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venerdì, Novembre 22, 2024

Uomo-donna realtà fluida? Convegno di bioetica per discutere i pericoli gender

Paolo Delprato, dirigente in un’azienda privata e Vice Presidente dell’Osservatorio di Bioetica di Siena, ci parla della Conferenza prevista per il prossimo 6 maggio alle 18 presso la Sala Italo Calvino, complesso Santa Maria della Scala a Siena. Forte nelle sue convinzioni, egli è anche stato presidente del Centro di Aiuto alla vita di Siena dal 2000 al 2010, è stato presidente dell’Associazione Scienza & Vita di Siena e si è diplomato al Master Estivo di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.

Perché nel titolo della conferenza accennate a “pericoli per i diritti delle donne e dei bambini” a causa dell’ideologia Gender?

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“Va anzitutto specificato che quello che vogliamo esaminare è l’impatto che un certo approccio alle tematiche relative alla sessualità e all’identità sessuale sta avendo sulla società. Quello che stiamo vedendo oggi è un preoccupante utilizzo in chiave politica di rivendicazioni che discendono più da posizioni ideologiche che da un confronto scientifico e culturale e civile. Mi spiego. Nessuno vuol negare che ci possano essere situazioni di disagio individuale ed esistenziale legate alla percezione della propria identità sessuale rispetto al proprio corpo. Ma da qui a sostenere che l’essere umano sia “fluido” da un punto di vista sessuale e che il maschile e il femminile altro non siano che degli stereotipi sociali da disarticolare per liberare l’essere umano da ogni oppressione, secondo noi ce ne passa”.

“Ecco, la cosa che sta diventando davvero preoccupante – specifica Delprato – non è che i sostenitori della fluidità dell’essere umano abbiano sempre più spazio nella discussione pubblica e nella società – ancorché in misura sicuramente superiore alla loro incidenza nella popolazione -, ma che questa posizione tenda a diventare totalitaria, pretendendo di togliere il diritto di parola a coloro che non la condividono. Gli esempi cominciano a diventare numerosi e guarda caso riguardano quasi esclusivamente donne”.

J.K.Rowling al tavolino del caffé dove scrisse il primo Harry Potter (FB Foto pubbliche)

E qui veniamo alla domanda….

“Esatto. Prendiamo la vicenda che riguarda la “madre” di Harry Potter, la scrittrice JK Rowling, perché è esemplare. La Rowling è passata dall’affetto incondizionato da parte dell’opinione pubblica in generale all’essere considerata un essere meritevole di morire solo perché ha affermato che il sesso di nascita è un elemento immutabile della persona umana e che le donne non sono definibili semplicemente “individui che hanno le mestruazioni”. In altri termini si è ribellata all’idea che il concetto di donna possa essere definito – o auto-definito – a prescindere dal dato genetico. La violenza nei suoi confronti è stata dapprima verbale, poi sono arrivate le segnalazioni del suo indirizzo privato sui social affinché le venisse data “una lezione” fino ad arrivare al recente libro scritto da un attivista LGBTQ+ che racconta – con evidente compiacimento – della atroce morte della Rowling in una casa in fiamme. Dobbiamo considerare che stiamo parlando comunque di una persona che dispone di mezzi finanziari e di un patrimonio che le consentono di poter reggere a tutto questo. Ma assieme a lei, ormai, sono tantissimi i casi – e ce ne parleranno i relatori il 6 maggio – di docenti universitari, medici, insegnanti, scrittori e giornalisti condannati all’esilio sui social e all’emarginazione se non alla privazione del lavoro negli ambienti dove operano. Persone comuni che si trovano ad affrontare enormi difficoltà economiche solo perché hanno avuto il “torto” di dire che si nasce maschi o femmine. E sono quasi tutte donne”.

Da “Orange is the new Black”, la serie tv ideata da Jenji Kohan e prodotta da Lionsgate Television (dal 2013 sette stagioni)

Quindi un problema che riguarda in particolare il mondo della cultura?

“Direi non solo. Una delle battaglie delle donne che sono preoccupate da questa deriva è quella di evitare che uomini transessuali condannati a pene carcerarie possano essere reclusi in reparti femminili, a volte anche senza aver fatto il percorso di transizione, mettendo a rischio l’incolumità delle donne ivi incarcerate. Oppure, altro campo di battaglia che sta conoscendo un’espansione drammatica, è quello dello sport. Sempre più spesso assistiamo a uomini transessuali che chiedono e ottengono di poter gareggiare nelle competizioni femminili, raggiungendo prestazioni irraggiungibili per le donne a causa della ineliminabile differenza corporea e muscolare. Il dibattito in questo caso è ancora in corso (Ndr. https://it.wikipedia.org/wiki/Transessualit%C3%A0_nello_sport), ma le situazioni concrete, passo dopo passo, stanno aumentando e a rimetterci sono nuovamente le donne”.

“Le cito – conclude il vicepresidente dell’Osservatorio – infine un episodio significativo. La nuova giudice della Corte Suprema Usa, la progressista Ketanji B. Jackson, durante le udienze di fronte al Senato, a fronte di una domanda esplicita – “Lei saprebbe definire la parola Donna?” – non è stata in grado di fornire una risposta, sostenendo di non essere una biologa. Questa “non risposta” pronunciata da un giudice supremo è davvero inquietante e rivela, in maniera chiara, il pericolo a cui ci siamo riferiti nel titolo della Conferenza”.

E invece, per quanto riguarda i bambini?

“Qui invece stiamo assistendo ad un fenomeno forse ancora più inquietante. I sostenitori della fluidità di genere stanno diffondendo nella popolazione, a partire da quella scolastica, anche dell’infanzia, la convinzione che è molto possibile che molto di noi siano nati nel corpo sbagliato e che oggi sia possibile “rettificare” questo errore della natura. Si arriva quindi a sostenere che attribuire il sesso alla nascita sia un arbitrio inaccettabile e che quindi il bambino sia di per sé una creatura neutra, che sceglierà il proprio genere al momento opportuno. In nome di questo convincimento – che noi definiamo per l’appunto ideologico – vanno diffusi e anzi, incoraggiati i percorsi di transizione sessuale fin dall’infanzia. Nei Paesi del nord Europa e nel Regno Unito si sono quindi moltiplicati a dismisura i casi di “disforia di genere” che hanno trovato soluzione in pesanti interventi di tipo ormonale e chirurgici, spesso irreversibili”.

“Il fatto – specifica Delprato – è che questi percorsi non è affatto detto che possano essere la soluzione giusta di fronte a situazioni che, per quanto possano esistere – e questo nessuno lo mette in dubbio -, necessitano in primis di un sostegno psicologico e affettivo e si risolvono da sé nella stragrande maggioranza dei casi. Le cliniche dei Paesi che, prima ho citato, stanno oggi fronteggiando una serie di cause per i danni irreversibili che interventi devastanti hanno apportato alla salute e alla qualità della vita di moltissimi giovani e sempre di più la comunità scientifica sta avanzando dubbi sulla validità di questi percorsi che, non a caso, qualcuno ha definito come la replica di ciò che accadde con la lobotomia nel secolo scorso, da tanti indicata come la soluzione dei problemi mentali ma che poi si è rivelata una pura e semplice barbarie (ndr. https://feministpost.it/dal-mondo/trans-medicina-la-nuova-lobotomia/”.

La conferenza del prossimo 6 maggio si caratterizza per la presenza di relatori di diversa estrazione politica e culturale…

“Una delle cose più interessanti di questa situazione è che la reazione alle posizioni ideologiche e sempre più totalitarie degli ideologi del Gender e dei loro attivisti, sta portando alla creazione di un fronte di resistenza trasversale che pensiamo di aver ben intercettato nel parterre della nostra conferenza. A fianco all’associazionismo di matrice cattolica che si richiama intorno al cosiddetto “Family Day”, da sempre oppositore delle ideologie Gender, si trovano ora una componente importante del Femminismo Radicale che definirei “storico” e che da sempre lotta contro l’uso e l’abuso del corpo femminile a servizio del capitalismo e del patriarcato e che quindi vede ora, nelle battaglie LGBTQI+ il veicolo attraverso il quale sdoganare forme di oppressione femminile quali l’utero in affitto e la “sparizione” della donna dall’orizzonte sociale. Anche una parte della sinistra, sicuramente minoritaria ma meno sensibile alle istanze radicali e libertarie che ormai hanno pervaso il PD, si è ritrovata in questa battaglia di resistenza”.

“Queste tre componenti – conclude DelPrato – sono rappresentate nella conferenza del 6 maggio da Giusy D’Amico, presidente dell’Associazione “Non si tocca la famiglia”, da Marina Terragni, scrittrice e fondatrice della rivista Feminist Post e da Stefano Fassina, Deputato di Liberi e Uguali. La moderazione di Giulio Meotti, giornalista del Foglio, completa un parterre di indubbio interesse e valore”.

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