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giovedì, Marzo 28, 2024

Gli impianti di energia rinnovabile programmabili

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Alberto Flori, progettista di impianti di energia rinnovabile.

Gli obiettivi globali di decarbonizzazione, resi indifferibili, fra l’altro, dai marcati cambiamenti climatici, prevedono un forte sviluppo delle energie rinnovabili.

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Va premesso che uno dei problemi delle rinnovabili è che una buona parte delle tecnologie in uso non sono programmabili. Il fotovoltaico e l’eolico, per fare un esempio, non hanno un andamento di produzione prevedibile e costante nel tempo, dipendendo strettamente dall’andamento meteorologico.

Il fotovoltaico produce di giorno e non di notte, e di giorno più col sole che con le nuvole, e più d’estate che d’inverno. La massima potenza nominale di un impianto fotovoltaico non viene quasi mai raggiunta, ma anche quella media non ha un andamento stabile.

Il sistema elettrico nazionale, che provvede all’approvvigionamento sulla rete dell’energia elettrica, non solo non ha certezza sulla disponibilità di detta potenza, ma deve disporre anche di una riserva elettrica di produzione fossile, da immettere in rete, nel caso che il fotovoltaico – ed il rinnovabile in generale – non assolva a tutte le richieste istantanee del mercato elettrico.

Questo deriva dalla giusta precedenza, per l’immissione in rete, delle energie rinnovabili su quelle fossili. Quando ci sono, sono le prime ad essere utilizzate.

Stesso discorso vale per gli impianti eolici, che hanno massima potenza in caso di venti sostenuti e zero in caso di alta pressione e atmosfera stabile.

Dal momento che la produzione elettrica di detti impianti spesso non è allineata con le richieste elettriche del mercato, si stanno facendo strada i grandi sistemi di accumulo, centrali di batterie al litio, di grande potenza, dislocate sul territorio, che accumulano energia rinnovabile nei momenti di surplus di produzione e la rendono disponibile nei momenti di bassa o nulla produzione.

Rendering di un impianto di biometano elaborato da Alberto Flori

Ci sono altre tecnologie di energia rinnovabile programmabili. Sono i casi dell’energia elettrica da biogas, l’energia geotermoelettrica, l’energia idroelettrica (in particolare quella da bacini in quota), che hanno un andamento di produzione durante l’anno pressoché costante.

Addirittura, per l’idroelettrica, la produzione avviene di giorno, quando ci sono consumi sulla rete e durante la notte, quando non ci sono consumi, le turbine vengono invertite e funzionano da pompe per ricaricare i bacini in quota.

Un’altra tecnologia programmabile e di sicuro interesse per lo sviluppo delle rinnovabili e per i forti risvolti ambientali, è costituita dagli impianti per la produzione di biometano.

In questo caso non si produce energia elettrica ma biocarburante rinnovabile, che viene destinato esclusivamente all’autotrazione.

Il funzionamento delle centrali a biometano è pressoché costante durante l’anno, alla massima potenza, utilizza scarti agroalimentari e FORSU (frazione organica dei rifiuti solidi urbani) e consente di trasformare un problema (i rifiuti) in una risorsa (biometano rinnovabile per autotrazione).

Gli impianti a biometano sono un eccellente esempio di economia circolare con riuso di rifiuti ed emissioni zero. Inoltre, essendo il biometano prodotto destinato per legge esclusivamente all’autotrazione, si ottengono ulteriori vantaggi ambientali in termini di emissioni derivanti dal settore dell’autotrasporto, che rispetto all’autotrazione tradizionale con combustibili fossili, si riduce quasi a zero in termini di anidride carbonica, ossidi di azoto e microparticelle emesse.

Il Governo, a partire dal 2003, con la legge n.387, “istitutiva” delle energie rinnovabili, ha destinato ingenti risorse economiche, sotto forma di incentivi, a tutte queste tecnologie. La prima è stata il fotovoltaico, a seguire tutte le altre. Recentemente, nel 2018, è stato emanato il Decreto che incentiva operativamente il biometano.

Il fotovoltaico è l’esempio tipico di sviluppo delle rinnovabili e della riduzione progressiva degli incentivi, fino all’attuale grid parity.

Il primo conto energia del 2005 prevedeva incentivi pubblici di 0,43 €/Kwh prodotto, ad oggi non sono previsti contributi pubblici, ma l’energia prodotta viene immessa sulla rete nazionale a prezzo base di mercato (grid parity), che varia da 0,04 a 0,06 €/kwh, circa 10 volte meno del valore iniziale.

Questo è stato possibile grazie al drastico calo del costo di produzione dei pannelli fotovoltaici, che da 5.000€/Kw è arrivato ad oggi a 600€/Kw, derivante dalla grande quantità di pannelli prodotti e dalla evoluzione della tecnologia.

Negli anni, fino ad oggi, l’energia elettrica fotovoltaica costituisce una consistente aliquota di tutte le energie rinnovabili prodotte in Italia ed ha contribuito in maniera sostanziale al conseguimento degli obiettivi fissati dall’Europa.

Gli obiettivi per la decarbonizzazione e lo sviluppo delle energie rinnovabili, posti dagli accordi internazionali sul clima e l’ambiente, sono molto ambiziosi, ma non più eludibili se vogliamo riportare sotto controllo il cambiamento climatico ed il consumo di risorse.

Per conseguire tali obiettivi è necessario un drastico cambio di passo. Le risorse e le imprese private disponibili ad investire ci sono.

E’ necessario che la Pubblica amministrazione faccia un cambio di passo, in particolare sotto il profilo autorizzativo, che vuol dire disporre di risorse umane più qualificate negli Uffici Tecnici Comunali e Provinciali, appositamente formati, disporre di Soprintendenze al Paesaggio più flessibili, pur nel massimo rispetto dell’ambiente.

Un eccellente strumento operativo potrebbe essere quello dell’individuazione preliminare, da parte della Pubblica amministrazione, di aree idonee per le energie rinnovabili, da individuare nelle aree agricole di minor pregio, nelle cave e siti produttivi dismessi. Ad oggi quasi sempre si procede da parte del privato per tentativi.

Se la crescita delle rinnovabili, posto dalla UE ed sottoscritto dall’Italia, consente la decarbonizzazione al 2050, con la velocità attuale tale obiettivo sarà conseguito solo nel 2080.

Investire risorse nella formazione dei dipendenti della Pubblica amministrazione e nella semplificazione burocratica sono due strumenti assolutamente indispensabili.

Alberto Flori

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