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venerdì, Aprile 26, 2024

Mangione e condiviso: ecco l’orto di Montalbuccio

E’ un caldo pomeriggio di fine estate. Il sole inizia a colorare la campagna con i suoi raggi di luce intensa settembrina che preannuncia l’imminente arrivo dell’autunno. Qualche nuvola bianca disegna il cielo ed un vento tiepido muove dolcemente le chiome degli alberi.

Mi trovo a Montalbuccio, esattamente in Strada di Casciano e con curiosità mi avvio lungo una piccola strada sterrata per raggiungere le terre dove ormai tante famiglie senesi si recano a prendere verdure a km 0 e contribuiscono con il loro lavoro alla realizzazione di quello che viene prodotto.

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Sono nella terra di OrtoMangione (https://www.mondomangione.it/ortomangione/), il primo progetto di orto collettivo e condiviso a Siena di MondoMangione (https://www.mondomangione.it/). Tutto è partito dal recupero di un terreno abbandonato nel 2019.

L’orto, coltivato esclusivamente con metodi naturali, è basato sul modello della CSA (Comunità che Supporta l’Agricoltura). In sostanza ogni partecipante è co-produttore delle proprie verdure.

Ad aspettarmi c’è Pietro Giannini, l’ideatore di questa realtà. Mi accompagna a vedere le coltivazioni presenti in questo momento, gli attrezzi con cui lui ed i suoi compagni di avventura lavorano questa terra, i nuovi progetti che stanno realizzando; mi fa vedere l’esperimento di pollaio che stanno mettendo su proprio ora, le caprette che curiose vengono a salutarci da dietro il loro recinto in legno.

Ci sediamo su una panca di legno sotto un piccolo porticato e, fra il ronzio di qualche mosca ed il miagolio di un grosso gatto tigrato, la mascotte dell’Orto, inizio a chiacchierare con Pietro.

Come è nata questa idea?

“La nostra prima insalatina l’abbiamo piantata ad agosto 2019 – ricorda Pietro sorridendo – . In realtà il mese di agosto non era proprio il periodo ideale per far partire l’orto, ma è stato il momento in cui, grazie al numero dei soci che avevamo trovato dopo il lancio dell’idea a inizio 2019, avevamo quel minimo di sostenibilità per iniziare”.

“L’entusiasmo era tanto! Ogni inizio di anno – continua – facciamo un piano previsionale e si fa un calcolo in base al terreno a disposizione, al numero dei soci ed ai costi. Facendo questo studio già all’epoca avevamo capito che erano necessarie una quarantina di famiglie per partire. E ad agosto 2019 eravamo arrivati a questo numero e dunque siamo partiti”.

“L’idea – spiega – mi era venuta pensando ad una gestione degli spazi pubblici. Io sono architetto paesaggista e il mio interesse è sempre stato volto alla realizzazione di spazi condivisi che siano però anche vissuti, gestiti proprio da chi li utilizza. Volevo realizzare qualcosa che nella progettazione fosse condiviso con chi lo usa. Ma soprattutto volevo che nella manutenzione successiva ciò avvenisse. L’idea iniziale era dunque quella di proporre orti urbani. All’epoca io vivevo e lavoravo come architetto in Francia e mi sono messo a studiare queste possibilità. E nel 2015 ho trovato che a Bologna esisteva un’azienda agricola proprio così, gestita insieme anche a chi mangia i suoi raccolti”.

“Conoscevo Valentina Pascucci di MondoMangione – conclude Pietro – e nel 2017 le prospettai di unire il mio progetto con il terreno che avevo alla sua cooperativa”.

Ma come ti proponesti a Siena?

“Il nostro slogan era: se hai sempre voluto fare un orto ma non sai da dove partire, quell’orto si può fare insieme. La primissima che ha creduto in questo mio progetto forse all’inizio folle fu un’archeologa, Francesca”.

“Ricordo ancora – dice Pietro con il sorriso sulle labbra – la sua telefonata. Mi disse che aveva letto il mio slogan e che voleva capire cosa fare. Come ti ho detto – prosegue – ci siamo uniti alla realtà già costruita di MondoMangione ma ovviamente all’inizio non saremmo potuti partire se non ci fosse stato l’entusiasmo di alcuni visionari come me”.

Con quali tecniche coltivate questa terra?

“Non usiamo il trattore. Si coltiva con queste che si chiamano aiuole permanenti, o di permacultura, di 25 metri. Nei periodi in cui le lasciamo a riposo le copriamo con dei teloni di plastica. La plastica, in pratica, ci evita l’uso intensivo del trattore che erode in realtà la terra, e l’uso dei diserbanti”.

“E’ davvero faticoso gestire le erbe infestanti così, ma questo era il tipo di agricoltura che avevo progettato e con la quale ci eravamo proposti alle prime famiglie che hanno creduto in questa avventura – dice Pietro –. Un’altra cosa che facciamo è la rotazione continua. Usiamo concimi organici. Abbiamo pensato a questo tipo di struttura anche perché nell’idea originaria c’era proprio la condivisione del lavoro con i soci. Volevamo creare qualcosa in cui tutti, ognuno con i propri tempi, potessero lavorare”.

“Tutti siamo soci della cooperativa. Quindi ci sono bilanci, condivisione delle spese e delle attività nelle assemblee – Pietro sorride, guarda intorno a questi campi coltivati e continua –. Siamo partiti veramente da zero e la struttura che volevamo costruire era un qualcosa che fosse sentito da tutti come proprio, con un grande senso di appropriazione. Le prime famiglie socie che sono arrivate qui non hanno trovato niente di precostituito. C’era da fare tutto, da costruire tutto. Insieme. In quattro persone abbiamo fatto la recinsione, poi ci siamo montati le serre e fatto tutto il resto”.

A distanza di 3 anni dai primi visionari, come li hai definiti anche te, ora quanti soci siete?

“Ora ci sono un’ottantina di famiglie – riprende Pietro –. Oltre a loro ci sono cinque ristoranti che prendono le verdure. Ripeto, per noi la cosa principale è la partecipazione di chi sceglie di far parte di questa avventura. Un minimo almeno tutti i soci devono vivere questa terra. Da chi riesce a fare solo una semplice passeggiata domenicale a chi invece può dedicare del tempo ogni giorno a fare qualcosa, a chi può mettersi a disposizione saltuariamente per vari lavori. Poi ovviamente il grosso del lavoro lo facciamo principalmente Silvia ed io che siamo i soci lavoratori al momento”.

“Il fine settimana – aggiunge – c’è sempre una bellissima atmosfera. Ci sono alcuni che portano la colazione, o qualcosa di già pronto per il pranzo. Condividiamo insieme momenti davvero piacevoli oltre al lavoro”.

Veramente un progetto a misura d’uomo. E di integrazione uomo natura ma anche un modo per stringere legami e creare un gruppo affiatato. Quindi, in sintesi, quali sono i cardini di tutto il sistema su cui si fonda OrtoMangione?

“La condivisione, come dicevo prima, è la cosa principale. Ed oltre a quella il prefinanziamento. Chi si abbona può scegliere di finanziare l’intero anno tutto in una volta o in una serie di rate. In ogni caso chi sceglie, si impegna per un intero anno alla volta”.

Oltre a tutto questo fate anche eventi, feste?

“Si, certo – prosegue – organizziamo spesso momenti di svago insieme. Quest’anno poi abbiamo vinto un bando della Regione grazie al quale abbiamo avuto dei soldi per fare degli eventi. Un vero e proprio festival per aprire le porte del nostro orto a tutti quelli che potevano essere interessati a conoscerlo ed a conoscere come coltiviamo. Abbiamo partecipato con altre sei aziende che lavorano con la Cooperativa. Abbiamo fatto escursioni, degustazioni, spettacoli teatrali, conferenze”.

L’intervista a Pietro Giannini

Cosa altro avete in mente per il prossimo futuro?

“Con il tempo lentamente stiamo cercando di specializzarci. Quest’anno costruiremo un semenzaio riscaldato in cui potremo arrivare al 100 per cento di piantine “fatte in casa”. Questo nei nostri piani, con il tempo, dovrebbe consentirci di non doverle più ordinare da fuori ed anche di poterci fare un orto con delle verdure un po’ più particolari. È anche una spinta per noi per iniziare nuove sfide e nuovi percorsi professionali”.

Che verdure coltivate?

“Praticamente un po’ di tutto: cavoli, radicchi, finocchi, zucchine, pomodori, peperoni, cetrioli, melanzane, insalate, ravanelli, cicorie, porri. Ogni cosa che viene distribuita nelle cassette è fresca, colta il mattino stesso. Abbiamo due punti distribuzione: il martedì in centro e il giovedì in periferia a Montarioso. Poi il sabato distribuiamo direttamente qui. Le ottanta famiglie socie attualmente sono divise quindi in maniera equa in questi tre gruppi. Si lavora tutto l’anno, 50 settimane su 52”.

Ma OrtoMangione non si ferma solo alla coltivazione delle verdure. Sta portando avanti altri progetti legati all’attività agricola e seguiti direttamente da alcuni soci: ulivi, api, frutteto, animali. Insomma, un percorso in continua evoluzione quello partito dalla scintilla di Pietro. Un architetto che, dopo anni passati all’estero in Francia dedicandosi all’architettura paesaggistica, ha scelto di tornare qui, a Siena, la sua città natale, per concretizzare il suo sogno di realizzare una paesaggistica viva, condivisa nella manutenzione, con un senso di appartenenza condiviso.

Ed è così che, per questa via un po’ traversa, è approdato all’agricoltura in questo bellissimo lembo di terra a pochi chilometri da Piazza del Campo. Una terra che era rimasta incolta e lasciata a sé stessa prima del suo ritorno.

Piano piano, continuando a parlare, ci incamminiamo di nuovo verso la macchina. E in questa lenta passeggiata pongo a Pietro le mie ultime due domande, quelle domande che faccio sempre ad ogni mondo parallelo che ho avuto il privilegio di incontrare.

Se dovessi dare un consiglio, un parere, ad una persona che ha un sogno, così come ce lo avevi tu, ma che non sa da dove cominciare per realizzarlo, che cosa diresti?

“Sicuramente di trovare qualcuno con cui condividere il sogno e con cui impegnarsi per realizzarlo. Io da solo non ce l’avrei mai fatta. Avevo, sì, un’idea, ma se non avessi incontrato Valentina di MondoMangione non sarei probabilmente riuscito a realizzarla. È stata il mio volano. L’Orto è un progetto nato dentro a MondoMangione”.

Pietro Giannini e Chiara Bennati

E se dovessi definire il tuo sogno realizzato con una parola, che parola useresti?

“Una parola? – mi dice guardandomi stupito Pietro – Beh… se proprio dovessi sceglierne una, direi un’isola. Un’isola felice, dove tutti possono tornare quando vogliono. Ripenso ai giorni duri del covid. In quel periodo questa terra è stata per tutti noi un’isola dove approdare e dove trovare conforto”.

Saluto Pietro ringraziandolo per avermi accompagnato in questo viaggio nel suo Sogno diventato Realtà. Nel tragitto verso casa ripenso alla sua parola: un’isola.

Mi piace. Un posto non dove rifugiarsi o fuggire dalla realtà, ma dove tornare. Tornare per assaporare l’essenziale. Un essenziale fatto del profumo delle verdure appena colte, del sudore del lavoro a contatto con la terra, del ronzio delle mosche e delle api, dello sguardo interrogativo di una gallina che attraversa la strada, del belato dolce di una capretta.

Un essenziale spogliato di tutte le sovrastrutture della nostra società virtuale e spesso fittizia. Un essenziale che ci riporta ad essere forse solo quello che siamo veramente: un tutt’uno con la natura. Una natura fatta di odori e sapori genuini. Ma anche una natura fatta di sguardi condivisi con altre persone che hanno scelto di venire in quest’isola. Di venire una volta e poi tornare. Magari per mano ancora ad altre persone.

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