Post del 27 settembre
Per una volta gli ultimi sondaggi hanno trovato conferma nelle urne. Dopo alcuni decenni la Spd torna a essere il primo partito tedesco. Il crollo della Cdu esce certificato dal voto e la presunta bilancia in equilibrio non vi è stata. Le percentuali di Verdi e Liberali obbligano a un governo di coalizione e da oggi si avvierà una trattativa che forse non sarà breve e di certo non sarà semplice, ma le condizioni per una maggioranza “semaforo” (verde rosso giallo) paiono esserci con la Cdu all’opposizione. Era una giornata fondamentale quella di ieri anche per capire se la svolta europea avrebbe trovato una conferma in un governo convinto di non dover tornare al vecchio schema rigore e nessuna concessione a un investimento comune sulla crescita e il contrasto alle disuguaglianze. Tra meno di un anno si voterà in Francia. Tra meno di due qui da noi. Ma questa domenica di fine settembre dice che dagli anni peggiori della nostra storia recente si può uscire imboccando il sentiero della sinistra e del progressismo, nei principi e nella politica. Non era scontato, tutt’altro. Adesso rimbocchiamoci le maniche per l’ultima settimana della nostra campagna elettorale. Perché si può vincere anche qui.Buona settimana e un abbraccioPS. Di seguito il regalo di David Riondino ieri a Montepulciano.
Su Radio Radicale (il sito) trovate la registrazione audio-video di tutta la bellissima iniziativa.
*“Ai tempi dei guelfi e ghibellini C’era subbuglio in tutta la Toscana: Eran molto nervosi i contadini Ed i lupi lasciavano la tana: C’era grande abbondanza di Caini, Di seduttori e di voltagabbana:E in una notte con la luna piena Un cavaliere si accostava a Siena.
Odorava di rosa e di verbena E cavalcava in maniera perfetta: Fermi i calcagni e diritta la schiena Oscillava in arcione senza fretta.Prima che mi si esaurisca la vena Dirò chi fosse, e fosse Enrico Letta: L’accompagnava un vigile scudiero E un tipo torvo col cappuccio nero.
Si fermò presso i muri di un maniero In rovina. “Speriamo che non caschi” Disse tra se, formulando il pensiero che quel rudere fu Monte dei Paschi, Dove un dì, giovanissimo guerriero, Volteggiò tra le sete ed i damaschi: Era tutto un frullar di caramelle,Di paggi lieti e di fanciulle belle.
E sospirando contemplò le stelle, E disse: “passeremo qui la notte. Eccosi a Siena, fertile e ribelle, a raggiustare le pentole rotte. Scudiero, dimmi l’ultime novelle Sulle tenzoni e sulle bancarotte: Voglio sapere come vanno i venti, Dove soffiano i fiati e le correnti.”
E lo scudiero scosse i finimenti E smontò da cavallo. Indi, seduti Al fuoco, estrasse certi documenti E cominciò. “Messere, Dio ci aiuti. Perdettero il comune, i maggiorenti Divisi, reticenti, e prevenuti:E per la stessa tigna, e per dispregio Si potrebbe anche perdere il collegio.
Questa città, che è stata vanto e pregio Della Toscana, dove il buongoverno È dipinto in affresco, privilegio Di Simone Martini, questo eterno Silenzioso paesaggio, florilegio D’ocra e di azzurri che aspetta l’inverno Come s i aspetta quel che non si sa…”“Gianni – gli disse Enrico – abbi pietà,
Fammela corta. Ci se la farà?”“Probabilmente” disse Gianni attento.Qui la radice è solida, ma già Si percepisce un disorientamento. Ci son domande sull’identità, Oltre le contingenze del momento.Per non dire che l’aria è molto strana Ormai da tempo in tutta la Toscana.
Pisa è caduta, Dall’Arno alla Chiana Ondeggiano. Difetta l’energia,La somma di soggetti è una lontana Ombra di quel che fu l’egemonia.E poi questo governo all’italiana,Tutti insieme in allegra compagnia Intorpidisce quelle effervescenze valorizzate dalle divergenze.
La carta verde turba le coscienze:L’Italia è ricca di intelletti vivi. Non passa il gioco delle differenze Radicali tra i buoni ed i cattivi. Son conformisti, a Siena ed a Firenze,Ma sotto sotto restan sovversivi:Sovversivi di che, non si capisce, Ma sguscian sempre via come le bisce.
Oltretutto, la cosa che avvilisce È che pare perduta fantasia, Quella virtù che ti ringiovanisce, Chiamala sogno, chiamala utopia: E senza sogni la gente patisce, Manca la gioia e manca l’allegria: Anche baciarsi ridere e cantare A farlo sembra ormai di lavorare
Ma senza l’utopia non puoi trattare Le cose gravi: se non dai speranza Ai disgraziati che passano il mare,Se non combatti la disuguaglianza, E la violenza che vedi affiorare In questo ribollire di ignoranza:Non si ferma la fuga dei cervelli Distribuendo seggiole e sgabelli.
E non basta cantare ritornelli Sui pregi di cristiani e musulmani Sperando che il mercato li affratelli:Bisogna dir dei turchi, degli afghani,E dire chi è con questi e chi con quelli E dei cinesi e degli americani:Dire una verità che sembri vera E finalmente alzare una bandiera:
La vita corre molto più leggera Quando combatti, tutto si ravviva, Anche se perdi una ragione c’era Ed era una ragione che serviva.”Qui Gianni tacque. Ma Enrico dov’era?Enrico era nell’erba che dormiva E che dormiva assai profondamente,Sognando chissà cosa, sorridente.
Sognava di volare verso oriente Dai turchi, e dire al turco: “signor mio, Le sembra bello bastonar la gente Pontificando che l’ha detto Iddio?”E il turco dice: “guarda, francamente Da un po’ di tempo ci pensavo anch’io: Grazie che me l’hai detto, caro Enrico,Domani smetto, e gli divento amico.
”Poi volava dai russi, e in russo antico Parlava a Vladimiro: “Vladimiro,Parla con l’ucraino e fallo amico, Si dicon delle brutte cose in giro”E Vladimiro: “sai cosa ti dico?È giusto, quanto è vero che respiro.”Telefona al gerarca e sul momento fanno la pace e brindano nel vento.“Bravi!” Gli disse Enrico. “Son contento!”E galoppò sui monti pakistani Dove disse al mullah: “barba d’argento,Son vostri questi tipi talebani?”“Si!” disse quello. “Allora stammi attento:Tu gli dovresti dire a quei cristianiChe tutta questa rabbia non ha senso.”“Ah si?” Fa quello. “Aspetta che ci penso”.
“Pensaci!” “Ci ho pensato! E son propenso A dirti che hai ragione. Qua la mano!”E l’abbraccio con quell’abbraccio intenso Definito l’abbraccio pakistano.“Arrivederci!” E profumò d’incenso Enrico, che volava più lontano:E volò verso il sole che declina Passa due mari e risbucava in Cina.
Gli venne incontro con gran disciplina Un signore distinto su un trattore, Con un berretto ed una bandierina E lui disse: “compagno imperatore,Salviamo l’Occidente che declina,Mettetevi una mano sopra il cuore:E risolvete con l’americano Formosa, Honkong e Ciccio il coreano”
Ed il cinese disse: “ma che strano,Non ci avevo pensato: ci hai ragione!Come dice il proverbio confuciano, Ne parlerò domani a colazione.”Enrico salutò quel Tamerlano E trasvolando con il suo stallone Volò su Montespertoli volando, Dove la gente lo stava aspettando.
Planò sul palco e disse: “fino a quando,Popolo rosso, dovremo aspettare Che tutta l’uva vada maturando Quando è il momento già di vendemmiare?Non li sentite i grappoli cantando La sovrumana voglia di brindare?Ubriachiamoci dunque: di bellezza,Di riflessione, di spensieratezza,
Di desideri impuri e limpidezza,Di silenziosa verità segreta, Di qualche cosa degno dell’altezza Della nostra robusta anima inquieta, Ma ubriacatevi, datevi all’ebbrezza,Come ci disse un giorno quel poeta:E questo antico spirito latino Rinnovo a Montespertoli nel vino.
”E quando alzò quel calice divino Volò uno stormo di colombe bianche:E nel sogno salì da un tavolino Una fanciulla bordeggiando l’anche, Che lentamente gli venne vicino E poi aprendo le sue braccia bianche Rimase ferma: e dopo con pudore La bianca mano gli posò sul cuore
Come cercando con segreto ardore Qualcosa, e lui cercò movendo piano Il braccio quella mano, e con stupore Si risvegliò stringendo un’altra mano,Che frugava la giacca: con orrore Strinse la mano di quel tipo strano Con il cappuccio, e dirvelo non voglio Ma gli stava cercando il portafoglio:
E borbogliava, colto nell’imbroglio,Che certamente non aveva intesoChe lui stava cercando del trifoglio Che aveva visto un grillo e l’avea preso Che insomma non avesse troppo orgoglio Gli mollasse la mano era un frainteso Che non era lì certo per rubare,Che al contrario era pronto ad aiutare
E se ve lo dovessi raccontare Dirò che era costui l’astuto Gano, Che a Magonza non volle ritornare E stava dalle parti di Rignano: Ma su questo non voglio seguitare,Perché ci porterebbe più lontano: Votiamo quindi Letta a briglia sciolta,Di Gano parleremo un’altra volta.”