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giovedì, Marzo 28, 2024

Questa Lega dei commissari non mi piace proprio

Riccardo Galligani è un uomo integro. Intorno alla sua fede leghista ha radunato da tempo una comunità crescente di militanti, specialmente in Valdelsa. Sottolinea in una sua recente nota il fatto di essere “ex segretario” del partito nella sua Valdelsa, ruolo da lui lasciato al termine dello scorso anno, dopo una tornata elettorale per la Regione Toscana che l’ha visto escluso da coloro che hanno raggiunto il Palazzo del Pegaso. Un passo indietro al termine di una contesa elettorale in cui ha raggiunto un bottino di preferenze molto invidiabile per i parametri della Lega ma che gli ha lasciato dubbi su come il Centrodestra abbia voluto sostenerlo e come, a suo parere stoltamente, i vertici del suo Partito non abbiano voluto credere nel concetto di “voto utile”.

L’attesa di una sua presa di posizione è durata un anno. Rompe il silenzio facendo un commento politico sul voto delle Elezioni Suppletive in cui senza mezzi termini rinfaccia le loro presunte responsabilità ai commissari del partito e a un’abitudine, mutuata dal passato, delle stesse figure di prendere decisioni senza coinvolgere la base.

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Chiaramente fermatosi convintamente alla fase movimentista dell’epopea Lega, in pratica ipotizza sconfitte senza pause per un partito che sciupa tutto ancor prima di iniziare.

Riccardo ciao, è molto che attendevamo la tua reazione, ma non è una cattiveria buttare molto sulle spalle di un candidato pulito come Tommaso Marrocchesi Marzi che doveva affrontare un leader nazionale come Enrico Letta?

“Guarda, so che è un imprenditore di successo e non un politico di professione. Posso al massimo concedergli che sia stato mal consigliato. Mi risulta tuttavia difficile, ad esempio, comprendere la presenza di Marrocchesi alla presentazione del libro di Renzi o il suo voler rimarcare pubblicamente di non essere “sovranista”, quando era fin troppo elementare comprendere che la maggior parte dei voti che avrebbe raccolto sarebbero stati quelli degli elettori di Lega e FDI, i quali hanno fatto di questi temi dei loro cavalli di battaglia per un lungo periodo. Difficile scaldare i cuori degli elettori di destra con queste prese di posizione”.

Tu, e la tua cerchia più stretta, non siete andati alle urne perché non facenti parte del Collegio per cui si votava. Ma lo stesso senti di voler esprimere un pensiero politico su quanto è avvenuto… Ce lo argomenti?

“Quasi un anno fa ho legato con tutto il territorio provinciale chiedendo di rappresentarlo e mi sento in dovere di esprimere a nome di tutti un concetto che deve essere esplicitato. I nostri elettori hanno dato un segnale forte ai commissari del partito e non poteva essere altrimenti. In larga parte hanno deciso di non andare a votare, mettendo in evidenza la disaffezione a metodi dispotici di gestione del partito e alla scelta del candidato, alla prova dei fatti poco in linea con quello che è stato per anni il messaggio politico della Lega e che aveva portato il nostro partito a raggiungere percentuali storiche del 35% su un territorio difficile come quello senese. Mi sembra evidente che, in tutta Italia, i candidati definiti “moderati” o “giorgettiani” non abbiano raccolto molto consenso. Per cui, ci sarebbe da chiedersi se tali profili siano in linea con il sentimento del nostro corpo elettorale”.

Riccardo Galligani e Matteo Salvini

Da quel che dici, ti sentiamo ancora un sostenitore del “Capitano” che tuttavia ha anch’egli abbondato nelle gestioni commissariali che, a onor del vero, all’elettore mediamente interessato non sono così comprensibili. Forse è un mio errore, ma si commissaria chi ha rubato, chi è stato colluso, chi è stato incapace e non un movimento, fresco, di gente che ha una convinzione e che mai, almeno su questo territorio, ha gestito la Cosa Pubblica…

“Beh, in effetti, c’è anche il caso di raccogliere per un breve tempo i poteri su una persona quando il movimento è giovane e non c’è stato il tempo di dargli tutte le cariche e la logistica necessarie. Negli ultimi anni, comunque, le gestioni commissariali del partito a Siena e Provincia sono però state affidate a persone che, attraverso la loro azione, hanno impedito la partecipazione attiva dei militanti e degli iscritti alla determinazione delle politiche per il territorio e alla relativa scelta dei candidati locali, trovandosi spesso con persone sconosciute calate dall’alto all’ultimo minuto, cosa che ha determinato a partire dagli scarsi risultati delle elezioni amministrative del 2019, ad un progressivo allontanamento dei militanti, cosa quest’ultima valutata spesso dai commissari più come utile ad evitare qualsiasi confronto interno, anziché una preoccupazione per la crescita del partito”.

E quindi dici che nel “non voto” odierno c’è la risposta a un modo di far politica strisciante in precedenza…

“Certo. Alla luce di tutto questo, tra i nostri iscritti e simpatizzanti c’è stato addirittura chi – lo dico per certo e non sono pochi – ha voluto dare un segnale forte a chi ha gestito il partito, scegliendo di non votare o votare per candidati alternativi. Il risultato è stato chiaro, l’ennesima sconfitta, cosa che dovrebbe portare il commissario provinciale e le altre dirigenze locali a fare un passo indietro e a ripensare la propria posizione politica, probabilmente fin troppo moderata ed annacquata. Capisco che a chi gestisce un partito pur non avendo un radicamento e un consenso personale, questo risultato alla fine possa andare anche bene. Probabilmente penserà che, fintanto non cresce nessuno sul territorio, potrà continuare a fregiarsi del titolo ottenuto e guardarsi allo specchio le (poche) mostrine appuntate sul petto”.

E quindi qual è il tuo commento e la tua proposta conclusivi?

“È evidente che questi risultati – ancorché frutto della desistenza – non possono far piacere né agli elettori, iscritti o simpatizzanti che siano, i quali accordano il proprio voto per essere rappresentati, né a chi, come il Segretario Salvini, con i voti dei territori si gioca la leadership nazionale del centrodestra. Per non continuare ad andare incontro a medaglie d’argento che in politica non esistono e che nessuno vorrebbe, sarebbe indispensabile un deciso cambio di metodo, che parta dal più ampio coinvolgimento possibile della propria base elettorale alle decisioni politiche e alla scelta dei candidati, il quale determini una riorganizzazione del partito sull’intero territorio regionale, dove i risultati, salvo rare e annunciate eccezioni come Grosseto, sono stati poco lusinghieri, nonché ad un ritorno ad una linea politica coerente e incisiva a livello nazionale e locale”.

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