Sanità accreditata è marginalizzata in questa Regione

Con Alessandro Callai, Amministratore Delegato di Rugani Hospital, partiamo da una frase di recente pronunciata dal professor Eugenio Neri, docente di UniSi e responsabile di una U.O. di alta specializzazione alle Scotte: c’è un gran malessere, c’è una fuga dall’ospedale, o verso il privato o verso la pensione.

“Mah, direi che la pensione è un traguardo fisiologico – ci dice Callai -. Se decorosa, oggi che non è affatto regalata né anticipata, rappresenta un approdo meritato e sicuro. Ce ne sono, certo, di medici che scelgono il settore Privato, probabilmente gli stessi che nel Pubblico facevano la libera professione, ma non sono così tanti. Vedete, un conto era un tempo quando a sessant’anni un medico aveva ancora molto da dare: se andava in pensione avviava anche la libera professione, ma ora che, il pensionamento è quasi sulla soglia dei settant’anni, quella è un’età in cui non si reggono più gli stress e i ritmi di un impiego come quello nel campo sanitario”.

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il Rugani Hospital

Callai che gestisce sulla Chiantigiana una struttura di 105 dipendenti aggiunge poi che la fuga nel Privato non è testimoniabile da parte sua. Anzi. “In questi anni di Covid, molti dipendenti paramedici sono passati al Pubblico. Segno questo che una certa attrattiva la esercita ancora. Mi dicono che il Pubblico offre più garanzie di solidità – non maggiori guadagni in quanto i contratti di lavoro sono equiparati -, cosa che, dopo trent’anni di stipendi pagati alla scadenza, tenderei a eccepire. Credo che la differenza sia una sola: i ritmi della sanità pubblica sono meno impegnativi e complessi di quelli della sanità privata e forse nel pubblico esistono aree protette che nel privato sono molto ristrette”.

Parliamo di malessere in campo medico. Se ne parla tanto in ospedale… c’è anche da voi?

“Esprimo solo una considerazione che è avvertita alla Rugani come altrove. Il malessere nella sanità privata accreditata toscana – cioè quella convenzionata che fa ricovero e diagnostica ospedaliera – è rappresentato dal fatto che, svariati anni di scelte politiche univoche, ci abbiano posto in una condizione di assoluta marginalità. La nuova amministrazione regionale – in carica da fine 2020 – non ci dà per ora segni di voler invertire la tendenza e riconoscere al settore privato funzioni diverse da quelle marginali che abbiamo. L’unica differenza è che mentre prima lavoravamo grandemente per l’extra-regione, oggi forniamo più prestazioni a utenti toscani in forza di una ricollocazione delle risorse operata dalla Regione. Ritengo che un riequilibrio di funzioni, anche minimo, gioverebbe al Pubblico: ci sono una serie di attività, massive ed elettive, che pur se importanti non risultano urgenti e costano moltissimo se effettuate dalla struttura pubblica. Assegnarcele, darebbe grossi benefici al Pubblico che potrebbe concentrarsi sull’alta specializzazione e l’emergenza. E avrebbe anche benefici di risparmio economico grazie a una contrattazione che diventa possibile posto che la Regione sia disponibile a parlare anche di volumi significativi, perché è da essi che si possono effettuare economie di scala a beneficio dell’intero sistema”.

Alessandro Callai

Chiara la riflessione, un’azienda privata deve dar conto ogni anno del suo conto economico agli azionisti. Tutto questo viene gestito tramite i così detti “Drg”…

“Sì, è un sistema di valorizzazione delle prestazioni ormai in vigore dal 1995, ma che sta segnando il tempo. In primo luogo l’ultima revisione dei Drg (https://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=4294&area=ricoveriOspedalieri&menu=vuoto) è abbastanza datata: risale al 2016, ma non credo sia la sede per parlarne. In secondo luogo, in via generale, possono avvenire fenomeni opportunistici che portano un’azienda privata a preferire il ricovero di alcuni pazienti perché più remunerativo a scapito di altri. Mia opinione è che si debba passare a un riconoscimento di funzione delle strutture accreditate, perché comunque le cliniche convenzionate contribuiscono a gestire il problema della salute sul territorio e i bisogni della gente vanno coperti e tenuti in priorità”.

Ma è sempre vero che i costi un letto di sanità accreditata sono inferiori di diversi multipli rispetto a quelli della Sanità pubblica?

“E’ una distinzione che non mi appassiona. Forse anche strumentale. Il calcolo di un costo-letto è quello della struttura diviso per le capienze. Ma rispetto a un ospedale di alta specializzazione noi non abbiamo da cumulare i costi di reparti di terapia intensiva strutturata o di centri trapianti. Se si parla di costi, invece, porrei l’accento sul fatto che l’eccessiva burocratizzazione ci sta drenando molte energie. Facciamo l’esempio della legge sulla privacy, condita da svariate sanzioni se inapplicata… Ebbene questa legge ci impone un numero di adempimenti inusitato e non si tiene in minima considerazione il fatto che la riservatezza sia da secoli parte della deontologia degli operatori sanitari. Ma ci vogliamo rendere conto che oggi gli impiegati amministrativi di una struttura sanitaria sono forse più di quelli di una banca! E noi non abbiamo come funzione primaria quella di contare i soldi, ma quella di occuparci di persone che hanno problemi seri di salute”.

Ma chi di dovere conosce queste esigenze della sanità e sta provvedendo?

“Chi di dovere è la Regione, in questo momento storico. Certo che conosce queste difficoltà, ma ha tardato a darsi organismi decisionali. Si sente parlare di importanti Stati generali della sanità, di concertazione, di altre cose rilevanti, tuttavia la realtà è che si tarda a mettere in moto i meccanismi. Siamo passati dal decisionismo del governatore Rossi a una cautela massima che al momento determina l’incancrenirsi dei problemi. E proprio qui, se si va investigare un po’, potrebbe esserci la ragione di quel malessere nel settore Pubblico di cui parlava Neri e sul quale mi ha interpellato”.

Cosa pensa di Simone Bezzini, l’assessore regionale alla sanità, espressione del nostro territorio che venerdì prossimo 25 marzo ha accettato l’invito della nostra testata SienaPost a dibattere pubblicamente di “sanità senese presente e futura” con i giornalisti Pino Di Blasio e Cristiana Mastacchi all’Hotel Four Points Sheraton a partire dalle 17:15?

“Un giudizio… Non sono qui a esprimere un endorsment a Bezzini, tuttavia ritengo che per la carriera politica fin qui svolta si è mostrato di specchiata onestà. Inoltre è persona cui non difetta l’esperienza, avendo praticamente sempre ricoperto incarichi apicali nelle istituzioni. La parte iniziale del suo mandato l’ha esposto ad affrontare un periodo di difficoltà straordinaria, eccezionale e quanto mai complicato. Direi che al momento il giudizio sul suo operato è impossibile, inesprimibile. Percepisco nella sua azione la volontà a migliorare la situazione sanitaria che comunque – e la gente non se ne rende conto – è già molto elevata rispetto ad altre latitudini e a diverse governance”.

E’ vero che nel privato si opera con mezzi molto inferiori al pubblico, ma c’è più libertà?

“Direi proprio di no, chiaramente il privato è organizzato per svolgere le funzioni che gli vengono assegnate dalla programmazione regionale e pertanto si attrezza al meglio con tutte le tecnologie necessarie per erogare le prestazioni richieste. Per la seconda, la libertà, non saprei che dire. Noi siamo pienamente inseriti nel programma di attività regionale e facciamo ciò che ci viene richiesto, né più né meno, tra l’altro con tutti gli standard di qualità previsti che non sono mai opzionali. L’unica discrezionalità si verifica in caso di attività puramente private non coperte dal SSR. Le attività convenzionate sono finanziate con i soldi dei contribuenti e ad essi dobbiamo responsabilità e trasparenza”.

Alessandro Callai il giorno dell’inaugurazione della nuova veste “Rugani Hospital”

Tornando al “malessere del privato”: sente che il suo comparto potrebbe candidarsi a ruoli diversamente utili e che questo non vi venga concesso?

“Mah, credo che il know how del privato e la sua managerialità potrebbero essere presi in considerazione dalla Regione per la gestione di una o più delle molte vicende di ospedali di provincia in fase di dismissione prima che la fatiscenza determini situazioni di non ritorno. In ogni territorio in cui si discute di questi problemi una costante è lo scontro della Regione con collettività che hanno motivo di temere scelte di disimpegno e di prospettarsi minori servizi in futuro. Sono convinto che la nostra esperienza e il nostro approccio più snello all’operatività potrebbe dare risultati soddisfacenti… Posto che si tratti di iniziative a gestione congiunta pubblico-privato”.

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