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martedì, Aprile 16, 2024

Il manager dal Nord che ha ristrutturato IVV

Giorgio Tassoni è persona che sfugge alle indicizzazioni di Google, ma ha solida fama in ambito cooperativo quanto alle capacità amministrative e manageriali. Non c’è da stupirsi in quanto è di Reggio Emilia, una provenienza che gli vale un titolo honoris causa in mutualità e cooperativismo. Milita e lavora nel movimento dagli anni ’70 e arriva in Toscana nel 2003 prima attraverso una collaborazione con l’Associazione Regionale di Produzione e Lavoro, oggi semplicemente CoopLavoro e poi stando a stretto contatto con alcune cooperative della Valdelsa. Dal 2007 al 2012 ha rivestito a San Giovanni Valdarno il ruolo di direttore amministrativo dell’IVV e poi è stato consigliere delegato fino al 2016 con il compito di pianificazione e controllo.

Diversamente da oggi, allora, hai vissuto anche il boom della produzione del vetro e della managerialità a IVV?

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“Purtroppo direi proprio di no. Sono arrivato in una fase aziendale e congiunturale molto delicata in quanto agli inizi del 2000, e fino al 2006, c’è stato un forte impoverimento dell’Azienda che ha portato a formulare piani di ristrutturazione che tra l’altro prevedevamo la mobilità che di fatto era un licenziamento per una trentina di lavoratori. Io sono entrato in IVV all’inizio del 2007 proprio perché questo piano non fu approvato dal loro Consiglio di Amministrazione. E d’altronde devo ricordare che, se dal punto di vista giuridico era possibile lasciare a casa una trentina di dipendenti, questi erano anche soci. Discriminare i soci era un fatto dal punto di vista etico che risultava insopportabile; tra l’altro i pochi non soci erano figure apicali quindi era impossibile farne a meno”.

“Per limitare il costo di risorse umane – continua Tassoni – si è tentato di intervenire soprattutto nel contenimento degli altri costi. Il primo anno è anche andata bene, perché ci furono dei recuperi sul 2006, ma fu seguito da anni disastrosi. Parlo del 2008-2009, anche a fronte di una emergenza mondiale. Fu una crisi finanziaria (cfr la bolla immobiliare in Usa, i mutui subprime etc) che toccò poi l’economia in termini reali fino a portare nel 2011 a quello che sappiano esser stato a livello politico un momento particolarmente drammatico per l’Italia con lo spread oltre 500. E purtroppo per ciò che avvenne molte cooperative di lavoro hanno dovuto letteralmente chiudere. Anche alcune che nel decennio precedente fatturavano centinaia di miliardi”.

Giorgio Tassoni è stato direttore amministrativo e consigliere delegato a IVV

L’IVV invece ha resistito…

“Ne fu capace, certo. E dopo due anni ha avuto dei rimbalzi positivi in particolar modo sfruttando tre fattori. In primis il contenimento dei costi. Questo è un aspetto che ogni azienda applica in momenti difficoltà ma da solo non era sufficiente perché la tipologia di produzione dell’IVV comporta anche che se tu non saturi la capacità produttiva diventa poi difficile trovare l’equilibrio economico. Di conseguenza, il secondo fattore ha comportato il dover fare anche un progetto di alternativa per quanto riguardava la distribuzione. Per la prima volta si è fatto deroga alla storica direttiva di lavorare con il solo retail e ci si è posti l’obbiettivo di affrontare il mercato della grande distribuzione che probabilmente ha rappresentato la soluzione vincente che ha prodotto volumi di fatturato di fronte al contenimento dei costi. Terzo e altrettanto decisivo fattore è stato il fatto che i costi contenuti sono stati conseguenti all’enorme contributo che hanno dato le maestranze in quel periodo sia in termini di riduzione salariale che in termini di capitalizzazione. E’ stata una buona operazione che ha salvaguardato l’IVV per un quinquennio, cioè abbiamo avuto un quinquennio in cui non abbiamo più dilapidato risorse. Ecco questo è il periodo che ho vissuto io”.

Ti ha fatto impressione o ti ha creato problemi essere uno “straniero” in terra toscana nell’applicazione del tuo programma di lavoro?

“Non mi sono mai creato grossi problemi di fronte a quella naturale sensazione di rigetto per chi viene da fuori, soprattutto se intende attuare strategie drastiche. Un po’ anche perché c’ero abituato: erano già tre anni che ero in Toscana e avevo fatto esperienza con altre cooperative, anche nello stesso Valdarno. Ero quindi a conoscenza dell’ambiente. Poi devo dire che ho trovato persone eccezionali che hanno saputo lavorare, partecipare, collaborare e dare grossi contributi a questo progetto di conversione della posizione economica dell’Azienda che poteva sembrare all’inizio un’insopportabile incognita”.

Quali persone sente la necessità di ricordare fra tutte quelle eccezionali?

“Innanzitutto, al di là delle difficoltà del primo momento, vorrei parlare del rapporto eccezionale con il presidente Massimo Pellegrini che ricordo ancora con tanto piacere. Con lui, tante, tantissime discussioni. Forse non siamo mai partiti dallo stesso punto di vista ma siamo sempre arrivati a una posizione condivisa, soluzione che poi abbiamo applicato nel corso dei vari periodi di lavoro di azienda. E poi questa direzione, l’attuale… Io li chiamo sempre i ragazzi, perché sono di un’altra generazione, che si sono guadagnato il diritto di essere ancora qui con la loro energia e il loro coraggio. Parlo di Simone Carresi che poi è diventato presidente, di Antonio Serio, di Conforti, Casalini, Filippo Righi e, scusatemi, se ho omesso qualcuno. Ai membri di questa direzione voglio, anzi devo, dire che ho visto e conosciuto la storia precedente dell’IVV, soprattutto quella tra il 2003 e il 2007… Una storia in cui non c’è stata continuità, in cui c’è stato un ribaltamento continuo di gestioni manageriali apicali e quant’altro. Questo gruppo, invece, si è cementato a tal punto da esser ancora qui a reggere con merito sorti cooperativa. Bravi”.

Che considerazioni fece a suo tempo e può fare sull’IVV e i mercati?

“Ci porta a un ragionamento più largo. La prima cosa da fare era l’analisi di questa cooperativa che non è né artigianale né industriale. Ha sicuramente dei celebrati e apprezzati contenuti artistici ma purtroppo ha dovuto darsi, stante le sue dimensioni, anche contenuti economici con obbiettivi di fatturato e di volumi di produzione. Le due cose insieme comportano che ci sia una minaccia concorrenziale continua tanto per un aspetto che l’altro, perché per la loro nicchia di mercato può proporsi tanto il piccolo artigiano che è in grado nei pochi pezzi che produce di imporre dei prezzi e soprattutto la qualità artistica così come resta onnipresente la minaccia da parte della concorrenza, soprattutto orientale, che è quella del basso costo. Le soluzioni che oggi vedo non mi provocano euforia: il mestiere del vetraio rischia di essere in futuro una figura in Italia che sarà assimilata ad altre come il falegname o il fabbro, cioè rimarranno effettivamente pochi artisti e ancor meno industriali. Credo, purtroppo, che il destino futuro sia questo, anche alla luce di situazioni che conosciamo ingestibili come quella del caro-energia e dei costi generali del Sistema-Paese nel Mondo Occidentale che gravano sul lavoro e che avvantaggiano la concorrenza asiatica”.

Quando passa in autostrada, che fa? Rallenta e butta un occhio verso l’IVV?

“Ricordo sempre con piacere l’IVV, e con piacere sono venuto a oggi a trovare persone che sento amiche, che stimo e che stanno lavorando a questo settantesimo che vuole annunciarsi di rilancio. Non ho avuto grosse occasioni nei cinque anni precedenti, ma devo dire che anche questa è casa mia”.

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