Intervista a Riccardo Caliani, direttore generale della Note di Siena Mens Sana Basketball
Con Riccardo Caliani non c’è bisogno di presentazioni. E’ semplicemente il punto di collegamento – l’unico rimasto – fra la Mens Sana che con più orgoglio ricordiamo e l’attuale che ha saputo scatenare il nostro orgoglio… Non senese ma poco ci manca, diciamo “mezzosangue”, riluttante (ma costretto) ad appendere le scarpette dopo il titolo italiano Uisp conquistato con i ragazzi del Fomenta di coach Lazzeroni meno di un lustro fa, mille ruoli interpretati per il biancoverde e mille rinunce per continuare a interpretarli quando il “giochino” si è di molto ridimensionato.
Direttore. La Mens Sana Basketball è in finale. Che effetto ti fa?
“Bellissimo. Una stagione fantastica, iniziata il 23 di agosto scorso e che ci sta regalando cose che non si provavano da anni. Sono orgoglioso del percorso che abbiamo fatto. Come squadra, staff e società”.
Adesso, sognare è lecito?
“Certo. Sognare è bellissimo. La realtà a volte è diversa. Ma guai a mettere freno ai propri sogni. Perché forse è proprio lì che si provano le emozioni più forti, sincere e genuine”.
Alla fine si sono qualificate per la finale Costone e Mens Sana, che nei gironi iniziali erano state separate in maniera inattesa dalla Fip facendo molto discutere. Hanno battuto rispettivamente Agliana e San Vincenzo, che provenivano a loro volta da due gironi diversi. Lo chiediamo anche a te. Forse allora la differenza tra i due gironi iniziali che in molti – compresi noi del SienaPost – avevamo ipotizzato non era poi così reale?
“Mah. Non lo so. Queste valutazioni le lascio volentieri ad altri più appassionati di me a fare pronostici. Quando andavo al Liceo mi divertivo a giocare la schedina del totocalcio, ma ho smesso quasi subito perché non ci azzeccavo mai. Anche perché non sempre i valori sulla carta sono poi rispettati. Il campo ha dato i propri verdetti. Gli unici che alla fine contano”.
Non avevi azzeccato neppure il pronostico sulla Mens Sana, dato che ad inizio stagione avevi detto di puntare alla salvezza… E poi ce lo hai in pratica ripetuto a gennaio…
“Confermo. L’ho detto. Ma perché in una stagione così schizofrenica l’obiettivo era effettivamente quello. E onestamente non pensavo ad una cavalcata del genere da parte della nostra squadra. Quando qualcuno scherzando (o forse no) mi dice che di basket non ci capisco niente, forse ha ragione… Detto questo voglio fare i complimenti alla squadra ed allo staff per ciò che hanno fatto. Siamo cresciuti di settimana in settimana, maturando e giocando insieme. Oggi siamo una squadra molto migliore rispetto a settembre”.
Sui pronostici non sei lanciato, ma sulle altre cose… insomma. Ti riproponiamo un ragionamento nostro e una tua di poco successiva intervista… Era il maggio-giugno 2021 e parlavamo del Caliani Project. Commentando oggi le tue parole, cosa ti verrebbe di aggiungere/correggere?
“Sinceramente l’ho dovuta rileggere prima di rispondere perché non me la ricordavo. In quell’intervista auguravo alla Mens Sana di tornare ad essere un polo di attrazione ed un motivo di vanto per la città. Credo che su questa strada si siano fatti dei bei passi in avanti. Oggi vedo attorno al nostro progetto molta più attenzione sia a livello cittadino che fuori. Siamo ancora lontani dall’obiettivo, ma possiamo dire che la strada intrapresa è quella giusta. L’unica “correzione” vera che mi sento di fare è che non si tratta di un “Caliani Project”. Il nostro è un progetto d’insieme, che avrà successo solo se le varie anime a sostegno remeranno tutte nella medesima direzione. Compito mio, del Presidente e degli altri dirigenti far sì che questa cosa accada”.
Nelle nostre chiacchierate di basket e di filosofia del gioco, ti abbiamo sentito dire cose “curiose” e che vorremmo approfondire. Ad esempio: cosa intendi quando dici che “le squadre si migliorano anche per sottrazione e non solo per addizione”?
“Che il basket non è matematica. Se aggiungi talento non è detto che tu migliori il risultato. Che l’equilibrio, la stabilità e la condivisione di un obiettivo da parte di un gruppo è molto più importante del valore dei singoli. Quindi a volte rinunciare ad un giocatore, anche forte, in nome del gruppo, penso possa valere più di aggiungere solo numeri o talento”.
Quindi è per questo che a febbraio non avete aggiunto nessuno? Nonostante i tifosi invocassero un rinforzo che vi avvicinasse alla testa di serie numero uno?
“Devo dire la verità. Con il Presidente e soprattutto il coach abbiamo pensato a lungo di aggiungere un giocatore con certe caratteristiche che ritenevamo utili alla squadra e rispettose del percorso fatto dai ragazzi. Un’aggiunta che non sconfessasse il nostro credo di inizio stagione e non mortificasse coloro che ci avevano portato fin lì. Lo abbiamo cercato, ci abbiamo provato, ma non abbiamo trovato la persona o la condizione che ritenevamo giusta. A quel punto abbiamo deciso di non prendere nessuno, proprio per non aggiungere tanto per aggiungere. Il 28 febbraio scorso ho spiegato questo ai ragazzi. Se avessimo trovato il profilo tecnico, umano ed economico giusto lo avremmo aggiunto. So che in molti si aspettavano un innesto. Lo capisco. Ma ripeto. Per me il gruppo, l’equilibrio e la chiarezza di ruoli e gerarchie conta più del talento sfrenato”.
Veramente un’aggiunta l’avete fatta: Lorenzo Rosi da Castelfiorentino…
“Giusto. D’accordo con Castelfiorentino, che ringrazio, abbiamo deciso di tesserare il 28 febbraio scorso Lorenzo in modo che potesse essere disponibile per allenarsi al termine della stagione della sua ABC. Non appena terminato il campionato lo abbiamo annunciato ed aggregato. Spesso infatti a causa di impegni concomitanti o problemi di doppio utilizzo dei nostri giovani siamo un po’ corti anche per gli allenamenti. Lorenzo era contento di proseguire la stagione con noi, dare una mano se necessario e far compagnia al coach per strada”.
Un’altra cosa che ti abbiamo sentito dire spesso, magari davanti ad un bicchiere di birra, è che i giocatori si misurano dal collo in su…
“Beh questa non è male… forse l’avrò detta anche dopo un paio di birre… però lo penso davvero. Fisicamente e tecnicamente spesso i giocatori si somigliano molto ed in molti casi forse si equivalgono. La differenza più grande la fa la testa, la comprensione del gioco, la gestione delle emozioni, la capacità di sapersi adattare all’avversario e di mettere energia sempre e comunque. Negli anni ho visto giocatori modesti tecnicamente giocare a livelli alti e talenti cristallini mai realmente sbocciati. Anche nei ragazzi giovani guardo molto come si muovono in campo, l’atteggiamento che hanno, il modo in cui si relazionano con compagni, avversari, arbitri. Perché il corpo e la tecnica si allenano molto più facilmente degli atteggiamenti. Poi è evidente che per arrivare a certi livelli la componente fisica e tecnica è determinante. Specialmente nel basket di oggi, in cui l’atletismo è la prima cosa che anche gli Scout delle società di più alto livello ricercano per prima”.
Torniamo alla Finale. Cosa deve fare la Mens Sana per provare a battere il Costone?
“Il Costone è la squadra più forte del campionato e pertanto puoi competere solo se sei perfetto e magari loro no. Credo che sia giusto riconoscere i meriti altrui nell’aver allestito, gestito ed allenato una squadra fatta da nove giocatori di livello assoluto per la categoria. Noi ci presenteremo con rispetto per il valore dell’avversario, ma senza timore. Non c’è motivo di essere impauriti dopo il percorso che abbiamo fatto”.
Contro San Vincenzo si è tornati a respirare un clima d’altri tempi al PalaEstra e ci aspettiamo che in Gara 3 di finale non sarà da meno. Ti abbiamo visto provato ed emozionato nel video pubblicato sui social della società al termine di Gara 5. Raccontaci a mente fredda quelle emozioni…
“E’ stato un concentrato di tensione e speranza, sfociato poi in un urlo di gioia collettivo. Ho abbracciato tanta gente che mi diceva “GRAZIE”. Forse se l’ultimo tiro di San Vincenzo fosse entrato di “GRAZIE” ne avrei uditi di meno, ma lo spessore della stagione sarebbe stato comunque il Top. Il fatto sai qual è? E’ che mi impongo ogni giorno di lavorare insieme agli altri Dirigenti per far crescere la società a prescindere che una palla entri o esca. Ma poi la verità è un’altra: se entra o esce cambia quasi tutto. E va saputo gestire con gioia e gratitudine il momento in cui entra, sapendo che qualche volta puoi trovarti anche dall’altra parte. Ed a me è accaduto diverse volte, anche in situazioni abbastanza importanti”.
Ti riferisci sicuramente anche a quel tiro finale di Gara 4 che poteva darci il nono scudetto (che ci avrebbero sicuramente tolto) nella stagione del #somethingdifferent. Come è stato riproporne il ricordo con Marco Crespi quest’anno al PalaEstra?
“Per me è stato bellissimo, perché la stagione, al di là dell’epilogo triste, è stata magica. Marco è un amico ed una persona importante per me. L’ho incontrato qualche giorno fa a Chiusi in occasione delle Finali Nazionali Under 19. Siamo stati insieme un’oretta e chiunque passasse vicino a noi ci salutava facendo riferimento al ricordo di quella stagione. In realtà però quello di Janning non è stato l’unico “tiro maledetto” che ho vissuto. Ne cito altri due, diversi, ma che in egual misura mi sono rimasti un po’ nel “gozzo”. Il primo, che ho vissuto da seduto in panchina, è il canestro subito all’ultimo secondo da Jayson Granger di Malaga al Mandela Forum di Firenze, che ci estromise dall’Eurolega nella stagione 2013/14. Ci rese pan per focaccia il buzzer vincente di Jeff Viggiano del girone di andata a Malaga. Venendo a ricordi un po’ più freschi, l’alley-oop sbagliato da Alleman all’ultimo secondo in Gara 2 di semifinale Playoff di serie C Silver ci costò l’eliminazione contro Fucecchio due anni fa. Ma sappiamo che funziona così. E’ la famosa palla che entra oppure esce che può cambiare il destino”.
Per chiudere ti faccio la stessa domanda che ho fatto al Presidente Frati. Se la Note di Siena domenica dovesse espugnare il PalaOrlandi cosa farai?
“Negli anni ho imparato a gestire abbastanza bene le emozioni, che peraltro dopo Gara 1 sarebbero comunque parziali. Penso che andrei a fare i complimenti alla squadra e poi magari a bere un paio di birre insieme ai collaboratori ed al Presidente. D’altronde non potrei mai abbandonarli nel momento del b… bere una birra!”