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lunedì, Aprile 29, 2024

Allonsanfàn, affaccio a tanti dubbi e poche certezze

Bella serata di politica al Circolo Due Ponti con Pietro Folena e Marisa Nicchi

Grazie Pietro Folena. Con convinzione per esser stato nuovamente a Siena ieri sera al Circolo Due Ponti a darci prova della tua verve oratoria e raccontarci di come potrà essere Allonsanfàn 2024 il 10 febbraio a Firenze; con ironia perché stamani alle cinque ero in piedi a pensare come con intelligenza tradurre quella tua ansia di smuovere, scuotere, ruzzolare, rigirare il minestrone dell’attuale società italiana. Per questo altruismo vorrei ancora ringraziarti, ma so che rispediresti al mittente l’omaggio giustificando che questa è caratteristica comune per i figgicciotti.

Già loro, gente fatta con lo stampino, interpreti della scena nazionale quando ancora l’ascensore sociale funzionava, testimoni o artefici di molte conquiste politiche, parte cospicua de La Meglio Gioventù, comunisti che si sono arrogati il diritto di dissenso, quasi “apolidi” oltre la Bolognina. Ora che li sto accompagnando a questa reunion al Tuscany Hall di Firenze, chiamerei il percorso “un affaccio a tanti dubbi e poche certezze”.

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La mia deformazione professionale mi porta a cercare un titolo di sintesi anche quando non c’è. E questo sembra essere uno di quei casi. Di recente Pippo Lambardi, che per quanto giovane e cristiano dev’esser figlio di una cultura simile, mi chiude l’intervista dicendo: “Venite, si ragiona!”. Ed io mi sono detto “Boh, contento lui”. E invece mi sbagliavo: Allonsanfàn, Firenze 10/2/2024, dà come unica certezza che tre o quattrocento persone saranno insieme per l’atto di ragionare. Gente particolare ai quali non basta un Vespa, un Porro o un Mentana per farli convinti e che potrebbero – ho detto potrebbero – tornare a esprimere questa partecipazione nell’ambito di un soggetto politico, o culturale. Parlare è quindi l’inizio di qualcosa. Parlare è comunque cosa che tanti non sanno più fare.

E che ci finirà nella loro discussione? Sicuramente quello che sembra essere più forte di tutte le loro paure private e che forse li spingerà a vincerle per dire “basta” e gestirne le conseguenze. Il malessere, lo scontento, la prospettata inedia che si fa collettiva, la confusione, anche intellettuale, di un numero crescente di cittadini. Tutte cose che basta affacciarsi all’uscio per vederle e dove si potrebbe scoprire che l’antagonista ha migliori argomenti dei tuoi.

Un esempio. Ieri sera eravamo al Circolo Arci Due Ponti, uno dei siti che addirittura è definito nodo nevralgico di uno dei gruppi Pd che si contendono il potere residuo a Siena. Accanto la porta, una lapide pacifista ricorda la morte di venticinque senesi che persero la vita nel primo e più cruento dei sei bombardamenti del 1944, il 23 gennaio. Giusto tre giorni fa, a quella lapide è stato appeso da Casa Pound un mazzo di fiori a celebrazione del compiuto ottantennio dalla tragedia. Un gesto, giusto e meritevole, che politicamente è anche sconvolgente.

Superata la soglia troviamo Marisa Nicchi, fiorentina di origini grossetane, ex segretario regionale Fgci, figura alla quale si deve il costante tamtam che preannuncia la reunion fiorentina del 10 febbraio e buona parte dell’organizzazione. Pragmatica, il cui voluto rigore non maschera l’ancor presente avvenenza. Accanto a lei, Stefania Cresti, microbiologa, figlia d’arte, presidente di Futura Siena, il sodalizio cui si deve l’ultima presenza di Folena a Siena e che, con più costanza di altri, organizza eventi politici che sfuggono alla mediocrità.

El pueblo unido jamas sera vencido. “Ma – dice Folena – non c’è più un popolo dietro l’attuale politica. Tutta volta a finalizzarsi e rappresentarsi nel solo Parlamento. E chissenefrega se uno fa un’interrogazione: la vita scorre altrove”. Tutta la sua ammirazione ai tedeschi che pochi giorni fa sono scesi in 1,4 milioni in piazza per protestare contro il progetto di “deportare i non germanici”.

Intanto, ad Allonsanfàn, la canzone sul popolo unito e imbattibile, hanno trovato a chi farla cantare. La interpreteranno proprio coloro che la portarono in Italia, gli Inti Illimani di Jorge e Marcelo Coulon, in diretta da Valparaiso dove in molti vivono dopo una precedente vita da esuli. “Con altre tre” ci precisa il noto organizzatore Massimo Gramigni, voglioso di raccontare quali e quanti legami leghino la band a Firenze dopo che il golpe contro il marxista Salvador Allende giunse quand’erano all’estero. Ci racconta di Pratolini, di un ponte sull’Arno, dell’amore fra Metello ed Ersilia, dell’amico Victor Jara che invece pagò con la vita e la tortura l’esser rimasto nel Cile di Pinochet.

L’annuncio degli Inti Illimani è succoso, ed è con esso che esordisce la presidente di Futura Stefania Cresti. Ci sarà pure Sanremo quella sera, ma i toscani riassaporeranno il gusto di un amore passato.

L’evento dei Due Ponti, seppur pubblico, è riservato a una trentina di persone. Molti semplificano dicendo che sarà anche la “meglio gioventù”, ma sono solo vecchi che si scambiano ricordi. Folena comunque vale “il costo del biglietto”, tanto quanto il ragù della signora Mirella, e quando tira le somme spiega diversamente la questione: “Reduci sì, ma dal futuro. Noi siamo persone che hanno vissuto il privilegio di esserci. Oggi siamo radicalmente diversi, ma i valori e le idee fondanti sono sempre quelli. Oggi c’è un’attualità che sentiamo sulla pelle e sempre oggi abbiamo l’occasione di ritessere i fili di una comunità dispersa”.

Dice che la distanza dai giovani e giovanissimi è minore di quella che si potrebbe pensare. Dice che il primo trimestre degli studenti romani è stato costellato di quelle che una volta si chiamavano okkupazioni e neanche una di esse ha mancato di esser contraddistinta da discussioni su pace, immigrazione, integrazione, salute, giustizia sociale. Ieri come oggi i giovani sono gli stessi, ai secondi mancano i luoghi dove ritrovarsi e approfondire, forse la convinzione di osare. Ma la distanza è breve e qualcosa la potrebbe rendere ancor più breve: parliamo di cultura e studio.

“La cultura ce l’avevo in casa – dice Pietro Folena –, mentre devo alla politica l’amore per le lotte di popolo di rivendicazione e giustizia. La Sinistra deve tornare a innamorarsi del popolo sennò ha già perso; la Sinistra deve combattere e vincere la rivoluzione del sapere e del progresso. Quello che permette ai grandi gruppi industriali di indicizzarsi e conoscerci, permette anche consapevolezze diffuse”. Da anni Pietro Folena ha scelto di vivere di cultura ai massimi livelli: più cultura perché senza di essa non esiste la comprensione, l’empatia, la convinzione.

Raccontando, sento che chi legge senza conoscere, potrebbe dire che è l’ennesima generazione che si imbrodola per trovarsi meriti. Tuttavia non è così. Dice bene Marisa Nicchi quando spiega che sugli anni ’70-’80 ancora la storia scientifica non è stata scritta e un giorno dovrà esserlo, quantomeno riguardo a quelle culture positive che hanno mantenuto democratico il Paese. C’è poi, sullo stesso periodo, la memoria che invece è quella cui l’evento fiorentino vuol dare la sveglia.

Sono in molti ad alzarsi per raccontare; per la precisione Italo Gorini, Fabio Pucci, Luciano Carapelli, Roberto Beligni, Fiorenza Anatrini, Altero Borghi, Ivano Zeppi ed Ernesto Cesaro. Grazie anche a loro mi viene di isolare alcuni fatti e aspetti tutti relativi a una Siena partecipe del suo tempo che non era certo definibile “Sienina”.

Erano gli anni di piombo; si sparava un giorno sì, e l’altro quasi. Ma Siena tranne due episodi – le bombe a Upim e Coop dell’11 aprile 1978 e la sparatoria di Prima Linea con uccisione di due militi il 21 gennaio 1982 – rimase tranquilla. Oasi di latitanza come lo fu per il coevo banditismo sardo? La prima manifestazione nazionale per la Pace si svolse a Rapolano (1980) quando venne prospettata l’installazione di missili cruise alla Polveriera. Una delle prime compiute lotte femministe avvenne per il reiterato stupro di gruppo al Lago dei Vecchi (1979) con sostegno all’unica vittima fino a condanna di tutti i partecipanti. Uno dei primi piani sanitari regionali – con forti inflessioni sociali – fu quello della Toscana redatto a Santa Colomba da Augusto Gerola. Lo stesso Folena ebbe l’imprinting comunista da Enrico Berlinguer in persona, ma lo tramutò in adesione grazie al partigiano della pace professor Omodeo, docente a Padova e da pochi giorni scomparso ultracentenario. O infine lo scienziato Enzo Tiezzi che in tempi lontanissimi teorizzava da Pian dei Mantellini sui bruschi cambiamenti del clima a compagni che dicevano come un po’ d’acqua in più ai campi avrebbe fatto soltanto bene. Pur se di precedente datazione, quella era una Siena immortale come la definiva Silvio Gigli, senese imprestato all’Eiar-Rai.

Marisa Nicchi assicura che ancora c’è fuoco sotto la cenere e che questo fuoco divamperà. Ivano Zeppi, tra gli ultimi a esprimersi, che ha regalato la sua storia per promuovere in queste settimane l’evento, dice che i figgicciotti hanno una sola sfida e cioè quella di presentare la loro esperienza come innovazione.

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