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venerdì, Ottobre 11, 2024

Conversazione sulla Sanità con Eugenio Neri

Eugenio Neri, cardiochirurgo al Santa Maria delle Scotte, nicchiaiolo, senese. Non ha bisogno di ulteriore presentazione. O forse sì… amante del mare, della navigazione, della sua barca… che comunque vengono dopo la famiglia.

“Amo il mare – mi conferma -: mi rigenera profondamente. Ha ritmi lenti e invita alla riflessione: in una vita concitata come la nostra è una attività assolutamente necessaria. La famiglia in casa nostra è sempre considerata in maniera allargata è un modo di rimanere legati alle radici comuni…”

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Relatore al mangia d’oro, all’inizio la voce tradiva l’emozione. Era la sede, il pubblico o il tema?

“Il tema: siamo anche troppo abituati a dominarci in tutte le circostanze, quando però ci sono delle cose che ci appassionano, sentiamo di poterci lasciare andare”.

Hai affrontato tre temi a te cari. I colleghi, l’ospedale, la città. Tre spaccati del tuo mondo. Come se fossero i tuoi terzi. Quanto stanno insieme e quanto anche no? Quale ti pesa di più?

Adalberto Grossi e Eugenio Neri, oggi

“Domanda difficile. Sono sicuramente sullo stesso piano. Purtroppo essere nato a Siena , è un difetto, perché a nascere e a crescere qui ci abitua al bello, alla magnificenza, e si diventa orgogliosi e “spizzecoli” (Ndr: schizzinosi. Da Ubaldo Cagliaritano – Vocabolario Senese). Ci muoviamo fin da piccoli in mezzo alla perfezione e per garbare a noi una città deve essere evocativa e ideale. Ecco perché dopo i miei anni di attività all’estero ho sicuramente identificato il luogo e la comunità di riferimento in cui svolgere la mia professione. Girare il mondo ti fa comprendere il valore delle cose (nella giusta prospettiva): poter fare cose belle in un luogo dalla bellezza mozzafiato è un privilegio raro. La vicenda politica mi ha distratto da cose più serie ma mi ha concesso anche un tempo di riflessione su temi collettivi di cui non possiamo non interessarci”.

Tu sei uno spirito libero, e un’anima critica. Quanto ti sei “costretto” a fare un discorso tutto “positivo”?

“Quando Massimo Maccherini mi ha chiesto di presentarlo alla cerimonia al Mangia d’oro, mi sono sentito onorato e subito ho cercato di immaginare il modo migliore per adempiere il mio compito. Compito difficile, non riguardo allo spessore dell’attività da lui svolta, quanto per il messaggio da trasmettere alla città in merito ai temi della sanità, del suo sviluppo e delle sfide cui è sottoposta in questo periodo e nel futuro. Era obbligatorio ricordare una storia luminosa, onorare la memoria e l’opera di alcune persone e spiegare cosa succede in questa “altra Siena” che tutti i giorni, quando in città si aprono le saracinesche dei negozi è già in piena funzione e non si ferma mai. Una storia, quella che ho ripercorso, che ci indica chiaramente come sia stata la quadratura fortunata di una mente illuminata – quella di Grossi – aperta al nuovo che ha saputo utilizzare il potere con saggezza e con uno scopo realizzativo. Potremmo dire una vera e propria rivoluzione dall’alto! Tuttavia, dietro quella storia epica che ho rappresentato, ci sono stati passaggi difficili, luci ma anche ombre che hanno messo a rischio l’esistenza stessa della cardiochirurgia a Siena. Avevo intuito che il più grande timore di Massimo era la mia vis polemica, che sicuramente non avrei mai dispiegato in occasione della sua proclamazione”.

Qualcosa “rimasto nella penna” si intuiva… mancava una valutazione del presente e del futuro.

“Hai capito bene. Sulla valutazione del presente e sul nostro futuro forse sono meno ottimista di Massimo, a meno che non si metta mano ad un progetto di radicale innovazione e rimodulazione delle attività, aggiornando i nostri obiettivi alle sfide nuove: la frontiera che negli anni 80-90 poteva essere la trapiantologia ora è qualcos’altro. Bisogna fare delle scelte strategiche coraggiose per anticipare i tempi , fare in modo che strutture e organizzazioni si rinnovino ed evolvano: è l’unico modo per aggiornare l’esempio del passato”.

Eugenio Neri, docente universitario a Siena

Messa così vuol dire che del tempo è stato perduto…

“Rischio veramente di essere polemico e poco diplomatico e non posso. Come ogni dipendente dell’azienda-università non ho obiettivamente la “libertà” di esprimermi (e queste regole sono un peccato mortale per l’efficienza di un sistema ). Cosa abbiamo perso ? Sicuramente il primato della nostra cardiochirurgia in Toscana. Firenze ha avuto risorse investimenti e anche capacità, per cui ha potuto riguadagnare anni di divario e superarci. L’attrattività, risiede soprattutto nell’aver dato prospettive professionalmente allettanti a persone capaci. Favorire progetti di vita in un luogo richiede la combinazione di più fattori affinché il luogo in questione sia attrattivo; le parole giuste sono opportunità, qualità della vita, possibilità di esprimersi, futuro anche per i figli. Questo a Siena c’era e in gran parte l’abbiamo bruciato”.

“I professionisti spiega Eugenio -, non solo i medici ma anche i tecnici e gli infermieri, trovano altrove condizioni migliori, migliori condizioni economiche e prezzi più ragionevoli e sono dunque incoraggiati a fare lì i loro progetti di vita. Siena è sempre più una tappa di passaggio. Il dato di carenza del personale della sanità non è completo se non si considera la velocità di avvicendamento presso le strutture (che è altissima). Non stiamo creando nuovi cittadini senesi ma siamo diventati una tappa non del tutto accattivante di un nomadismo lavorativo. Senza certe figure professionali non si fa l’alta specializzazione e non si sviluppa alcunché. Siena deve riguadagnare terreno su questo punto, dopo che ha perduto la sua centralità storica e deve investire (se crede nella sua “ospedalità” ) per essere attrattiva per tutti coloro che desiderano potersi esprimere attraverso il loro lavoro, in un intorno “professionalmente ricco“ che asseconda le loro aspettative. A favore di Firenze gioca anche una spinta demografica importante, che alimenta i volumi di casi trattati; Siena invece ha perduto , a causa delle “gabbie regionali“, gran parte del suo territorio di riferimento storico che raggiungeva le porte di Roma e parte dell’Umbria”.

Piccolo non sempre è bello?

“Non è tutto perduto: essere un centro piccolo non è di per se sinonimo di imminente scomparsa, a patto che si decidano le attività di cui ci si vuole dedicare e investire su quelle in cui si si eccelle: i trapianti e la terapia dello scompenso sono una di queste, ma anche la chirurgia aortica e vascolare dove siamo sicuramente centro di riferimento per alcune patologie e trattamenti. Nello stesso tempo bisogna non farsi erodere l’area vasta da scelte o politiche di contrapposizione fra istituzioni, per cui si creano concorrenza e fughe su alcune specialità del Policlinico”.

Hai parlato di “risorse umane” credo che ci sia un altro corno del problema. Per rimanere al passo e svilupparsi bisogna inoltre esser avanti sulle tecnologie e sulle attrezzature…

“Le sale operatorie di cui abbiamo visto le foto di inaugurazione sono le stesse del 1984 (ancora resistono) segno di indubbia qualità progettuale e realizzativa. Ma non abbiamo sale ibride, i posti di rianimazione cardiochirurgica sono ridotti e da anni alcuni sono chiusi (e ce ne è un urgente bisogno)”.

Eugenio Neri e Massimo Maccherini, qualche anno fa

Torniamo indietro. Da Grossi a oggi, puoi approfondire il tuo punto di vista.

“Il dopo Grossi ha avuto molte ombre . Anni durante i quali abbiamo perso il primato delle cardiochirurgia in Toscana e il primato della formazione: avevamo una scuola di specializzazione in cardiochirurgia che ormai è perduta a causa di scelte sbagliate, probabilmente compiute da persone sbagliate. Inoltre sono anche mancati anni di investimenti strutturali, su campi emergenti o su attività di punta che comunque continuano ad essere prodotti a Siena. Il concetto sbagliato è stato quello di accaparrarsi , come in un calcio-mercato dei professionisti, delle cosiddette “star” della medicina (non sempre tali) , invece di scommettere sulle persone che valevano e sul collettivo. Almeno nel nostro campo sono forse più gli elementi di valore – nati e maturati qui – che sono partiti rispetto a chi è arrivato. Abbiamo visto passare una quantità di persone dal valore indubbio, cresciute nelle nostre scuole che ci siamo lasciati scappare. Non essere in grado di trattenere nemmeno coloro che formiamo a causa di un vuoto di sbocchi professionali è indice di un fallimento, a volte voluto”.

Dunque c’è una china da risalire. Che fare? Ci sono dei punti di forza?

“Siena offre uno spettro di opzioni terapeutiche unico nel panorama toscano nel campo del “cuore” e in generale del torace. Ha una cardiochirurgia e una cardiologia interventistica dove tutte le opzioni terapeutiche sono dispiegabili. In medicina conta la qualità dei gesti e anche l’attitudine verso la presa in carico delle complicanze. Comunicare questa complessità è obbligatorio altrimenti, il cittadino e l’utente sono autorizzati a credere che tutti i luoghi di cura sono equivalenti. Ma, non è così! La qualità è una misura dei mezzi dispiegati e impiegabili sul singolo caso. Poi comunicazione e informazione: abbiamo perduto numeri e attività anche perché non siamo stati capaci (a essere maliziosi si potrebbe pensare a una precisa volontà…) di comunicare i nostri traguardi ed attività di alta specializzazione che qui si producono. Inoltre bisognerebbe ci venisse riconosciuto, dove questo è legittimo, lo “status” di centro di riferimento regionale, in modo tale da non esser limitati dalla scarsità di popolazione e dalle caratteristiche del territorio: qui verranno persone con problemi particolari che sappiamo trattare”.

Un’ultima domanda la rete di relazioni internazionali quanto conta…

“Moltissimo. Nella presentazione di Massimo Maccherini ho ricordato anche il suo periodo di fellowship a Toronto presso un centro universitario prestigioso. Quel passaggio fu reso possibile da uno strumento, il “gemellaggio” Siena- Toronto, creato dal Prof. Forconi che ha permesso scambi di valore tra le due istituzioni. La scienza, lo studio, la ricerca sono fatti di rapporti. Ricostruire una rete internazionale non è difficile , bisogna creare lo strumento giusto per dare dei ruoli accademici attivi a personalità internazionali, cui siamo legati da rapporti di vicendevole stima. Da fuori guardano ancora al nostro ateneo e alla nostra città con ammirazione e rispetto. Poter insegnare a Siena, entrare in qualche modo nei nostri atenei storici e ricambiarci aprendo le porte delle loro istituzioni ai nostri giovani è motivo di grande prestigio e per noi è puro ossigeno”.

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