte queste dimensioni, non tutte sono sempre vissute o espresse. La sessualità è influenzata dall’interazione di fattori biologici, psicologici, sociali, economici, politici, culturali, etici, giuridici, storici, religiosi e spirituali».

L’attenzione alla comunicazione da parte di Medici e professionisti sanitari sarà quindi centrale per instaurare un clima di fiducia rispetto al tema delicato della sessualità e dell’intimità, per stimolare benessere e qualità della vita, superando lo stereotipo ageista che definisce gli anziani come asessuati, non attraenti e privi di desiderio sessuale o, al contrario, “maniaci e perversi” quando esprimono i loro bisogni affettivi.

In conclusione, vorrei stimolare una riflessione sul fatto che in tutte le età una sana affettività, se vissuta secondo la propria soggettività e i propri bisogni, è sicuramente un fattore protettivo. Al contrario, l’assenza di relazioni e di contatto porta nella maggior parte dei casi a solitudine e depressione.

L’impegno ad allargare gli orizzonti per superare i pregiudizi diventa imprescindibile.

Il giovane cammina più veloce dell’anziano, ma l’anziano conosce la strada”

(Proverbio africano)

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